Xiao Li è nato nel 1955. Xi Jinping è nato nel 1953. Xi è il presidente della Repubblica popolare, nonché segretario del partito comunista, comandante in capo delle forze armate, «nucleo» della nomenklatura cinese. Xiao Li è il protagonista della storia raccontata da Li Kunwu e dal francese Philippe Ôtié in Una vita cinese (Add editore, traduzione di Giovanni Zucca, euro 19,50) graphic novel che racconta le vicende del paese a cominciare dagli anni Cinquanta fino ad arrivare al 1976 e più precisamente fino al giorno dell’annuncio della morte di Mao Zedong. Un evento che può essere paragonato all’omicidio di Kennedy o all’11 settembre per gli americani o al rapimento di Aldo Moro per gli italiani: tutti ricordano la propria posizione geografica nel momento in cui avvenne quel fatto storico. Che poi l’età del protagonista (e dell’autore cinese) corrisponda – in pratica – con quella di chi costituisce l’attuale classe dirigente cinese non è un caso: per chi non la conoscesse ancora, Li e Ôtié offrono una panoramica della «formazione» sociale, culturale e politica degli attuali capi della Cina.
La quinta generazione di leader, a partire dalla prima capitanata da Mao Zedong, è nata negli anni Cinquanta, cresciuta e maturata politicamente negli anni Settanta salvo trovarsi poi, in poco tempo, in un paese del tutto nuovo e diverso. Primo di una trilogia che dovrebbe arrivare ai giorni nostri, il libro tenta una pericolosa operazione: ripercorrere quella parte recente di storia cinese che è già stata indagata da grandi autori della cosiddetta «letteratura delle ferite», senza poter essere accusato di essere eccessivamente «politico» – in un senso o nell’altro – nell’intenzionalità (critica o agiografica). Purtroppo questo tentativo, se non toglie nulla al tratto di Li e alla sue emozionanti tavole, rende la sceneggiatura un poco prevedibile.
Mao, con la sua incombente presenza, viene raccontato per lo più attraverso una lettura fuori dalla righe, attraverso l’utilizzo delle sue manifestazioni più violente, anche dal punto di vista degli slogan. Esempi sono costituiti dalle citazione delle parole del presidente Mao, utilizzate qua e là nel volume: «Ogni giorno che passa noi progrediamo, ogni giorno che passa i nostri nemici imputridiscono». O ancora la battaglia «contro i quattro flagelli» o le poesie, poco prima della morte, in cui si parla di «peti» e liberazione «della pancia».
Quello che restituisce Una vita cinese è l’incredibile «passo» della storia della Cina degli ultimi sessant’anni. Per chi visita il paese oggi, il contrasto tra l’odierno e quanto accadeva in Cina solo venti o trent’anni fa, è clamoroso. È sicuramente la prima cosa che colpisce il visitatore. Li e Ôtié raccontano quelle concitate fasi post rivoluzionarie, dal «Grande Balzo in avanti» alla «Rivoluzione culturale», eventi che oggi sono considerati come «deviazioni» dallo scopo principale della costruzione del socialismo in Cina. I due autori quindi affondano dove di fatto è consentito, con una lettura autobiografica che restituisce il dramma umano degli sconquassi storici della Cina contemporanea.
[Pubblicato su il manifesto]