Zhou Yunpeng: un libero cercare

In by Simone

Zhou Yunpeng non ha un pubblico di massa, si può assistere alle sue esibizioni in piccoli pub e teatri senza dovere affrontare grandi affollamenti. Ma il suo nome ritorna spesso nei forum sulla rete cinese e in qualche occasione è arrivato anche alla stampa nazionale. Ai concerti le persone cantano i suoi pezzi, i versi di un quarantenne poeta e cantautore cieco, evocatore di romantici racconti all’insegna di un girovagare e di un’ebbrezza per anni toccati con mano. Osservatore tanto più ironico quanto pungente della società cinese.

La gente applaude e ride. Richiede persino canzoni, cosa che non accade spesso in un ambiente che a momenti può apparire freddamente distaccato dall’artista che si esibisce sul palco. Lo fa perché Zhou Yunpeng non è di quegli intellettuali impegnati lontani anni luce dalla gente comune: lui ne è parte e canta in mezzo alle persone; ne racconta i problemi con quell’ironica leggerezza che evidenzia drammaticità. Aggiunge una capacità artistica a completare le sue liriche. Canta la società con una voce piena e calda, che a volte sa farsi dissonante e altre insegue le note della sua chitarra fondendosi con esse in un’unica melodia.

È questo il mínyáo (民摇), il folk cinese, una scena musicale cresciuta incredibilmente nell’ultimo decennio, tanto qualitativamente quanto numericamente. La base è quella di una strumentazione e di un cantato tradizionali; o una semplice chitarra acustica che divene condizione per raccontare storie di persone come tante:

Il senso del mínyáo è nell’essere della gente, l’essere musica delle persone comuni e della loro vita,” ha sintetizzato Zhou Yunpeng dopo una delle sue esibizioni all’interno del festival dove lo abbiamo incontrato. Un’attitudine che prescinde da importanti considerazioni di mercato, una musica che prende forma fuori dagli studi delle case discografiche, spesso registrata in proprio e suonata in locali davanti a poche decine di persone: “Non abbiamo bisogno dell’attenzione di molti media, ma solo di esibirci dal vivo e appoggiarci alla rete per trasmettere e diffondere la nostra musica. Penso che il risultato rispetto al lavoro di un’etichetta specializzata possa essere anche superiore.

Il mínyáo è un respiro che proviene dal passato, uno spirito millenario da dissotterrare. Perché riprendendo l’anima di un popolo attraverso immagini letterarie e leggende antiche è più facile essere recepiti dalla gente, è come parlare un linguaggio comune. Contro l’omologazione della modernità: “Se in tutto il mondo esistesse una sola lingua, gli stessi versi da cantare, la stessa estetica… sarebbe veramente spaventoso. C’è bisogno per questo che ogni persona inizi a fare dell’arte partendo dal proprio ambiente, dalle persone che si ha accanto, cominciare a fare arte dal suolo  che ti circonda.”

Una delle sue canzoni più famose, “Il cinema dei ciechi”, è la storia di Zhou Yunpeng stesso, quella di un bambino di nove anni che perde la vista e si rifugia nel cinema per ciechi, dove la conoscenza non è visione delle immagini, ma l’ascolto di voci e suoni. Come nella vita di Zhou Yunpeng il protagonista de “Il cinema dei ciechi“, parte solitario per dei viaggi attraverso la Cina, insegue ricerche senza risposte, ascolta e respira l’amore e l’odio senza poter vedere. Mínyáo è anche e questo: raccontare una storia, poco importa se vissuta o immaginata, che quando viene cantata diviene creazione artistica e sa staccarsi dal personale:

Il cinema dei ciechi” è stata ispirata dallo scrittore argentino Borges, anch’egli divenuto cieco. Lui ha raccontato storie di fantasia. Anche questa canzone, “Il cinema dei ciechi”, in realtà solo da un lato è la mia storia e quella della mia vita; dall’altro lato vuole evidenziare un tipo di incapacità, da parte degli uomini, a comprendere; l’impossibilità di conoscere… di capire veramente la vita. La possibilità di coglierne solo un aspetto come nel cinema per ciechi dove non puoi vedere le immagini ma puoi ascoltare le voci per capire un film. Ma questa comprensione in realtà non potrà mai essere corretta, o meglio, completa. D’altronde anche i fraintendimenti della realtà sono una cosa positiva. Voglio dire che tutte le forme di comprensione sono estremamente interessanti. Quello che voglio esprimere è un qualcosa di simbolico: ogni persona può anche capire la vita nella maniera piu sbagliata, ma può far leva su se stesso, sulla sua visualizzazione per dare un senso alle cose.

Ad ogni concerto “Comprare casa” e “Bambino cinese”sono i due titoli più invocati dal pubblico. Il primo pezzo rievoca ironicamente il suicidio economico di molte famiglie cinesi, disposte a rinunciare a tutto pur di avere una casa, il che oggi in Cina corrisponde ad una affermazione sociale senza eguali per la gente comune, una questione di reputazione. La seconda canzone è ancora più coraggiosa; si tratta di un pezzo di pura denuncia, che rievoca una ad una le sfortune di bambini nati in diversi punti della Cina e colpiti da disgrazie per incuria politica e del potere. Fino all’esplosione finale in cui l’autore canta:

“Non voglio essere un bambino cinese, madri e padri sono entrambi dei codardi
che per dimostrare la loro risolutezza, di fronte alla morte danno priorità ai loro leader.”

Il riferimento è ad un fatto di cronaca avvenuto in Xinjiang nel 1994, quando scoppiò un incendio in un teatro dove alcuni leader politici stavano assistendo ad uno spettacolo con i giovani del posto. In quell’occasione ai dirigenti fu data la precedenza per uscire in salvo mentre nella sala bruciarono quasi trecento ragazzi.

Zhou Yunpeng non ama essere ricordato per queste canzoni,
che sono racconti di denuncia, problemi reali. Preferirebbe non dovere scrivere né cantare certi pezzi. Durante una sua esibizione ha ripreso una celebre melodia di Micheal Jackson sostituendo le parole con un testo molto toccante, ancora una volta di denuncia, “La cenere di Wenchuan” in memoria delle vittime colpite da uno dei più grandi disastri della storia recente della Cina (Wenchuan è l’epicentro del devastante teremoto che ha colpito la provincia cinese del Sichuan nel 2008, n.d.r.). Quando gli chiedo se ritiene possibile che un disastro naturale di quella portata possa aver contribuito allo sviluppo di una coscienza sociale tra la gente comune, replica con una risposta stizzita e sostiene di non potere accettare che l’avanzamento sociale debba nutrirsi della morte e della sofferenza delle persone. Dice di amare l’atmosfera che si respira nei festival musicali, come quello in cui ci troviamo a parlare:
“La Cina oggi ha bisogno di festival come quello di oggi perché i giovani possano ritrovarsi in un luogo di festa, tutti insieme ad ascoltare la musica felici. I cinesi hanno bisogno di essere felici, hanno bisogno di una qualsiasi felicità, hanno bisogno di esprimere felicità. Il terremoto… È stata detta una frase, non so se la conosci: «Dopo Auschwitz gli uomini non potranno più scrivere liriche». Poiché ad Auschwitz furono uccise così tante persone, morirono tante persone, in seguito non sarebbe stato possibile scrivere altre poesie e canzoni… ma in realtà l’uomo deve continuare a vivere. Anche per le canzoni è così. Da un lato non puoi dimenticarti di questi disastri, da un altro devi continuare a cantare la felicità della vita o almeno a continuare a vivere. Ma non puoi dimenticare, voglio solo dire di non dimenticare.”

Problemi sociali, denuncia delle ingiustizie dei potenti e cantore della gente comune. Eppure Zhou Yunpeng sembra non aspirare a quello che in altri tempi sarebbe stato definito il ruolo del cantante di protesta, o almeno non solo. Apprezza Calvino perché pur suggerendo percorsi sognanti, alternativi ai problemi della società, non può per questo essere considerato un attivista. In Zhou Yunpeng a prevalere è la coscienza della componente artistica all’interno delle opere. Ammira Dante perché pur avendo compilato un’opera, la Divina Commedia, “socialmente all’avanguardia,” essa non sarebbe pervenuta a noi se non avesse posseduto uno spessore artistico letterario:

“Quella degli artisti è la stessa la responsabilità sociale che hanno tutte le persone: quando c’è qualcosa di ingiusto devi parlare. La differenza è solo che l’artista probabilmente attraverso una propria forma, attraverso delle parole molto belle riesce a creare un’opera.”

Sia nella sua produzione musicale che in quella poetica i riferimenti alla Cina e ai suoi problemi sono tanti: poesie volte alla demistificazione della retorica socialista a servizio del popolo, provocazioni accennate (“pensava all’inerzia di Lu Xun e dei cinesi”) o interi pezzi. Ma Zhou Yunpeng non è un dissidente, almeno non nella forma in cui ce lo immagineremmo in Italia. Lontano da impeti rivoluzionari, e da aperta ostilità verso il partito, preferisce muovere le sue riflessioni dalla gente, ne fa una questione sociale ancor prima che politica. Le sue canzoni nascono dall’interpretazione, dalla rielaborazione con parole e musica di bisogni primari degli individui all’interno della società:

“La cosa piu importante è la voce degli individui. In Cina abbiamo a lungo dato importanza alla voce collettiva, a partire da una forma di coscienza fino alla considerazione dello stato. Io penso che la dimensione piu importante sia quella del pensiero individuale, della coscienza individuale e della possibilità per ognuno di esprimere il proprio pensiero, o il proprio percorso. Quando si parla di società cinese in termini generali, credo che essa sia in condizioni simili a quella occidentale. C’è bisogno di una trasformazione graduale e lenta, non quel tipo di sconvolgimento improvviso come le rivoluzioni violente. Di persone in grado di ricevere un’educazione e avere diritto di parola e non improvvisamente diventare un qualcos’altro, in prima analisi perché sarebbe irrealistico e poi perché avrebbe effetti disastrosi. Le mie riflessioni muovono verso lo sviluppo di una società civile, intendo il potere decisionale dei cittadini, la libertà individuale per esprimere una propria scelta, la possibilità per ogni persona di esprimere se stessa. Questo per me è un buon obiettivo, se ogni persona si impegnasse sempre di più in questo senso allora le cose andrebbero sempre un po’ meglio. Non serve quel tipo di eroe o un agitatore di folle, non serve passare per la violenza, ma un cambiamento lento, naturale. Una società che possa procedere naturalmente verso un miglioramento, non si tratta di un balzo ma di un miglioramento progressivo.”
Una società che sa crescere con pazienza attraverso la coscienza di se stessa, barlumi di società civile, contro la facile condanna e speculazioni spicciole sui diritti umani. Con la musica come parte di questo movimento; una delle tante storie ancora da cantare, sospesa tra coscienza sociale ed arte, in un ideale di poesia che può arrivare dritto alla vita della gente comune pur mantenendo sensibilità e perfezione estetica. Come fosse un frammento dell’ispirazione di un cammino verso un mondo migliore:

“La forza della musica in realtà è infinitamente sottile, microscopica e lenta. Si manifesta poco per volta. Proprio come la pioggia. Non sai che forza ha la pioggia che cade. Ma la pioggia può intervenire sui semi, può far sì che la terra diventi umida e permettere al frumento di crescere e dare i suoi frutti. Ma forse non puoi assistere a quel giorno, perché il frumento ha bisogno di un anno o di quanto per crescere. La musica ha una forza del tutto simile: sa penetrare poco a poco nell’animo degli uomini, sa renderli più morbidi, buoni, li cambia aggiungendo calore, proccupazione per gli altri, facendo capire cosa sia giusto. Ma tutto questo avviene in un processo lento, non è quel tipo di piacere di cui puoi godere sul posto, è un qualcosa che penetra lentamente.”

Alcuni testi di Zhou Yunpeng tradotti in italiano

Ascolti:

Myspace: http://www.myspace.cn/yunyunyunyunyun
Douban: http://www.douban.com/artist/zhouyunpeng/
Xiami: http://www.xiami.com/artist/1270

Opere:

Il respiro silente del mistero (CD, 2004)
Critiche di primavera (raccolta poetica, 2004)
Bambino cinese (CD, 2007)
Melone amaro saltato in padella (CD, raccolta di demo 2008)
Mucche e capre scendono dalla montagna (CD, 2010)

Il blog di Zhou Yunpeng (in lingua cinese) è all’indirizzo: http://zhouyunpengblog.blog.163.com/

[Articolo pubblicato da Sentire Ascoltare]