Zhou Yongkang deve cadere

In by Simone

Quindici veterani del Partito comunista cinese dello Yunnan – tutti oltre la settantina ed in pensione – hanno scritto una lettera aperta in cui chiedono le dimissioni di Zhou Yongkang, capo della sicurezza nazionale cinese, accusandolo di aver diretto e supportato il modello Chongqing e Bo Xilai.

Sono stati interrogati gli ex funzionari di Partito che hanno scritto una lettera al presidente Hu Jintao per chiedere la testa di Zhou Yongkang, il potente capo degli apparati di sicurezza, che occupa il nono posto nella gerarchia delle cariche pubbliche cinesi.

Le vicende politiche di Chongqing, dopo Bo Xilai, non smettono di fare vittime, animando i confronti all’interno della leadership cinese.

 
Chongqing, immensa megalopoli dell’ovest cinese, era fino a qualche tempo fa una città modello. La sua economia andava a mille e, grazie al revival maoista, batteva tutti per “patriottismo”.

Il merito era di Bo Xilai, allora segretario del Partito della città, tanto acclamato da poter aspirare ad un posto nel Comitato permanente del Politburo.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, venne resa nota la storia di Wang Lijun, il super poliziotto alleato di Bo nella lotta alle triadi, che inspiegabilmente fuggì al consolato americano.

Da lì è partito il ciclone politico. Ben presto Bo ha perso il posto a Chongqing – dove è stato sostituito da Zhang Dejiang – ed è stato cacciato dal Politburo.

A peggiorare ulteriormente le cose, poi, c’è stato il caso di Neil Heywood, cittadino inglese trovato morto a novembre che si sospetta sia stato assassinato per ordine di Gu Kailai, moglie di Bo.

Da allora dell’ex segretario di Chongqing si sono perse le tracce, ma corre voce che si trovi agli arresti a Pechino.

 
Non è una novità che l’ex segretario di Chongqing avesse degli stretti legami con Zhou Yongkang. E si dice da tempo che Zhou sia sotto pressione per il caso Bo ( a un certo punto si è addirittura parlato di colpo di Stato).

Ma la lettera scritta dai veterani del Partito della regione dello Yunnan alza sposta l’asticella della crisi un gradino più in alto. Nella lettera Yu Yongqing, settantanovenne funzionario in pensione, afferma infatti che lui e altri quindici funzionari hanno motivo di credere che dietro alle illegalità commesse a Chongqing, ci sarebbe proprio la mano di Zhou. 

Secondo quanto scrive il South China Morning Post, Yu avrebbe dichiarato che “Bo e Zhou hanno tratto dei vantaggi personali a costo di sacrificare il futuro dei cinesi e hanno speso somme enormi per opprimere i cittadini e perseguire i loro obbiettivi ‘nel nome della stabilità”. Nella lettera avrebbe anche aggiunto  che lui e gli altri firmatari supportano il premier Wen e il segretario Hu.

In Cina, si sa, opporsi alle autorità è di norma una pessima idea. Chi cerca il confronto diretto – ancora peggio se pubblico – finisce per essere schiacciato.

Come scrive il South China Morning Post, “il dissenso in forma aperta o le critiche organizzate ai leader sono considerate un atto di spavalderia e normalmente viene punito”.

Succederà anche al gruppetto di coraggiosi che si sono opposti ad un funzionario molto più potente di loro? Per ora sembrerebbe di no. Sempre secondo quanto riportato dal South China Morning Post, Yu avrebbe raccontato che le autorità “hanno detto che per questa volta non ci puniranno, ma non possono garantire niente per il futuro”.

Non ci sono state, finora, ripercussioni formali per Zhou. Anzi, il South China Morning Post sottolinea come la scorsa settimana l’agenzia di stampa Xinhua abbia pubblicato un articolo che riportava il discorso tenuto da Zhou presso la Normale di Pechino, un segno che – nell’oscuro linguaggio del politichese cinese – potrebbe indicare che il Partito continua ad appoggiarlo.

Ma il vento, specialmente quello politico, cambia velocemente in Cina: chissà se il fulmine politico che ha folgorato Bo non finirà per colpire anche Zhou. 

[Scritto per Lettera 43; fotocredits: telegraph.co.uk]

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.