Il presidente sudcoreano, sotto pressione per inviare armi, incontra Zelensky. Cina e Russia avviano manovre navali congiunte nel mar del Giappone
C’è chi immagina come soluzione alla guerra in Ucraina una pace “alla coreana”. Ma chi la Corea la guida, quantomeno sotto il 38esimo parallelo, sostiene che “l’Ucraina di oggi ricorda la Corea del sud di un tempo”. Yoon Suk-yeol è arrivato ieri a Kiev. Visita storica e a sorpresa, poco meno di 4 mesi dopo quella altrettanto improvvisa di Fumio Kishida. Se davvero l’Asia rischia di diventare la prossima Ucraina, come sostiene il premier giapponese, i leader della regione hanno deciso di creare un ponte diretto con Kiev.
Reduce dal vertice in Lituania e dal passaggio in Polonia, il presidente sudcoreano ha incontrato Volodymyr Zelensky, a cui ha promesso di “aumentare la portata del supporto dato lo scorso anno”. Gli aiuti umanitari sudcoreani saliranno a 150 milioni di dollari nel 2023 dai 100 milioni di dollari del 2022. Previsti anche prestiti per la ricostruzione post bellica, in particolare sui progetti infrastrutturali. Crescerà anche l’assistenza legata a forniture di materiali di difesa non letali come caschi e giubbotti antiproiettile. “Stiamo discutendo di tutto ciò che è importante per la vita normale e sicura delle persone”, ha detto Zelensky, ringraziando Yoon per il “potente” sostegno. Ma non è un mistero che Kiev aspiri in aiuti militari tout court, come il presidente ucraino aveva detto all’omologo a margine del G7 di Hiroshima.
Il ruolo globale della Corea del sud nell’esportazione di armi è in costante crescita: nel 2022, le vendite sono balzate a più di 17 miliardi di dollari dai 7,25 miliardi dell’anno precedente, compreso un accordo record di 13,7 miliardi di dollari con Varsavia per la fornitura di lanciarazzi e jet da combattimento.
Ma la storica posizione di Seul è quella di non inviare componenti letali a paesi in conflitto. L’amministrazione Biden e la Nato sono in pressing da tempo su Yoon, che sinora non ha ceduto. Quantomeno a livello ufficiale, visto che le armi sudcoreane sarebbero comunque arrivate all’Ucraina in modo indiretto. Lo scorso febbraio, un funzionario della Difesa aveva confessato alla Reuters che il governo sapeva che carri armati e obici venduti in Polonia erano in parte destinati a Kiev, così come munizioni e proiettili d’artiglieria spediti negli Usa. Lo stesso Yoon, poco prima di andare alla Casa bianca a fine aprile, aveva aperto: “Se c’è una situazione che la comunità internazionale non può tollerare, come un attacco su larga scala ai civili, un massacro o una grave violazione delle leggi di guerra, potrebbe essere difficile per noi insistere solo sul sostegno umanitario o finanziario”. Alla luce di queste parole, diventa ancora più significativo il passaggio di ieri a Bucha e Irpin.
La mossa del presidente sudcoreano dimostra un crescente allineamento tra i due alleati asiatici degli Stati uniti, ma cela anche la necessità di non essere in ritardo rispetto al Giappone. L’ex leader Moon Jae-in cercava dialogo con la Corea del nord e dunque preservava con grande cautela i rapporti con la Cina, Yoon ha ribaltato la strategia per non diventare “periferia” dell’architettura difensiva asiatica degli Usa. Processo che preoccupa Pechino, più refrattaria che mai a creare sponde per una de escalation con Pyongyang nonostante i richiami di Seul a “giocare un ruolo costruttivo”. Dopo che Yoon ha “internazionalizzato” la questione di Taiwan, qualche settimana fa l’ambasciatore cinese ha messo in guardia dal non fare “una scommessa sbagliata sulla rivalità sino-statunitense”.
Mentre Yoon va in Ucraina, la Cina avvia manovre militari congiunte nel mar del Giappone insieme alla Russia. Ieri una flottiglia è salpata dal porto di Qingdao con navi a missili guidati e una portaelicotteri. L’obiettivo annunciato è approfondire il coordinamento dei due eserciti e migliorare la capacità di “salvaguardia congiunta delle rotte marittime strategiche”.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.