In Cina ci sono milioni di lavoratrici del sesso. Le giovani, belle e protette da clienti potenti. Quelle semi-legali costrette a pagare mazzette. E infine quelle povere, dei "negozi a 10 yuan", non abbastanza ricche per pagarsi la protezione. Ye Haiyan le difendeva e le istruiva sui rischi dell’hiv/aids. Ma la polizia non ha gradito. Protegge i diritti delle donne e vuole legalizzare la prostituzione. Ye Haiyan ha 38 anni, è una donna e un’attivista. Si è prostituita gratis per i migranti, ha difeso le bambine vittime di violenza e ha sempre usato i social media per promuovere le sue campagne. E da quando lavora in questo campo subisce arresti arbitrari e intimidazioni.
Sabato la polizia l’ha caricata su una macchina e l’ha lasciata sul ciglio di una strada fuori dalla contea in cui lavorava. Lei, il fidanzato, la figlia 14enne, il frigo e i suoi pochi averi sono stati lasciati su una strada regionale, a 120 chilometri dal suo paese natale. L’ultima minaccia della polizia è che le spaccheranno le gambe se si fa ancora rivedere in città.
Aveva affittato una casa a Zhongshan, una città del Guangdong, dopo che a metà giugno a seguito di una campagna contro gli abusi sessuali sui minori, era stata picchiata da una decina di persone aveva fatto irruzione nella sua casa di Bobai e l’aveva picchiata. Poiché nel tafferuglio la signora Ye aveva ferito tre dei suoi assalitori era stata arrestata per 13 giorni.
Ma anche a Zhongshan non aveva avuto vita facile. Le scuole si erano rifiutate di accettare sua figlia e le avevano tagliato la luce. E poi quello che accaduto sabato: la polizia l’ha lasciata sul ciglio di una strada. Anche questo si sa solo grazie ai social media. Il fidanzato ha postato una foto che la ritrae al margine della strada con tutti i suoi averi, compresi gli elettrodomestici.
Ora dovrebbe essere tornata nella sua città natale, Wuhan nella regione dello Hebei. Così almeno testimonia Cao Yaxue un attivista cinese che si è trasferito a Washington. Le ultime sue notizie sono su un tweet su Weibo sabato scorso: “spero solo che i miei cari e abili amici mi aiutino a prendermi cura di mia figlia”.
Alle sue denunce sono seguite diverse inchieste sulla prostituzione nelle città minori della Cina. Un business imperante che vede spesso la complicità di padroni e forze dell’ordine corrotte. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità ci sono sei milioni di lavoratori del sesso in Cina, mentre altre stime fanno salire i numeri a 20 milioni. In ogni caso, l’industria del sesso pare rappresentare un buon 6 per cento del pil di questo paese. E molto spesso è un business che ruota attorno alle fasce più povere della popolazione: i lavoratori migranti.
Alla base della piramide ci sono le prostitute dei cosiddetti “negozi a 10 yuan”. Continuano a chiamarsi così nonostante, assieme all’inflazione, il prezzo di una prestazione sessuale sia ormai salito ai 40-50 yuan (poco più di 5 euro). E si calcola che il 90 per cento di chi lavora in questo businness sia portatore di malattie sessuali.
Un reportage del South China Morning Post proprio dalla città di Bobai, mette in luce i torbidi bassifondi di bordelli invisibili dove donne disperate o già vecchie vendono il loro corpo a un prezzo ridicolo in condizioni igieniche disastrose.
Gli avvocati che difendono le prostitute denunciano l’assoluta ignoranza delle donne ultra quarantenni che lavorano nei “negozi a 10 yuan”: “molte di loro non conoscono i rischi legati alla trasmissione di malattie come l’hiv/aids e l’uso di preservativi è spesso messo in discussione dai clienti”.
Era stata proprio Ye Hainan a denunciare la prostituzione rampante in una città come Bobai e a spiegare come in Cina esistono tre tipi di prostitute. Tutte alla mercé dei poteri locali.
C’è l’anello più debole della catena che non ha abbastanza soldi per pagarsi una protezione e deve quindi sottostare ai ricatti più beceri da arte delle autorità. Poi ci sono le prostitute semilegali che pagano mazzette e hanno buoni contatti con la polizia. Al top le giovani e belle. Quelle che è difficile anche pensare che siano prostitute. Vestono bene e guidano macchine costose che lasciano intendere che i loro clienti sono capaci di proteggerle più di mille poliziotti.
[Scritto per Lettera43; foto credits: mw.nl]