Negli ultimi anni il tema dei diritti umani in Cina è sembrato sparire improvvisamente dai radar dei media, in nome di un’attenzione più mirata all’espansione economica, con annesse le possibilità per i Paesi europei, compresa l’Italia, di accedere a una fetta della torta globale della ricchezza del Paese. Per non innervosire Pechino e tenere aperta la possibilità di investimenti e accordi con la Cina, in molti hanno deciso di chiudere un occhio su alcune condotte del partito comunista. Non è stato così per le organizzazioni umanitarie che hanno continuato a monitorare la situazione nel Celeste Impero, facendo emergere, specie negli ultimi tempi, il problema delle detenzioni di massa nella regione nord occidentale del Xinjiang, vero e proprio campo di sperimentazione di tecniche di controllo sociale e vecchi metodi di repressione, non nuovi in Cina.
Nei giorni scorsi, invece, sono arrivate critiche dall’Onu, da un nuovo rapporto della Human Rights Watch, mentre rumors segnalati dal New York Times farebbero intendere la possibilità che l’amministrazione Trump affronti per la prima volta il tema dei diritti umani in Cina, attraverso sanzioni ai funzionari cinesi che sarebbero coinvolti nella detenzione di uighuri nei campi di rieducazione in Xinjiang.
Lunedì 10 settembre, durante il suo primo discorso di fronte al Consiglio per i diritti umani dell’Onu, l’alto commissario Michelle Bachelet, ha espresso forti critiche nei confronti della Cina, descrivendo come “profondamente inquietanti” i resoconti riguardo le incarcerazioni di massa e la rieducazione cui sarebbero sottoposti i musulmani uighuri nella regione del Xinjiang.
Secondo Bachelet “rapporti credibili” dimostrerebbero che almeno un milione di uighuri sarebbero trattenuti in grandi centri di detenzione e sottoposti a “indottrinamento politico forzato”. La Cina aveva già in precedenza smentito questo genere di accuse, addossando le colpe a “fattori esterni” che causerebbero “turbolenze” nella regione occidentale del Paese. Ma all’Onu la delegazione cinese non si è espressa, cosi come in questi giorni non ci sono stati segnali nei quotidiani più nazionalistici del Paese; segno che Pechino, rispetto al passato, prova a fare fronte a queste accuse cercando di ignorarle, aspettando che passi l’attenzione mediatica.
Ma le accuse dell’Onu erano accompagnate da quelle dell’organizzazione Human Rights Watch (Hrw), rilevanti per due motivi: in primo luogo Hrw ha denunciato le detenzioni di massa dei musulmani uighuri nella regione di Xinjiang. In secondo luogo, in risposta alle azioni del governo cinese, ha invitato la comunità internazionale a varare “sanzioni mirate” ai danni dei funzionari cinesi “collegati agli abusi”.
Questa seconda ipotesi sembra essere in fase di studio a Washington, dopo un articolo pubblicato dal New York Times nel quale si afferma che per la prima volta la Casa Bianca di Donald Trump starebbe pensando a intraprendere un’azione sanzionatoria mirata contro funzionari cinesi sul tema dei diritti umani.
L’eventualità sarebbe rilevante per più motivi; in primo luogo perché Trump, ad oggi, ha dimostrato ben poco interesse nei confronti dei diritti umani della Cina, sottolineando la propria amicizia con Xi Jinping e colpendo il Paese per lo più attraverso lo scontro commerciale, tutt’ora in atto.
Ma se dovessero arrivare misure contro i funzionari cinesi coinvolti dei campi di detenzioni in Xinjiang, lo scontro tra Usa e Cina diventerebbe propriamente politico, aumentando i campi nei quali le due super potenze si stanno misurando: allo scontro a suon di dazi e a quello più diplomatico sulla Corea del Nord, si aggiungerebbe questo sul tema dei diritti umani, uno degli aspetti più fastidiosi, agli occhi dei cinesi.
Da quanto si è appreso dal New York Times, le discussioni per colpire la Cina “per il trattamento della sua minoranza musulmana” sarebbero in corso da mesi “tra i funzionari della Casa Bianca e del Tesoro e dei dipartimenti dello Stato” ma la svolta sarebbe arrivata solo due settimane fa, “dopo che i membri del Congresso hanno chiesto al segretario di Stato Mike Pompeo e al segretario al Tesoro Steven Mnuchin di imporre sanzioni a sette funzionari cinesi”. Trump fino ad ora “ha in gran parte resistito alla punizione della Cina per i diritti umani” ma se mai dovesse farlo, conclude il New York Times, “renderebbe ancora più pesante” la partita in corso con la Cina.
[Pubblicato su Eastwest]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.