Xi-Obama: diffidenza reciproca

In by Simone

Usa/Cina. Mentre il nodo cruciale dei rapporti in Asia è quello dei territori contesi nel Pacifico, il presidente cinese "conquista" il mondo degli affari. Almeno secondo i media di Stato. La Casa Bianca insiste sulla sicurezza informatica ed è possibile che i due contendenti concordino di non "farsi male" reciprocamente. Nono­stante le dichia­ra­zioni d’intenti (e i tanti affari che pure Cina e Usa con­ti­nuano a sottoscrivere), c’è un’incomprensione di fondo tra Xi Jin­ping e Obama. Si tratta di una dif­fi­denza che la reto­rica pre-meeting non è riuscita a miti­gare. I media cinesi hanno cele­brato la «conquista di Seat­tle» da parte di Xi, appena messo piede negli States. Il suo è stato un discorso molto coreo­gra­fico di fronte ad una pla­tea di 700 tra poli­tici, opi­nion makers, businessmen, ed ex diplo­ma­tici. Il pre­si­dente cinese ha citato House of Cards, la popo­lare serie tv ame­ri­cana, Heming­way, il vec­chio, il mare e per­fino il mojito, ed è stato chiaro sulle pro­prie inten­zioni in poli­tica interna (giu­sti­fi­cando la sua campagna anti cor­ru­zione) e sulla neces­sità di avere stabili e buone rela­zioni con gli Usa. Buoni pro­po­siti, che per i media cinesi avreb­bero rapito gli astanti. Addi­rit­tura il China Daily ha pre­pa­rato uno «spe­ciale» di 48 pagine che ha piaz­zato sul Seat­tle Times e il Washing­ton Post (non sono state rese note le cifre pagate per l’ «inserto» cinese sui media americani).

Di tutto que­sto entu­sia­smo, pare che il meno impres­sio­nato sia stato pro­prio Obama. Il punto è il seguente: Xi Jinping porta (anzi, riporta) a Washing­ton la sua volontà di sta­bi­lire «una nuova rela­zione tra le grandi potenze» (xin­xing daguo gua­nxi), punto fon­da­men­tale della sua poli­tica estera con gli Usa. Que­sta teo­ria, già abboz­zata nell’ultima fase di potere dall’ex pre­si­dente Hu Jin­tao, in realtà non è intesa allo stesso modo da Pechino e Washing­ton. Se Pechino la ritiene come la natu­rale con­se­guenza di un nuovo ruolo inter­na­zio­nale cinese, da pari a pari con gli Stati uniti, l’amministrazione Obama la vive come la volontà cinese di costrin­gere gli Usa ad accet­tare tutto quanto preme a Pechino.

Xi Jin­ping ha lasciato inten­dere, non a caso, di poter mediare su argo­menti come gli attac­chi infor­ma­tici, la proprietà intel­let­tuale (temi da considerarsi caldi nel con­fronto face to face che hanno avuto i due lea­der), ma non ha citato in nes­suno dei suoi inter­venti (né quelli pub­blici come a Seat­tle, né quelli in con­tu­ma­cia, come ad esem­pio l’intervista scritta pre visita al Wall Street Jour­nal) il tema più sen­si­tive, ovvero quello dei ter­ri­tori marit­timi con­tesi nel mar Paci­fico, se non spe­ci­fi­cando bre­ve­mente che le isole con­tese sono «cinesi» e fine. Del resto nel gen­naio del 2014 il primo atto di una certa rilevanza in tema di politica estera di Xi Jin­ping fu quello di instau­rare una zona di iden­ti­fi­ca­zione di difesa aerea nella regione marit­tima delle isole con­tese por­tando all’irritazione Obama.

E del resto uno sfondo di sfi­du­cia, anche se entrambe le parti non fanno che pre­di­care il contrario, lo ha messo in conto anche di Pechino: non a caso Obama ha minac­ciato fino a pochi minuti prima della discesa dell’aereo di Xi e consorte, san­zioni con­tro la Cina per il pro­blema degli attac­chi infor­ma­tici. E tutti hanno bene in mente quando poco prima dell’ultimo incon­tro tra i due pre­si­denti scop­piò lo scan­dalo Data­gate. Obama doveva rim­pro­ve­rare Xi per gli attac­chi informatici cinesi e Xi arrivò negli Usa senza dire una parola. Ci pensò Sno­w­den da Hong Kong a risol­vere una discussione spi­nosa per Pechino, che alla fine non si fece.

È pre­su­mi­bile che ieri invece a porte chiuse, post cena alla Casa Bianca, Obama e Xi ne abbiamo discusso e – si dice negli ambienti di chi pre­sume cono­scenze nelle stanze dei bot­toni di Pechino — che un risul­tato effet­ti­va­mente potrà essere rag­giunto: una sorta di accordo a non col­pirsi reci­pro­ca­mente con attac­chi infor­ma­tici. Una sorta di armi­sti­zio elettronico, da guerra fredda due punto zero. Xi Jin­ping, su que­sto tema, al Wall Street Jour­nal aveva dichia­rato che anche la Cina ha a cuore la que­stione legata alla sicu­rezza infor­ma­tica e che anche Pechino «è stata vit­tima di hacking».

[Scritto per "Il Manifesto"]