“Lunga vita al grande e glorioso Partito Comunista Cinese! Viva il grande eroico popolo cinese”. Con queste parole si è concluso stamattina l’attesissimo discorso di Xi Jinping per il centenario del partito. Indossata la tipica giacca maoista, il presidente cinese ha parlato per oltre un’ora dal rostro di piazza Tian’anmen. Lo stesso da cui Mao proclamò la fondazione della Repubblica popolare il 1 ottobre del 1949. Il simbolismo in Cina è tutto. Traendo legittimità dal passato, il leader ha dichiarato che il marxismo è “l’anima del partito” e l’ascesa economica della Cina dimostra che “funziona” ancora oggi. Xi ha quindi reso omaggio ai suoi predecessori non solo Jiang Zemin e Hu Jintao (l’unico presente), ma anche i padri della patria: Mao Zedong, Zhou Enlai, Zhu De, Deng Xiaoping, Chen Yun e Liu Shaoqi.
Dal passato al futuro. Non più la “malata d’Asia”, la Cina di Xi accetta i consigli altrui, ma non tollera le “prediche ipocrite” né si farà “intimidire o soggiogare”. Chiunque proverà ad assoggettare il paese (leggi: gli Stati uniti) dovrà fronteggiare “un muro d’acciaio forgiato da 1,4 miliardi di persone”, ha sentenziato il leader tra uno scroscio di applausi. Pur non perseguendo mire egemoniche, Pechino creerà un esercito “di classe mondiale” per difendere gli interessi nazionali. Messaggio rafforzato dal dispiegamento di elicotteri e 15 caccia stealth J-20 al termine delle celebrazioni. La difesa della sovranità cinese passa anche attraverso la riaffermazione del principio “un paese, due sistemi” a Hong Kong e Macao, mentre l’annessione di Taiwan viene definita un “impegno irremovibile del partito comunista cinese”.
Ma il centenario del partito è soprattutto l’occasione per incensare il modello cinese. Il “socialismo con caratteristiche cinesi” si è dimostrato vincente. A sfatare ogni dubbio, Xi ha ufficializzato il raggiungimento della “società moderatamente prospera”, il primo dei due obiettivi centenari in vista del traguardo finale: rendere la Cina un “paese socialista forte, democratico, civile, armonioso e moderno” entro il 2049. Ecco sugellato il legame simbiotico tra il sistema politico e i cittadini. Letteralmente: “qualsiasi tentativo di dividere il partito dal popolo cinese è destinato a fallire”. Il presidente ha poi assicurato che la Cina continuerà il processo di “riforma e apertura”, perseguendo al contempo l’autosufficienza scientifica e tecnologica. Un messaggio che strizza l’occhio ai colossi privati, ultimamente nel mirino dell’antitrust. Alla cerimonia hanno preso parte, tra gli altri, anche il fondatore di Meituan, Wang Xing e il Ceo di Xiaomi, Lei Jun.
L’espressione 头破血流 (fracassare le teste e spargere sangue) è sicuramente il passaggio più controverso del discorso di Xi, anche perché è sparito dalla versione ufficiale in lingua inglese. Per quanto cruento e minaccioso, in realtà si tratta di una chengyu (una frase idiomatica) mutuata da “Journey to the West” che significa “subire una sconfitta schiacciante” (意思是头打破了,血流满面。多用来形容惨败). Mentre la stampa internazionale ha interpretato la frase come una minaccia diretta contro gli Stati Uniti, è molto più probabile che il destinatario del messaggio fosse il popolo cinese. Il sentimento nazionalista è sempre più forte oltre la Muraglia e alla leadership torna comodo mostrare un approccio duro nei confronti dell’Occidente per accrescere la propria legittimità agli occhi dei cittadini. Tradotta letteralmente in inglese, però, l’espressione avrebbe perso quel valore letterario, assumendo un significato terribilmente intimidatorio. Non è inusuale che i media cinesi rielaborino il linguaggio degli articoli quando devono rivolgersi a un pubblico straniero.
I festeggiamenti per i 100 anni del Pcc hanno coinciso con il 24esimo anniversario del ritorno di Hong Kong alla mainland. L’atmosfera nell’ex colonia britannica è, però, decisamente meno festosa. Per impedire manifestazioni di dissenso, Victoria Park, tradizionale luogo di protesta, è stato sigillato dalle forze dell’ordine. Secondo RTHK, 10.000 agenti pattuglieranno le strade della città per mantenere l’ordine. Come nel 2020, anche quest’anno la tipica marcia del 1 luglio è stata vietata – ufficialmente – come precauzione contro il Covid-19.
29 giugno
Sono cominciati ieri sera con una performance nell’iconico stadio “Nido d’uccello” i festeggiamenti per il centenario del partito comunista cinese. Allo spettacolo, intitolato “Il grande viaggio” , ha preso parte il comitato permanente del Politburo al completo più il vicepresidente Wang Qishan. In tutto circa 20.000 persone hanno assistito alla performance. Questa mattina le celebrazioni sono proseguite nella Grande sala del Popolo in piazza Tian’anmen, dove il presidente cinese ha assegnato le “medaglie del 1 luglio” a 29 eroi della patria: comuni cittadini, giornalisti, diplomatici e persino uno dei soldati morti lo scorso anno negli scontri lungo il confine con l’India. Ad ogni modo, tutti membri del partito. Xi ha esortato i presenti a “mantenere fermamente la lealtà e l’amore per il pcc e le persone vicino al proprio cuore, trasformarli in azione, dedicare tutto, anche la propria preziosa vita, al partito e alle persone”. Il ciclo di eventi si concluderà giovedì con un discorso di Xi. Non ci sarà una vera e propria parata militare, ma negli scorsi giorni aerei da guerra ed elicotteri sono stati visti volare in formazioni così da creare in cielo i numeri “100” e “71”, che sta per il 1 luglio.
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.