Il nuovo film di Feng Xiaogang tocca un tema sociale della Cina contemporanea: i divorzi di convenienza. Ma in questo caso, la protagonista impersonata da Fan Bingbing, finisce per pagare cara la sua scelta. Pan Jinlian è la donna adultera per antonomasia, tanto che da personaggio del romanzo classico Jin Ping Mei è divenuta patrona delle prostitute e in alcune opere di epoca moderna persino simbolo di donna libera ed emancipata. Ma Li Xuelian non è Pan Jinlian, come ci ricorda il titolo originale del film che la vede protagonista Wo bu shi panjinlian («Non Sono Pan Jinlian»), né tantomeno è Madame Bovary, come recita il titolo inglese I Am Not Madame Bovary, che trova nella letteratura occidentale un’omologa il più possibile vicina.
Li Xuelian invece è la protagonista dell’ultimo film del celebre regista Feng Xiaogang: una donna proveniente da un umile villaggio, che da sola affronta la legge e il sistema di potere, mettendone a nudo le dinamiche.
Divorziata dal marito, si lamenta che lui l’ha poi lasciata davvero, il divorzio era infatti di convenienza, per farsi assegnare una casa, e il piano era quello poi di tornare insieme. La casa arriva, ma nel frattempo il marito si è trovato una nuova moglie con cui va a vivere; il divorzio così da finto diventa vero. Li Xuelian non lo accetta, denuncia il marito, e poi denuncia il giudice del villaggio che non capisce le sue ragioni; si rivolge al governo della contea, ma viene arrestata per essere messa a tacere; si reca a Pechino per denunciare il governo della contea presso i membri del comitato centrale, e lo fa ogni anno per dieci anni.
La sua vicenda diventa così un mal di testa per il giudice, per il governatore della contea, per il sindaco, e un pericolo sempre più grande per le loro poltrone. Ma niente e nessuno riesce a farla desistere. Alla fine anche l’alto funzionario capisce che forse era meglio ascoltare le istanze di gente come Li Xuelian sin dall’inizio prima di arrivare a tanto.
Se non è Pan Jinlian, Li Xuelian è decisamente Fan Bingbing, diva cinese ormai conosciuta anche all’estero, che qui toglie il trucco e veste umili panni, in una delle sue migliori interpretazioni.
Una simile prova l’aveva intrapresa nel 1992 anche l’altra diva per eccellenza del cinema cinese, Gong Li, che in «La Storia di Qui Ju» aveva indossato abiti contadini. Facendosi dirigere dall’allora marito Zhang Yimou, aveva interpretato una giovane caparbia in certa di giustizia per un torto subito dal marito, in un bozzetto dal forte realismo.
Sono due film uniti a doppio filo, ma Feng Xiaogang realizza piuttosto un affresco rinascimentale ricco di dettagli, portando la sua attrice in un territorio estetico diverso, raffinato, ricercato.
A partire dalle scelte visive, il quadro dell’immagine è circolare, come certa ritrattistica tradizionale cinese, quadrato poi nelle scene girate a Pechino, per aprirsi poi a tutto scherno nell’epilogo.
Feng Xiaogang, regista che si è fatto conoscere per commedie «cinepanettoni» popolarissime, per poi esplorare generi sempre diversi, trova così un perfetto equilibrio tra discorso critico e ricerca estetica che aggiunge ulteriore complessità al racconto, e anche una dimensione tragica. Il film ha avuto qualche problema di censura, ovviamente, e qualche modifica è stata richiesta, ma le sottili sfumature del racconto, il suo ritmo e le sotto-trame accennate sono intatti. Premiato a San Sebastian e ai Golden Horse taiwanesi, I Am Not Madame Bovary ha ottenuto un certo successo in patria. Fatto notevole, dato che è un film lungo, lento e con ben poche attrazioni spettacolari.
Secondo Feng Xiaogang, il box-office sarebbe stato sicuramente migliore se il film non fosse stato ignorato dalla catena di cinema che fanno capo al gruppo Wanda. Il regista si è persino lamentato con un messaggio dal suo account Weibo firmato Pan Jinlian e rivolto al padrone del conglomerato, Wang Jianlin. Il messaggio ha divertito pubblico e addetti ai lavori, un po’ meno il destinatario che lo ha liquidato con una risposta pubblica sempre attraverso il social.
Feng Xiaogang si conferma un personaggio pubblico illuminato, dallo stile personale, individualista, popolare ma non commerciale. Una voce che sa commentare con ironia e distacco la Cina di oggi, e forse la Cina di sempre.
*Edoardo Gagliardi, laureato in studi orientali, ha ottenuto un dottorato in cinema cinese contemporaneo presso l’Università di Roma La Sapienza, dopo un periodo di studi alla Peking University. Vive a Pechino da diversi anni dove lavora su progetti e coproduzioni cinematografiche tra Italia e Cina, collaborando in passato con il desk ANICA di Pechino. Nel tempo libero si interessa di musica, una volta anche con il blog Beijing Calling, su queste pagine.
«I Wenchan Ban sono gli uffici di promozione delle industrie culturali che si trovano in molti governi locali cinesi. Il Wenchan Ban di China Files è diretto da Edoardo Gagliardi, e il suo compito è quello di raccontare e promuovere ogni due settimane le nuove storie di cinema, musica e dell’industria culturale cinese, del loro mercato e dei loro protagonisti.» [E.G.]