Salgono a oltre 200 i casi di polmonite virale divampata il mese scorso a Wuhan, città della Cina centrale. Secondo quanto annunciato lunedì mattina dai funzionari sanitari, nuovi contagi sono stati localizzati per la prima volta in altre zone del paese: almeno cinque a Pechino e quattordici a Shenzhen, dove altre persone sono sotto osservazione. Nel weekend fonti del South China Morning Post avevano segnalato una possibile infezione anche a Shanghai, notizia confermata nella tarda serata di ieri dalla Commissione sanitaria municipale.
Mentre si sospettano altri casi nelle province dello Yunnan, Zhejiang, Sichuan e Guangxi, la malattia ha raggiunto anche Corea del Sud, Giappone e Thailandia. Tutti i contagiati erano stati a Wuhan, sebbene solo alcuni hanno riferito di aver visitato il mercato alimentare da cui gli esperti sostengono sia partito il focolaio. Ad oggi si contano sei decessi, mentre le condizioni dei soggetti colpiti variano da caso a caso. Circa una ventina di persone sono da considerarsi in fase di guarigione. Quindici sono gli operatori sanitari contagiati. Ma i numeri reali potrebbero essere notevolmente maggiori. Secondo ricercatori dell’Imperial College London, tenendo conto dei tempi di incubazione e diagnosi della malattia, solo a Wuhan, potrebbero essere più di 1700 le persone colpite.
La progressiva diffusione dell’epidemia ha spinto l’Organizzazione mondiale della sanità a confermarne la “limitata trasmissibilità da uomo a uomo”. Segno che il virus (una nuova tipologia di coronavirus), pur appartenendo alla stessa famiglia non possiede l’aggressività della Sars, la sindrome respiratoria che nel 2002 si propagò dalla Cina in altri 25 paesi, infettando 8 mila persone e uccidendone 700. Secondo la Commissione sanitaria di Wuhan è possibile che la malattia sia stata trasmessa all’uomo tramite agenti patogeni animali, dopo essersi sviluppata in ambienti poco igienici come i mercati del pesce della città.
L’inizio dell’esodo per il Capodanno lunare – che vede milioni di cinesi viaggiare all’estero e spostarsi da una parte all’altra del paese – rischia di complicare gli sforzi messi in campo dal governo per contenere l’epidemia. E’ massima allerta anche oltre i confini nazionali. Dopo le misure intraprese a Wuhan, Hong Kong e altre città asiatiche per monitorare la temperatura dei passeggeri in transito, da venerdì anche gli aeroporti internazionali di New York, Los Angeles e San Francisco hanno introdotto nuovi controlli.
“La vita e la salute delle persone è di massima priorità e la diffusione dell’epidemia deve essere arrestata con decisione”, ha dichiarato nella giornata di ieri il presidente Xi Jinping. Parole che difficilmente basteranno a diradare i timori di quanti ricordano la scarsa trasparenza con cui Pechino gestì la Sars. Il 1 gennaio, otto persone sono state “punite secondo la legge” per aver diffuso online informazioni “non veritiere” sul contagio.
[Pubblicato su il manifesto]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.