Vietnam – La Vespa sul fiume Rosso

In by Simone

La Piaggio ha appena aperto un nuovo stabilimento ad Hanoi, contando di incrementare la produzione di veicoli a due ruote da esportare in Asia. Costantino Sambuy, responsabile Piaggio per il mercato asiatico, ha raccontato a China Files i recenti successi della Vespa in oriente. Dall’alto del 12esimo piano della BIDV Tower – una delle tante torri commerciali cresciute negli ultimi anni lungo il fiume Rosso, a pochi passi dal quartiere vecchio di Hanoi – le persone a malapena si distinguono. Si confondono con le migliaia di veicoli a due e quattro ruote che percorrono le trafficatissime strade hanoiane.

Il fiume Rosso è placido come sempre e oggi, con un timido sole a riscaldare il clima umido della capitale vietnamita, visioni e sogni sembrano più chiari. Lo sembrano anche per Costantino Sambuy, Direttore Asia SEA 2 Wheeler con la responsabilità su Piaggio Vietnam (CEO), Piaggio Asia Pacific, Piaggio Group Japan Corp. e Piaggio Group China.

Dalla posa della prima pietra avvenuta nell’ottobre del 2007 alla presenza dell’Amministratore delegato Roberto Colaninno e dell’allora ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, non sono passati neanche cinque anni. “Un periodo in cui Piaggio è riuscita ad avviare un primo stabilimento nel 2009, capace di produrre oltre 180mila veicoli a due ruote, affiancando alla Vespa altri due modelli: prima il Liberty e nel febbraio scorso anche il Fly”, spiega Sambuy.

Ma soprattutto, da quest’anno, Piaggio riuscirà a produrre motori nel nuovo stabilimento inaugurato il primo marzo scorso alla presenza di Colaninno e dell’attuale responsabile della Farnesina, Giulio Terzi di Sant’Agata. Un impianto che sorge accanto al primo, nel distretto industriale di Vinh Phuc, a circa 40 km nord da Hanoi.

Motori pensati per il mercato indiano dove la nuova Vespa – capace di percorrere 60 km con un litro – vedrà le strade in maggio prossimo. Un investimento, quello vietnamita, che rafforza la presenza del gruppo di Pontedera non solo in India, ma anche in Cina e nell’area ASEAN, pronta a diventare nel 2015 la più grande zona di libero scambio al mondo.

Una scelta coraggiosa e quasi obbligata in un villaggio globale “dove il mercato italiano ed europeo faticano a dare buoni risultati”, come sottolinea il Direttore Asia. Qui, del resto, le due ruote sono il mezzo principale di locomozione e Piaggio è riuscita a ritagliarsi la sua quota di mercato accanto a giganti come Honda e Yamaha, padroni incontrastati, non solo in termini produttivi.

Il Giappone è il quarto Paese investitore in Vietnam con oltre 1600 progetti in corso, pari ad un capitale di 23 miliardi di dollari. E forse “è solo un caso”, che a due mesi dalla prima produzione di Vespa 150 ‘Made in Vietnam’, il governo della Repubblica socialista abbia introdotto una tassa sui beni di lusso che ha colpito in particolare la punta di diamante del gruppo italiano.

Al tempo circa l’80% delle importazioni in Vietnam erano Vespa 150. Questo però non ci ha scoraggiato – commenta Sambuy – spostando la produzione sul modello 125”. Ottenendo un discreto successo a giudicare su quanto si vede in strada.

Risultati costruiti nel tempo attraverso anche un programma di formazione, ricerca e sviluppo. “In pratica facciamo in modo che le nostre risorse umane, sia dell’area tecnica che manageriale, possano godere di un periodo formativo in Italia”, spiega Sambuy. E’ in Italia, infatti, che si crea il confronto tra tre diverse realtà asiatiche “per capire meglio il network e il ciclo produttivo”.

Il nuovo motore nasce infatti in Italia. Da oggi, però, anche il comprensorio industriale vietnamita si avvarrà di un “Centro di Ricerca e Sviluppo per il settore due ruote”, ovvero la prima struttura R&D costruita dal Gruppo Piaggio nel continente asiatico.

Ricerca, sviluppo e una grande offerta di manodopera a costi che non sono quelli europei. Qui un operaio parte da uno stipendio base di circa 130/150 dollari cui poi si aggiungono benefit e ore di lavoro straordinario. Ma se i bassi costi sono un vantaggio per la catena produttiva, altre sono le problematiche. Il mercato del lavoro vietnamita è in piena evoluzione e numerosi sono i casi di abbandono dopo pochi mesi dall’assunzione.

Nel tempo l’abbandono si è stabilizzato e oggi le percentuali di personale che lascia Piaggio nel corso dei primi dodici mesi sono molto più basse rispetto al primo anno. Questo sottolinea che la nostra politica aziendale e salariale sta andando nella giusta direzione”, spiega Sambuy. Nel corso del 2011, quando l’inflazione ha toccato quote superiori anche al 20% e “con gli operai a soffrirne per primi, abbiamo rivisto i termini salariali per ben due volte”, ha inoltre aggiunto il direttore Asia.

Salari, traffico e inquinamento: problemi che andrebbero affrontati in modo sistematico e puntuale, magari anche attraverso un confronto tra autorità e produttori. “L’ideale sarebbe quello di creare un’Associazione delle due ruote (in Vietnam ancora assente, ndr), dove i produttori possano parlare con una voce unica, offrendo le proprie soluzioni e suggerimenti a quelli che sono i problemi che riguardano l’intera categoria e non il singolo gruppo”, come suggerisce Sambuy.

Oggi Piaggio mette sulle strade asiatiche motori Euro3. Possibili alternative a motori a benzina come i motori elettrici hanno “costi produttivi ancora troppo alti e il Vietnam non è ancora in grado di poter gestire la mobilità di veicoli elettrici”, come ha spiegato Roberto Maria Zerbi, vice presidente esecutivo del Gruppo.

Un circolo vizioso in cui ad emergere sono soprattutto le mancanze strutturali di un Paese che deve fronteggiare un inquinamento in costante aumento e un bisogno energetico richiesto da entrambe: produttori e consumatori.

[Foto credit: thescooterist.blogspot.com]

*Roberto Tofani è un giornalista free-lance esperto di sud-est asiatico. Da Hanoi, dove vive in questo momento, scrive di sud-est asiatico per diverse testate italiane ed internazionali.