Viaggi e miraggi: Da Kanding a Litang, un viaggio sulla statale Sichuan-Tibet

In by Simone

Così partiamo, partiamo che il tempo potrebbe impazzire,
e questa pioggia da un momento all’altro potrebbe smettere di venir giù.
E non avremmo più scuse allora per non uscire.

In questa seconda parte di agosto, proponiamo il primo di alcuni fotoracconti di viaggio di China Filers dispersi nelle tante Cina che possono essere percorse. All’insegna della stessa ragione del viaggio, viaggiare.
Buona lettura.

Kangding. Tempio Nanwu: ristrutturazione di un buddha gigante

Kangding. Tempio Nanwu: ristrutturazione di un buddha gigante

A nord e a ovest di Chengdu si innalzano montagne che superano i cinquemila metri e il paesaggio, caratterizzato da profonde vallate, vaste praterie e fiumi di varia grandezza è mozzafiato. Secondo i tibetani questa zona fa parte della provincia del Kham, la parte occidentale dell’altopiano tibetano. Le popolazioni sono tibetane e affini e per lo più vivono pascolando yak, pecore e capre. Il  loro passaggio è segnato da resti di falò e accampamenti. Le case tibetane, più rare e spesso raggruppate in villaggi, punteggiano le praterie come minuscoli castelli di pietra.

Kangding un tempo era frontiera tra Cina e Tibet. Ci si arriva da Chengdu, dopo otto ore di autobus tra vette, gole, montagne mozzafiato, valli incredibili costellate da villaggi. Sono paesaggi che ti ricordano che questa è una delle prime catene montuose ad essersi formate, al principio del mondo.

Tra Kanding e Litang Tra Kanding e Litang

Siamo a più di duemila metri di altitudine, in una lunga valle ricca di sorgenti termali. L’aria si fa frizzante, la vegetazione regala fiori e funghi di meravigliose diversità, le passeggiate sono ripidi sentieri, le pareti rocciose sono santificate da immagini sacre dai colori brillanti, ma ancora non è nulla. Superati i quattromila metri di altitudine qualsiasi paesaggio lacera l’anima di sensazioni.

Superati i quattromila metri di altitudine non crescono neppure i pini e la flora si riduce ad immense praterie dove yak e ovini pascolano felici, tra piccoli fiori da colori accesi, mille rivoli d’acqua e qualche rara tenda che segnala la presenza umana.

Superati i quattromila metri di altitudine anche l’onnipresente Cina col suo caratterizzante marchio under construction sembra lasciare la presa sul territorio. Sui monti e nei negozi compaiono scritte in  tibetano, l’ombra delle abitazioni private protegge le fotografie del Dalai Lama. La gente quasi non parla cinese.

La strada tra Kanding e Litang: pascoli La strada tra Kanding e Litang: pascoli

Superati i quattromila metri
di altitudine, il corpo risente della rarefazione dell’ossigeno con conseguenti malditesta epocali e fiacca fisicità. Ma, insomma, il corpo è una buona macchina e si adatta anche a questo e, passato un giorno, già è pronto a riprendere il cammino. Piano piano, certo, d’altronde si cammina e, quasi sempre, in salita.

A volte per chilometri non si incontra traccia di presenza umana quando a un tratto uno stupa o una piramide di sassi segnala che il cammino è giusto, qualcuno lo ha percorso prima di te e ha ringraziato dio di essere arrivato lì sano e salvo. Ognuno consacra il suo passaggio con una teoria di bandierine colorate, che si sovrappongono, si sfilacciano al vento e si scoloriscono al sole.

Litang: particolare di abitazione Litang: particolare di abitazione

Questo, forse, è il tratto più caratteristico, sicuramente il più evidente.
La strada è un susseguirsi di tornanti, burroni, gole. Salite estenuanti e discese a picco. Altipiani. Sono gli altipiani che ospitano la rara popolazione sedentaria, sono gli altipiani i luoghi adatti a ospitare i villaggi.

Le case sono basse dai tetti piatti, completamente costruite in pietra. Finestre e porte sono in  legno, decorate a intaglio e dipinte con colori sgargianti. I comignoli sono spesso decorati con il simbolo del sole (che altro non è che una svastica al contrario) e i tetti a terrazza sono cinti dalle solite bandierine colorate e consacrate da mandala.

Litang: centauri Litang: centauri

Ci sono i monaci gialli e rossi con i loro caratteristici copricapi, ci sono uomini a cavallo di motociclette decorate che indossano copricapo texani e gilet variopinti, ci sono donne, giovani e vecchie, che indossano ornamenti sgargianti (ormai plastica e non più corallo e oro) e che fanno roteare incessantemente i loro mulini per la preghiera. Le ruote vengono messe in moto e le campane suonate. C’è sempre gente che compie pradaksina.

Per il resto le faccende sono semplici: si batte il metallo, si lavano i panni, si lavora il legno, si vende e si compra.
I ragazzini rincorrono yak, copertoni o visi pallidi, a seconda di chi si trovano vicino.

Litang: donna con mulino per la preghiera Litang: donna con mulino per la preghiera

I maestosi e immobili yak sembrano parte integrante del paesaggio, difficilmente si muovono, difficilmente prestano attenzione al contesto. Maiali, galline e bambini scorrazzano liberi per il paese causando grandi strombazzamenti tra automobilisti e centauri.

La gente è ospitale e sorridente; dopo imprevedibili piogge, notti gelate e case umide è un piacere sedere in silenzio accanto a loro a godersi il sole. È raro, ma caldissimo.

La strada è quella giusta La strada è quella giusta