Tian’anmen è il centro geografico e politico di Pechino, tanto che è dominata dal mausoleo del fondatore della patria e dai palazzi del potere di ieri e di oggi. Ma appena a sud dell’immensa e desolante piazza e varcata l’antica porta di Qianmen costruita nel 1648 per dividere la Pechino abitata dai Manchu – capostipiti dell’ultima dinastia di imperatori cinesi- e la Pechino esterna abitata dagli han – l’etnia tutt’ora dominante in Cina – l’area di Dashilar è sempre stata caratterizzata da un fitto viavai.
È qui che prima che Mao prendesse il potere nel 1949 venivano cantanti d’opera, mercanti, funzionari, banchieri, prostitute e studenti. E sempre qui venivano organizzate associazioni regionali che garantivano l’arrivo di merci e frutti tipici da ogni provincia dell’impero. Qui si dice sia nata l’opera di Pechino, e qui potete ancora visitare l’antico teatro dove cantò il famoso Mei Lanfang oggi adibito anche a Museo dell’opera (Huguang Huiguan; per informazioni, vedi link in basso).
Nella stessa zona potete trovare una farmacia tradizionale aperta nel 1668 (Tongrentang; per informazioni, vedi link in basso) o un negozio di sete che fa affari dal 1840 (Qianxiangyi; per informazioni, vedi link in basso). Insomma, il quartiere è sempre stato vibrante e fino alla metà del secolo scorso è sempre stato considerato da tutti i pechinesi il centro culturale della città.
Ma Pechino ultimamente è cambiata e continua a cambiare. Lo skyline delle periferie contrasta nettamente con le tradizionali case a un piano e il quartiere di Dashilar, miracolosamente sopravvissuto alla pesante ristrutturazione a fini turistici dell’area, è rimasto intrappolato dalla sua carenza di infrastrutture e dalla crescente popolazione migrante in arrivo da ogni angolo della Cina che si è stabilita qui.
Questi cambiamenti, uniti allo sviluppo immobiliare che ha caratterizzato Pechino sin dagli anni Novanta, hanno trasformato il quartiere in una sorta di “angolo urbano” che va via via assottigliandosi a causa dei piani di evacuazione dei residenti al fine di portare a termine un nuovo piano regolatore che “protegga e rivaluti” l’area in difficoltà e che, nella mentalità cinese, troppo spesso significa abbattere per ricostruire un finto antico al solo uso e consumo del turismo di massa.
Così chi ancora vive nel quadrato di strade che si sono salvate alla speculazione è in qualche modo disincentivato a curare e migliorare l’area in cui abita e financo la propria casa perché vede il quartiere tutt’intorno trasformarsi e svuotarsi del tradizionale spirito e dei vicini di generazioni. Ma l’area è tra le più belle e centrali di Pechino e, visto che per una serie di casi non è stata ancora “ristrutturata” dal governo, designer, architetti e sviluppatori immobiliari si sono posti il problema di come rivitalizzare l’area senza lacerare definitivamente il suo tessuto urbano e sociale.
La Beijing Design Week (per informazioni, vedi link in basso), la settimana di eventi culturali che ogni autunno dal 2011 Pechino dedica al design, ne ha fatto sin da subito una delle sue principali location permettendo a un pubblico selezionato di riscoprire gli spazi di piccole fabbriche abbandonate, antiche sale da the e bordelli a due piani tra gli stretti e caratteristici vicoli letteralmente sommersi di verande e piccionaie abusive.
Il successo è stato evidente fin da subito e il turismo di settore legato all’evento ha fatto rinascere l’economia del quartiere, con tutti i suoi negozietti e ristorantini. Così un gruppo di giovani cinesi intraprendenti ha pensato di costruire un ponte tra Governo e sviluppatori immobiliari per dimostrare che un altro sviluppo è possibile. Si chiamano Dashila(b) (per informazioni, vedi link in basso) e il loro progetto è quello di salvare l’area dalle speculazioni degli alloggi di lusso, dalle catene multinazionali del cibo e dalle bancarelle di souvenir cercando di ringiovanire il tessuto economico dell’area valorizzando e ristrutturando i singoli edifici e la complessa stratificazione storica che raccontano. Hanno definito un’area all’interno della quale comprano gli edifici di chi è interessato a vendere e li danno poi in gestione a chi può capire ed enfatizzare il loro valore storico e culturale.
È così che un’antica sala da the abbandonata da anni si trasforma in Ubi Gallery (per informazioni, vedi link in basso) un raffinatissimo spazio espositivo dedicato a gioielli e ceramiche della contemporaneità asiatica. E che un’antica fabbrica tessile potrebbe riconvertirsi nel laboratorio artistico Tangroulou (per informazioni, vedi link in basso), uno dei negozi di abiti e giochi per bambini più glamour di Pechino.
Ed è così che tra gli stessi vicoli e le povere case che son cresciute in maniera disordinata e appoggiandosi l’una all’altra, scoprirete templi che risalgono alla dinastia dei Qing, case editrici e stamperie dei primi del Novecento e fabbriche che risalgono all’epoca maoista. Non ci credete? Potete unirvi alle visite guidate di Beijing Postcard (per informazioni, vedi link in basso) che raccogliendo antiche foto e antiche mappe della città e lavorando sulle testimonianze dirette degli abitanti del quartiere hanno creato uno splendido tour dell’area che vi permetterà di comprendere lo sviluppo del quartiere nell’ultimo secolo.
Mangiare. Se siete arrivati fin qui dovete assolutamente gustare i piatti tipici di Pechino: tofu e uova dei cent’anni. Proprio sul vicolo principale che dà nome all’area, troverete il ristorante Tianhai (per informazioni, vedi link in basso). Il proprietario è un fotografo. Oltre a mangiare cucina tipica a un prezzo ragionevole (poco meno di 10 euro a persona per un pasto completo) potrete anche dare un’occhiata alle sue foto. Se non volete fermarvi a lungo, quasi ad ogni angolo troverete chi è attrezzato ad arrostirvi uno spiedino (20 centesimi l’uno). Se invece volete fare le cose in grande preparatevi a gustare l’anatra alla pechinese. Prenotando e spendendo meno di 20 euro potete scegliere tra l’anatra più famosa di Pechino nel ristorante Quanjude (per informazioni, vedi link in basso) o se appartavi al Liqun (per informazioni, vedi link in basso) un luogo più intimo ma egualmente famoso se si fa fede ai ritratti appesi alle pareti.
Dormire. L’area ospita una serie infinita di pensioni e hotel che possono soddisfare ogni gusto. Proprio nel mezzo del vicolo di Dashilar c’è l’ostello 365 Inn China (per informazioni, vedi link in basso) (dai 3 euro per un letto in camerata ai 30 euro per una doppia con bagno in camera). Oppure il più defilato Far East Hotel (per informazioni, vedi link in basso) dove per circa 40 euro potrete dormire in una tipica casa a corte ristutturata.
Arrivare. Ormai non c’è praticamente compagnia area che non voli su Pechino. I prezzi per un volo a/r variano dai 400 agli 800 euro. Pechino è servita da un ottimo e moderno servizio di metropolitane, la fermata metro più vicina è Qianmen. Il biglietto per un viaggio è di 30 centesimi di euro. Altrimenti l’alternativa del taxi è sempre valida. Una corsa parte da un costo leggermente superiore a un euro. Tenete presente, però, che quasi nessun tassista parla inglese. Dovrete munirvi dell’indirizzo in caratteri cinesi del luogo dove state andando. Il personale degli hotel è abitato a questo tipo di richiesta.
Per informazioni: Huguang Huiguan – Tongrentang – Qianxiangyi – Beijing Design Week – Dashila(b) – Ubi Gallery – Tangroulou – Beijing Postcard – Tianhai – Quanjude – Liqun – 365 Inn China – Far East Hotel
[Scritto per Oggiviaggi.it]