Fiducia e cooperazione sono le parole che ritornano nei discorsi del settimo comitato intergovernativo tra Italia e Cina. Unica sbavatura un passaggio del discorso del ministro degli Esteri cinese Wang Yi che è parsa un’esortazione a non mettersi di traverso nel riconoscimento al Pechino dello status di economia di mercato in sede europea. Grande apprezzamento per l’indipendenza della politica estera italiana verso la Cina, con l’auspicio che Roma si faccia promotrice di rapporti più stretti tra l’Unione europea e la Repubblica popolare. Tradotto, il passaggio dell’intervento del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in apertura della settima riunione del comitato intergovernativo Italia-Cina suona come un’esortazione al governo affinché non si metta di traverso in sede comunitaria sulla concessione a Pechino dello status di economia di mercato.
Fonti diplomatiche riferiscono dell’insistenza cinese per ottenere il riconoscimento. Non è un mistero che l’Italia assieme alla Francia, sia il Paese che, contrapposta a un blocco nordico, chiede alla Commissione europea maggiore prudenza sulla decisione e sull’interpretazione dell’articolo del protocollo di adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio, che dovrebbe prevedere un automatismo della concessione dello status il prossimo dicembre.
Il tema sta creando attriti tra l’esecutivo comunitario e il Parlamento europeo, dove giovedì prossimo sarà messa ai voti una risoluzione che pur riconoscendo la Cina quale «partner commerciale strategico» chiede di tutelare le industrie del Continente dal dumping d’oltre Muraglia.
Secondo quanto risulta a China Files, l’argomento status di economia di mercato non è stato però trattato nel corso del colloquio tra i due capi della diplomazia. Era infatti un incontro bilaterale e il tema invece riguarda l’intera Unione europea.
Sia il padrone di casa, il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, sia l’ospite cinese Wang hanno rimarcato comunque «l’intensità e la stabilità»; del dialogo tra i due Paesi, con all’orizzonte la ricorrenza del 50° anniversario delle relazioni diplomatiche nel 2020. L’incontro è stato il terzo in tre anni. Il rappresentate cinese ha detto di essere pronto a ricevere Renzi il prossimo settembre in occasione del G20 di Hangzhou e si è augurato una prossima visita in Cina del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La riprova dei risultati di tale cooperazione è l’interscambio commerciale a quota 38,6 miliardi. La Cina è il terzo fornitore per la penisola e viceversa l’Italia è il quarto fornitore europeo per la Repubblica popolare. Nel 2015 inoltre l’Italia è stata seconda soltanto alla Gran Bretagna per investimenti cinesi ricevuti. Per Gentiloni è un segnale della fiducia di Pechino verso l’economia italiana e verso la spinta riformista del governo. Il numero uno della Farnesina si è augurato che tale flusso prosegua anche con investimenti industriali, capaci di sostenere la ripresa, e con contratti diretti tra le imprese, così come si cerca di fare nell’ambito del business forum creato nel 2014 durante la visita di Renzi in Cina, la cui sessione si è tenuta nel pomeriggio.
Di fiducia politica ha parlato anche Wang. L’esempio sono le pattuglie miste italo-cinesi che nelle intenzioni dovranno assistere i turisti a Roma e Milano e, per reciprocità, a Shanghai e Pechino, nonostante il programma lasci molti interrogativi, in particolare su cosa vengano a fare i poliziotti cinesi in Italia.
[Parte di questo articolo è uscita su MF-Milano Finanza]