Una Rete d’indagini

In by Gabriele Battaglia

È l’ennesimo caso di corruzione, ma non è un caso come tutti gli altri, per tre motivi. Primo: parte dalla denuncia da parte di un giornalista investigativo. Secondo: la denuncia è stata fatta sul microblog Weibo. Terzo: l’accusato è un pezzo grosso, “di livello ministeriale”, come si dice in Cina. Cinque mesi fa, alcuni post su Weibo di Luo Changping, editorialista del magazine economico Caijing, puntavano l’indice contro Liu Tienan, vice direttore della Commissione per lo sviluppo nazionale e le riforme (NDRC).

Secondo i post di Luo, Liu si sarebbe inventato un master in economia presso la Nagoya City University in Giappone (un “caso Giannino” secondo caratteristiche cinesi), sarebbe colluso con un uomo d’affari di nome Ni Ritao in una frode finanziaria ai danni delle banche cinesi e che riguarda un investimento in Canada, e avrebbe ricevuto tangenti dallo stesso Ni attraverso i propri familiari. Liu ha anche presumibilmente minacciato di morte una ex amante che, si immagina, lo ricattava.

Ieri, la Commissione centrale per la disciplina del Partito comunista, la massima agenzia anticorruzione, ha rilasciato una nota annunciando che Liu è “sospettato di gravi violazioni della disciplina, ed è ora sotto inchiesta da parte dell’organizzazione”.

Come si diceva, il caso rivela l’inedita potenza, nel contesto cinese, che si crea quando giornalismo investigativo e nuovi media si amplificano a vicenda. Ed è evidente che tale forza può emergere per il particolare momento storico che stiamo vivendo, segnato dalla campagna anticorruzione lanciata dal presidente Xi Jinping.

Il Global Times – versione pop del Quotidiano del Popolo – oltre a dare la notizia, si lancia in un editoriale che fin dal titolo rivela quella che sempre più appare la linea della leadership cinese: “L’opinione pubblica dà autorità all’effetto Weibo”. Tutto l’articolo è la sottolineatura di come una nuova Cina stia nascendo sulla base dell‘alleanza tra leadership, opinione pubblica e nuovi media.

“Questo caso consolida ulteriormente la fiducia presente nella società cinese che, fintanto che la corruzione e gli scandali sono reali e denunciati, i sospetti non rischiano di sfuggire alla punizione. Nella società cinese esiste una giustizia, grazie alla sempre più potente opinione pubblica e alla capacità delle istituzioni di correggere gli errori. Questo è il vero significato della democrazia e dello Stato di diritto che si stanno sviluppando in Cina”.

E chi è il nemico? Le sacche di potere costituito che si inchinano di fronte ai funzionari corrotti e li proteggono (in questo caso, la NDRC smentì subito la denuncia di Luo Changping, facendo quadrato attorno a Liu Tienan).

A seguire, si legge anche un pensiero che ci sembra molto avanzato: “L’armonia sociale nello stile della Cina sta subendo sottili cambiamenti. La supervisione e gli sforzi anti-corruzione di Weibo hanno creato non solo risultati costruttivi, ma anche un metro [un indicatore, ndr] del conflitto. È così fondamentale acquisirli entrambi e tenerne conto per ridefinire l’armonia sociale nell’era di Internet”. Che in Cina, in un giornale ufficiale, si senta parlare di “conflitto” come di qualche cosa non da fuggire come la peste ma da “acquisire” e di cui tenere conto per raggiungere un livello superiore di armonia è poco meno che clamoroso. Tutto l’editoriale appare in definitiva come uno sdoganamento ufficiale di Weibo come protagonista dell’evoluzione politica cinese.

Quanto al “pezzo grosso” Liu Tienan, va detto che appare come il tipico caso esemplare che mancava ancora alla campagna di Xi. “Colpirne uno per educarne cento” è una massima che da queste parti funziona ancora piuttosto efficacemente e, in base alle notizie disponibili, il disgraziato Liu non sembra averla combinata più grossa di migliaia di altri funzionari corrotti.

Ma lui è “di livello ministeriale” e quindi capita come la soia sui ravioli in un contesto in cui da più parti si denunciano i tanti trucchi e trucchetti con cui funzionari di tutti i livelli continuano ad aggirare le nuove direttive “contro gli eccessi”.

Nelle ultime settimane, in particolare, un’opinione pubblica già alquanto sfiduciata ha assistito a un vero e proprio fuoco di fila di scandali sessuali, tra cui quello di un funzionario del nordest che manteneva in un lussuoso appartamento due amanti, descritte dalle prime note d’agenzia come “gemelle”; lui, per difendersi, pare abbia dichiarato: “Non è vero, solo solo sorelle!”. Di fronte a casi come questo, che rivelano non solo l’abuso ma anche la perdita di qualsiasi consapevolezza dell’abuso stesso, a Pechino devono avere sospirato, alzato gli occhi al cielo e detto “basta”, ora bisogna fare sul serio.

Ne fa le spese il funzionario Liu, “di livello ministeriale”. Non è escluso che in futuro cadano altre teste eccellenti.

[Scritto per Lettera43; ]