Una nuova Wukan

In by Simone

A Pechino è riunita l’Assemblea nazionale del popolo ma in un villaggio del Guangdong una nuova rivolta fa tornare la mente a Wukan. E’ sempre la stessa storia: espropri forzati di terre, corruzione dei funzionari locali e speculazione edilizia. E la volonta calata dall’alto di mantenere l stabilità a qualunque costo.
Mentre i politici cinesi sono radunati nella Grande Sala del Popolo a Pechino per l’appuntamento annuale legislativo (l’Assemblea Nazionale del Popolo è quanto di più simile ad un parlamento esiste in Cina), in un villaggio del Guangdong a Shangpu, dopo giorni di scontri e proteste, i cittadini continuano a chiedere elezioni e democrazia, mentre la polizia in attesa di ordini da Pechino, ha circondato il villaggio. All’origine delle proteste l’ennesimo caso di vendita illegale di terre e corruzione dei funzionari locali, con tanto di invio di spedizioni punitive contro gli abitanti. Questi ultimi stanno vivendo tra il terrore e l’attesa che la situazione si sblocchi, temendo una consueta mano pesante da parte delle autorità. Del resto la sconfitta dei rivoltosi, è spesso l’esito scontato dei cosiddetti “incidenti di massa” in Cina.

L’evento ha confermato la fissazione della dirigenza cinese per quello che è il concetto del “mantenimento della stabilità”: non a caso l’aumento delle spese militari (114 miliardi di dollari) comunicato oggi dal governo cinese, è ancora una volta inferiore, per il terzo anno consecutivo, alle spese per garantire la sicurezza interna (128 miliardi di dollari). Gli “incidenti di massa”, come vengono chiamati in Cina le rivolte, gli scioperi, o qualsiasi forma di dissenso contro le autorità, sono infatti centinaia di migliaia all’anno (il numero ufficiale non viene più comunicato da tempo, ma secondo stime informali si aggira su 180mila casi all’anno). Specie nelle province più periferiche le cause che scatenano le proteste sono i comportamenti disonesti e corrotti dei funzionari del Partito, che a causa della mancanza di controlli godono della più completa impunità.

Shangpu è un paesino del Guangdong, uno dei polmoni economici della Cina, che da solo produce un quinto delle sue esportazioni. Non è molto distante da Wukan, il villaggio di pescatori che un anno fa insorse chiedendo elezioni, ottenendole e votando infine come nuovi capi i leader delle proteste. A Shangpu sta succedendo qualcosa di simile, anche se con meno clamore mediatico (all’epoca a Wukan i rivoltosi organizzarono un media center, nel quale ricevere i corrispondenti stranieri e forse anche per questo il villaggio si guadagnò l’appellativo internazionale di “comune di Parigi cinese”). Il casus belli è il seguente: alcune terre erano state affittate dallo stato ad un uomo d’affari considerato molto vicino al capo del villaggio, Li Baoyu. La stranezza sta nel fatto che l’affitto è stato ritenuto molto basso dagli abitanti del villaggio e più di tutto dalla durata completamente inusuale, 50 anni. A quel punto la popolazione ha chiesto la deposizione di Li Baoyu e nuove elezioni.

Un abitante del villaggio di Shangpu ha affermato che la prima reazione delle autorità – a fine febbraio – sarebbe stata quella di sospendere l’erogazione di acqua per l’irrigazione dei terreni agricoli. Un giornalista cinese specializzato, che ha recentemente visitato Shangpu ha raccontato che “bloccare la fornitura di acqua rappresenta un escamotage delle amministrazioni locali coinvolte in sequestri di terreni, perché danneggiare l’irrigazione e spegnere l’acqua rende il terreno agricolo troppo asciutto per essere coltivato”. Non solo, perché all’aumento delle proteste della popolazione, le autorità hanno mandato una “spedizione punitiva” composta da teppisti radunati dalle zone vicine, contro chi protestava.

Gli abitanti del villaggio hanno combattuto e tentato di resistere all’assalto, tanto che ancora oggi – secondo testimonianze – sulle strade di Shangpu si possono vedere i resti della battaglia. Utilizzando canne di bambù e mattoni presi da un cantiere nelle vicinanze, gli abitanti di Shangpu hanno respinto gli attacchi sfogando infine la propria rabbia contro automobili e arredi urbani. Secondo quanto testimoniato da persone che hanno preso parte agli scontri, i teppisti arruolati dai funzionari erano anche armati di coltelli e pistole. Al termine dello scontro, almeno otto abitanti del villaggio sono stati feriti.

Al momento la zona pare sia stata circondata, mentre notizie non confermate, raccontano di una deposizione del capo del villaggio. Quello che gli abitanti di Shangpu temono più di tutto, però, è che la fine dell’Assemblea Nazionale possa determinare una risposta violenta, da parte del governo. Del resto un anno dopo l’esperienza di Wukan, i media cinesi hanno spinto molto riguardo il concetto di “fallimento” dell’esperimento democratico. Un viatico che non annuncia niente di buono per gli abitanti di Shangpu: “ai fini del mantenimento della stabilità, le autorità non desiderano utilizzare misure coercitive prima della fine dell’Assemblea Nazionale”, ha specificato un abitante. Ma dopo sarà ancora così? Con questo inquietante interrogativo gli abitanti di Shangpu vivono la fine della sessione parlamentare a Pechino.

[Scritto per Lettera43; foto credits: rfa.org]