Come già per la guerra in Iraq e in Afghanistan, anche la guerra in Ucraina viene osservata con grande attenzione dall’esercito cinese.
Per gli eserciti di tutto il mondo, e specie per quelli dei paesi più potenti, la guerra in Ucraina è un’occasione unica per vedere il comportamento dei russi, la loro strategia, lo stato dell’innovazione militare, e la reazione ucraina sostenuta da Stati Uniti e alleati occidentali.
Come già per la guerra in Iraq e in Afghanistan, anche la guerra in Ucraina viene dunque osservata con grande attenzione dall’esercito cinese. Pur osservando da tempo quanto bolle in pentola negli Usa, Pechino ha di sicuro una stretta connessione con l’esercito russo, concretizzata in esercitazioni e grande studio di tecniche e strategie.
La retorica dei media cinesi nel corso del tempo ha diffuso anche tra l’opinione pubblica l’idea che Putin, «il grande leader», non possa che guidare un grande esercito, moderno, efficiente e implacabile. L’esercito cinese – dal canto suo – si è modernizzato (proprio come quello russo), ha superato diverse fasi nella storia del paese concomitante con le riflessioni sull’«ascesa pacifica» e sulla deterrenza nucleare e ora i suoi generali si ritrovano ad analizzare un conflitto vero dal quale prendere spunti. Un conto infatti sono le esercitazioni, un conto la guerra vera.
David Finkelstein, in un articolo molto ben informato su warontherocks, prova – con l’ausilio di dritte che arrivano da fonti – a spiegare perché, in sostanza, l’esercito cinese (Pla) sia piuttosto deluso dalle prestazioni dei russi per quattro motivi principali, che corrispondono a quattro violazioni dei «principi di base» come riconosciuti dal Pla.
Intanto, «l’esercito russo ha chiaramente sottovalutato il “nemico” mentre apparentemente ha sopravvalutato le proprie capacità». Poi all’inizio delle ostilità, «è probabile che le operazioni di Mosca abbiano violato il principio del coordinamento unificato».
In questo senso si tratta di un elemento messo in evidenza da molti analisti militari: la Russia sta combattendo con metodi che la Cina e altri eserciti, da anni, si stanno preparando a non utilizzare più, perché Pechino si sta preparando ormai a quanto richiede la guerra oggi, ovvero una «unità di sforzi e integrazione tra i servizi su terra, mare, aria e nella cyber warfare, il tutto sotto una struttura di comando e controllo unificata».
Su questo punto anche su DefenseOne si legge che «Tra le molte questioni che hanno contribuito ai guai fisici sul campo di battaglia della Russia in Ucraina, una delle più importanti è stata la mancanza di efficaci operazioni armate congiunte o combinate, ampiamente considerate essenziali per qualsiasi forza di combattimento moderna efficace. Lo scarso livello di coordinamento della Russia tra i suoi vari servizi e filiali può solo essere generosamente descritto come incompetente».
Il terzo punto per Finkelstein è il seguente: «gli apparenti problemi russi con la logistica e altre funzioni di supporto dei servizi di combattimento suggeriranno agli analisti del Pla che la Russia non ha seguito il principio del supporto globale». Infine, fin dall’inizio, «Mosca non ha aderito, né apparentemente ha nemmeno tentato di raggiungere, il principio universale della guerra: la sorpresa».
C’è però un aspetto sul quale i cinesi possono invece sentirsi sollevati: l’esercito russo ha mostrato estreme carenze di natura psicologica; il fatto di aver perso, dicono gli analisti, la battaglia della propaganda e dell’infowar ha portato a un crollo del morale delle truppe. Si legge su DefenseOne: «I coscritti russi non sono solo scarsamente addestrati, ma soffrono anche di morale basso. Molti non sapevano che cosa andassero a fare in Ucraina, o addirittura molti non sapevano neanche di doverci andare. Al contrario, il Pla pone una forte enfasi sull’educazione politica del personale e i coscritti cinesi sono stati educati fin dalla tenera età a credere nella necessità di “liberare” Taiwan».
Interessante infine la riflessione del taiwanese Ying-Yu Lin su The Diplomat che, oltre a entrare nel dettaglio di armamenti e strategie che la guerra in Ucraina potrebbe suggerire alla Cina per quanto riguarda una (notevolmente rischiosa) invasione di Taiwan, conclude sostenendo che «Comunque sia, la guerra è ancora un’estensione della politica. Un piccolo paese può avere abbastanza coraggio e volontà per portare un grande paese a pensarci due volte prima di usare la forza».
È quello che dovrebbe fare Taiwan, sfruttare tutte le leve diplomatiche e internazionali per fare capire alla Cina che una operazione militare potrebbe finire proprio come l’Ucraina per Putin.
Di Simone Pieranni
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.