L’ establishment cinese ha già pronto un piano di riforme del sistema giudiziario. Particolare attenzione, a giudicare dai temi del Libro Bianco presentato ieri, sarà dedicata alla questione dei diritti umani. Torna quindi al centro del dibattito la questione laojiao, di cui sarebbe già allo studio una riforma. La Cina procederà presto a una riforma – ma non abolizione – del sistema della rieducazione attraverso il lavoro, più noto come laojiao o laogai. Questo prevede per alcune categorie di criminali lo sconto di una pena ai lavori forzati in speciali campi di lavoro, senza previo processo.
Un sistema, quello del laodong jiaoyang, letteralmente "rieducazione attraverso il lavoro", solitamente abbreviato in laojiao – finito al centro dell’attenzione internazionale per non rispettare i diritti civili dei cittadini e per essere facile strumento di abuso da parte delle forze dell’ordine. Il laojiao, infatti, si basa sul giudizio di una commissione amministrativa, interna alla polizia, che commina la pena al colpevole di un reato senza passare dall’autorità giudiziaria.
Durante la conferenza stampa di presentazione del "Libro bianco" sulla riforma giudiziaria cinese, il primo nel suo genere nella storia della Repubblica popolare cinese, il portavoce dell’ Ufficio di informazione del governo di Pechino e capo di una commissione governativa per le riforme della giustizia, Jiang Wei, ha ricordato i passi da gigante compiuti in anni recenti dal sistema giudiziario cinese. Ha ammesso che tuttavia "rimangono alcune lacune nei regolamenti e nelle procedure". E un accenno alla riforma del laojiao è arrivato a stretto giro.
"La necessità delle riforme (in ambito giudiziario, ndr) è stata sottolineata da più parti. Le autorità hanno ascoltato il parere di esperti e legislatori e stanno ora lavorando a un piano in tal senso", ha continuato Jiang. Il quale ha altresì ricordato che l’attuale sistema legislativo cinese è stato finora fondamentale nel mantenere l’"ordine sociale"nel Paese di mezzo.
Il sistema dei campi di rieducazione è stato introdotto nel 1957, nei primi anni di vita della Rpc. Inizialmente pensato come prigione per gli oppositori al regime comunista, ora il laojiao è soprattutto un deterrente contro la microcriminalità, e in particolare contro i reati prostituzione e tossicodipendenza. Tuttavia attualmente finiscono in campo di rieducazione anche colpevoli di crimini "contro lo Stato" e "terrorismo".
Secondo dati diffusi dal Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni unite, attualmente sarebbero circa 190mila i cinesi rinchiusi in 320 campi di lavoro. Dato contestato dai media ufficiali, che ancora un mese fa ammettevano la presenza di "soli" 60mila detenuti. La stessa società civile cinese non è però rimasta a guardare: lo scorso settembre sono state raccolte poco più di 7mila firme per l’abolizione dal sistema penale cinese della rieducazione attraverso il lavoro.
Anche il Global Times, quotidiano ufficiale del Partito comunista cinese in lingua inglese, oggi dà conto della conferenza stampa di ieri e del costante impegno del governo di Pechino per garantire continuità alle riforme. L’idea è sempre più quella di "venire incontro alle crescenti aspettative del popolo verso la giustizia sociale, ma senza copiare pedestremente dai Paesi stranieri".
Pur riconoscendo l’importanza di imparare dalle lezioni altrui, "I problemi possono essere risolti solamente attraverso una via cinese e la sua saggezza", ha dichiarato ancora Jiang, che ha aggiunto: "copiare dagli altri Paesi potrebbe portare a una conclusione sbagliata".
[Scritto per Lettera43; foto credits: boxun.com]*Marco Zappa nasce a Torino nel 1988. Fa il liceo sopra un mercato rionale, si laurea, attraversa la Pianura padana e approda a Venezia, con la scusa della specialistica. Qui scopre le polpette di Renato e che la risposta ad ogni quesito sta "de là". Va e viene dal Giappone, ritorna in Italia e si ri-laurea. Fa infine rotta verso Pechino dove viene accolto da China Files. In futuro, vorrebbe lanciarsi nel giornalismo grafico.