Un libro al giorno… Narcopolis

In by Simone

Narcopolis (14,02 € o 8,99 € ebook)  poteva essere l’ennesimo romanzo ambientato nella megalopoli per eccellenza, Mumbai; un racconto di povertà e miseria osservata dall’alto verso il basso. Jeet Tahyil fa raccontare la città degli ultimi agli ultimi: tossicodipendenti, puttane, magnaccia e disperati. China Files ve ne regala un estratto (per gentile concessione della casa editrice Neri Pozza).
Mi capitò di ascoltare una conversazione – o per meglio dire un alterco – fra un magnaccia e un uomo alto, con il segno castale tracciato sulla fronte. Lo spilungone calzava stivaletti da cowboy e si era rifiutato di lasciarli sulla porta. Non riuscivo a sentire il magnaccia, ma era difficile ignorare la voce dell’altro. Aveva detto al magnaccia che la legge di domanda e offerta è valida dappertutto, comprese le fottute topaie del fottuto Terzo Mondo. Sei infantile, continuò. Non devi prenderla come un’offesa personale se le tue puttane non attirano la gente. Devi chiederti come risolvere la situazione. Forse hai solo bisogno di un certificato. Controlli medici regolari, ecco la soluzione, amico mio. I risultati delle analisi appesi al muro, in modo che li vedano tutti, ma solo se sono negativi. Il magnaccia era un colosso con la faccia butterata e denti troppo grandi che spuntavano dalle labbra. Aveva la bocca aperta, come se ansimasse, ma rispose in tono piatto: Hai detto che sono infantile? Aveva ripetuto la parola hindi raffinata usata dall’altro, bachpana. Avrebbe potuto afferrare l’antagonista e spaccarlo in due senza versare una goccia di sudore. Lo aveva dissuaso l’espressione sul volto dello spilungone, che era tranquillo, come se tenesse una pistola sotto la camicia, o come minimo un coltello. «Sono solo chiacchiere da sballati» spiegò lo spilungone quando il magnaccia con la faccia da cane se ne andò. Aveva un paio di cuffie attorno al collo, e sentii una strana musica che pulsava nell’aria. «Gli ho detto qualcosa, si è arrabbiato, ma poi si è cagato sotto. Vuoi sapere una cosa?»
Abbassò leggermente il tono di voce, il che servì solo ad attirare l’attenzione degli uomini attorno a noi. Disse: i magnaccia sono dei vigliacchi. I magnaccia non valgono un cazzo. Fanno soldi sfruttando deboli e malati, uomini e donne che hanno rinunciato alla loro volontà, hanno smesso di lottare e di resistere, e vogliono solo morire. Se sai che un magnaccia è solo un piccolo stronzo vigliacco non hai problemi, puoi opporti a lui come un vero uomo. bisogna affrontare la realtà, e la realtà è che la vita è una barzelletta, una brutta barzelletta del cazzo, anzi un cazzo di brutta barzelletta. Non serve prenderla seriamente perché quando capita, voglio dire, qualsiasi cazzata ti succeda, la battuta finale della barzelletta è sempre la stessa, finisci lungo disteso. Capisci cosa voglio dire? Non c’è un cazzo da capire.
Ho pensato: sta cercando d’impressionarmi. Ho pensato: i chanduli sono schiavi della pipa, la pipa ci fa sentire inferiori agli altri, e cerchiamo di recuperare con menzogne e vanterie.

Poi lo spilungone si è seduto e ha urlato rivolto a bengali, dall’altra parte della stanza: «Capo, posso avere una pyali, prima o poi? sono qui da mezzora e sono stufo di aspettare». Qualcuno tossì, e la stanza piombò nel silenzio. Con estrema riluttanza – o almeno così mi sembrò – bengali mise una pyali sul vassoio di Dimple.
«Non credo che qui tu sia molto gradito» dissi.
«Ah, vaffanculo, mica vengo sguarnito in un posto del genere» rispose lanciando un’occhiata allusiva alla sua borsa. «Allora, tu di dove sei?»
«Kerala, india del sud».
«La terra dell’undu gundu, capisco. Hai dei problemi in città?»
«Solo se faccio l’errore di parlare in malayalam alla gente del posto».
«La gente del posto? Quelli come me, intendi? Be’, non devi preoccuparti, le cose stanno cambiando, voi del sud non avrete più problemi. Adesso puntiamo a prede più grosse». Abbassò la voce e disse: «I mussie. Musulmani».
«È questa la nuova strategia per ottenere consensi e generare profitto?» si appoggiò su un gomito per guardarmi meglio.
«Dovresti tenere a freno la lingua, capo. Forse sei pieno d’oppio e te ne sbatti. Forse cerchi un modo facile per farla finita. O forse hai il cervello bacato come il mio». sorrise. Un sorriso largo e strafottente, e quando mi
tese la mano la stretta era forte e umida.
«Comunque io mi chiamo Rumi, e tu?»
«Dom».
«Con un nome del genere sei fottuto. Con questa gente hai in comune solo il fumo».
Chiesi: «Che musica ascolti?»

Mi allungò le cuffie.
Un suono acuto, come la colonna sonora di un film in cui sono state messe insieme scene prese a caso, oppure con sequenze audio tagliate e invertite, o scombinate intenzionalmente. Un tintinnio di bottiglie e una porta che si apre. Il fragore di uno sparo. Un bambino che sussurra: Lui è qui? Dov’è? Una donna che piange e dice: Nahin, nahin. Scroscio d’acqua che cade da una grande altezza. Porta che cigola e sbatte, bottiglia infranta su un pavimento di piastrelle. Voce acuta di una donna che sprofonda di ottava in ottava, fragore di uno sparo. Uomo che ansima come un cane. Pianto di un bambino e suono d’acqua che lambisce una barca, o un corpo. Schiocco di una bottiglia di champagne, un campanello che squilla. La chitarra di James bond sullo sfondo di archi da western. Il bambino che dice: é qui. Qui dove? La voce della donna, affogata nel riverbero e nel whisky, che esegue un’altra perfetta scala discendente, e io sento la testa che mi cade come per un attacco di vertigini. Sento il suono dell’acqua e Dimple mi passa la pipa. L’accosto alle labbra e sento un uomo urlare: Monica, mia cara! e le vertigini diventano così forti che devo chiudere gli occhi. Poi una donna dice: Lui è qui? e un bambino sussurra: Nahin, poi echeggia uno sparo e tutto sprofonda nel silenzio.
Mi tolsi le cuffie e le restituii a Rumi.
Rispose: «Il blues di Bombay».

*Jeet Tahyil è nato in Kerala nel 1959 e attualmente vive a Delhi. Ha studiato a Hong Kong, New York e Bombay, città nelle quali suo padre lavorava come editore e scrittore. Thayil è uno dei più noti poeti indiani, autore di quattro raccolte di poesia e curatore di Bloodaxe Book of Contemporary.