La tassa sulle seconde, terze (o quarantunesime) case potrebbe trasformarsi da esperimento a politica nazionale. Questo almeno trapela dalle prime indiscrezioni sui media cinesi che iniziano a occuparsi del Terzo plenum del Partito comunista cinese. Dove si cercherà di dare continuità al nuovo "modello Xi-Li". Mentre in Italia si discute di Imu un giorno sì e l’altro pure con il proposito di toglierla, la tassazione della proprietà immobiliare potrebbe rappresentare invece la grande svolta per la Cina del futuro, se si riveleranno esatte le indiscrezioni riportate dai media secondo cui il Terzo Plenum del Partito comunista di novembre estenderà a tutto il Paese la “tassa sulla proprietà” già in vigore a Shanghai e Chongqing.
È un balzello che prende di mira le seconde, terze, quarte e talvolta quarantunesime case dei ricchi cinesi, cioè quell’accumulo di capitale improduttivo e speculativo che ha creato un’enorme bolla immobiliare, destabilizzante per l’economia cinese perché risucchia come in buco nero investimenti che dovrebbero invece essere destinati al salto qualitativo del sistema Cina.
Il riferimento al 41 non è casuale, dato che nel febbraio scorso fece scalpore il caso una funzionaria originaria dello Shaanxi – immediatamente soprannominata “sorella casa” – che possedeva a Pechino proprio quel numero di proprietà, per un totale di diecimila metri quadri. Giusto per farsi un’idea sulla consistenza del fenomeno.
Le indiscrezioni sull’estensione della tassa sono riprese dai maggiori media cinesi, segno che c’è del vero. Il Terzo Plenum del Comitato Centrale dovrebbe dettare le linee guida per trasformare l’economia cinese dal “modello Deng”, fondato su investimenti, basso costo del lavoro ed esportazioni, al nuovo “modello Xi” (o forse sarebbe meglio dire Li, dato che il nume tutelare del cambiamento è il premier Li Keqiang): consumi interni, produzioni ad alto valore aggiunto e svolta qualitativa di tutto il sistema; meno crescita, ma più equilibrata.
In quella sede – dice il Global Times – si approverà “un’ulteriore mossa per controllare il mercato immobiliare surriscaldato e diversificare le risorse fiscali”. Sarà “un meccanismo esteso di macro-controllo a lungo termine che comprenderà la tassa sulla proprietà e la costruzione di alloggi a prezzi accessibili”.
Nel 2011, la Cina ha iniziato una programma pilota di tassazione delle case a Shanghai e Chongqing. Tale imposta – dicono oggi i media di Pechino – è ampiamente applicata in molti Paesi occidentali, ma la Cina non ha ancora fatto questo passo. Ciò ha spinto molte persone a comprare residenze per poi lasciarle vuote, in attesa di rivenderle quando i prezzi aumenteranno.
Il governo centrale ha cercato più volte di sgonfiare la bolla, rendendo difficile il credito bancario per investimenti immobiliari e mutui. Tuttavia, nell’ultimo anno i prezzi non hanno fatto che crescere. Nelle principali cento città del Paese, il costo degli appartamenti di nuova costruzione è aumentato dell’1,07 per cento anche a settembre, il sedicesimo aumento mensile consecutivo dal giugno 2012, secondo il China Index Academy, istituto di ricerca immobiliare con sede a Pechino.
Gli analisti dicono che l’aumento dei prezzi è in parte dovuto a una limitata offerta di case e che aumentarla potrebbe contribuire a raffreddare il mercato. Sembra un paradosso, ma non lo è: il punto è che mancano le case a prezzi accessibili, mentre continua la costruzione immobili a puro fine speculativo, che restano vuoti ma intanto si “gonfiano” artificialmente.
All’origine, le restrizioni per i cinesi nell’investire in altri settori, unite alla sostanziale mancanza di un welfare. Così, il mattone diventa il bene rifugio, l’assicurazione che può garantire una rendita per la vecchiaia o per la malattia. Bisogna quindi accompagnare la tassazione della proprietà a un grande progetto di edilizia a prezzi accessibili, di modo che chi ha realmente bisogno della casa per abitarci non sia penalizzato. È in questa direzione che sembrerebbe orientarsi la leadership cinese.
“Se la tassa di proprietà entrerà in vigore, un’enorme quantità di appartamenti esistenti sarà probabilmente venduta”, ha dichiarato al Global Times Hu Jin Hui, vicepresidente di una grande agenzia immobiliare. Secondo lui, in tal caso si verificherà un eccesso di offerta di appartamenti di seconda mano per due o tre anni, almeno nelle grandi città. Più che una previsione, per chiunque si sia trovato a contrattare con proprietari e intermediari almeno una volta nella vita, si tratta di un auspicio.
Oltre a raffreddare il mercato, la tassa diversificherebbe le risorse fiscali per i governi locali, cronicamente in rosso. Per colmare i buchi, le autorità locali devono spesso ricorrere alla vendita di terreni agli stessi “developer” (leggi “palazzinari”), sottraendoli ai contadini e alla produzione agricola. Si crea così quel circolo vizioso che provoca la cementificazione della Cina e la migrazione di massa della popolazione rurale.
Si capisce quindi come una bella fetta di trasformazione della Cina possa passare anche da un semplice balzello.
[Scritto per Lettera43; foto credits: scmp.com]