“Le più belle sonate, le arie per flauto più melodiose e brillanti di Blavet, niente di tutto ciò faceva impressione sui cinesi. Sui loro volti non vedevo che un’espressione fredda e distratta e con ciò mi rendevo conto che non li avevo minimamente commossi. Domandai loro un giorno come trovavano la nostra musica e li pregai di dirmi naturalmente quel che ne pensassero. Mi risposero, facendo il massimo sforzo per essere cortesi, che le nostre arie non erano fatte per le loro orecchie, né le loro orecchie per le nostre arie, non era affatto strano che non fossero sensibili alla bellezza delle nostre allo stesso modo in cui lo erano alla bellezza delle loro.”
Joseph-Marie Amiot, Mémoire sur la musique des Chinois, 1779
Se il mondo cinese era misterioso, il suo universo musicale lo era ancora di più ai primi gesuiti che arrivarono nel paese. Questo testo si propone di analizzare alcune caratteristiche dell’universo musicale cinese; in particolare, si è voluto trattare questo tema dal il punto di vista dei missionari gesuiti del diciottesimo secolo, i quali, con i loro studi, traduzioni e documenti, segnarono un punto di svolta nella conoscenza della cultura cinese da parte dell’Europa, in un tempo in cui era ancora limitata e popolata di racconti fantastici.
Il testo è diviso in cinque capitoli. Nel primo capitolo viene data una descrizione della suddivisione del territorio cinese da un punto di vista musicale. Essendo un soggetto molto vasto, e non esauribile in poche pagine, questa prima parte ha lo scopo di fornire le informazioni necessarie per dare un inquadramento generale del tema. Vengono descritti i principali strumenti e generi delle varie “macroregioni”, secondo la descrizione riportata nell’Enciclopedia New Grove Dictionary of Music and Musicians di Grove, 1980. Segue una parte storica, che riassume i punti principali dell’evoluzione musicale in Cina, i generi popolari e l’uso che ne veniva fatto a corte, le principali filosofie che ne hanno plasmato la forma, con alcuni esempi dei generi sorti durante le dinastie e le varie contaminazioni delle dominazioni non-Han, fino agli anni più recenti.
Il secondo capitolo introduce gli avvenimenti storici che hanno portato ai primi viaggi dei missionari gesuiti in Asia; i primi padri che attraversarono i mari e le impressioni che ebbero, i tentativi e le difficoltà nell’entrare a far parte della società cinese, nella quale i mercanti europei del passato avevano lasciato un’impressione negativa degli occidentali, ed in cui il proselitismo dei gesuiti non era sempre visto di buon occhio. Si dedica poi una parte a ciò che avvenne in Europa in reazione ai primi documenti che i missionari inviarono ai committenti europei; la grande curiosità verso gli oggetti e la cultura cinese ebbe in questi secoli il suo maggiore sviluppo. Molte furono le opere che narrarono, con maggiore o minore veridicità, del Celeste Impero. Nella parte successiva si vedranno i tentativi dei gesuiti di avvicinarsi alla corte imperiale (essi, infatti, ritenevano che il modo migliore per convertire la popolazione dovesse partire “dall’alto”, cioè dalle più alte cariche e, più ambiziosamente, dall’imperatore) e l’accoglienza datagli dai vari imperatori, che in molti casi diedero ai missionari cariche ufficiali al servizio dell’impero. Si riportano così le notizie dei missionari gesuiti ai quali si devono le prime documentazioni in materia musicale. La trattazione di questo tema era ardua per molteplici motivi, prima di tutto linguistici ma anche legati alla natura della musica cinese, non di facile interpretazione per i canoni musicali occidentali dell’epoca e, in ultimo, per le scarse conoscenze dei missionari in materia musicale. Si considera tuttavia interessante il modo, talvolta impreciso, oscuro o estremamente critico, in cui essi studiarono, tradussero e commentarono ciò che avevano avuto modo di scoprire in merito alla musica cinese.
Il terzo capitolo dedica spazio ai lineamenti generali della musica cosiddetta “classica” cinese, gettando luce inoltre su alcuni importanti principi della cosmologia cinese, che configura rapporti di analogia fra i vari aspetti della realtà, in cui la musica occupa un posto di grande rilevanza.
Il quarto capitolo tratta l’opera Mémoire sur la musique des Chinois, del gesuita Joseph-Marie Amiot (1718-1793), che rappresenta il primo studio dettagliato e approfondito dell’epoca in merito alla musica cinese. Il gesuita francese Amiot non è fra i più citati nei testi che raccolgono notizie dei padri missionari, né si ha un epistolario esauriente che testimoni i contatti che ebbe con i corrispondenti occidentali. Gran parte delle notizie biografiche sono riportate nel libro di Camille De Rochemonteix Joseph Amiot et les derniers survivants de la mission française a Pékin (1750-1800) del 1915, insieme con alcuni documenti riportati nelle Lettres édifiantes et curieuses concernant l’Asie, l’Afrique et l’Amérique di Aimé-Martin, che colleziona molte epistole curiose su aneddoti, viaggi e avvenimenti che i missionari inviavano ai loro corrispondenti d’oltreoceano; Amiot non è dunque fra i più conosciuti, ma fu considerato con grande stima da parte dei suoi amici e corrispondenti, come si evince dagli innumerevoli elogi che vengono fatti alla sua opera, frutto di grande zelo. Oltre alla lingua ed alla dottrina religiosa, Amiot non si dedicò soltanto alla musica, ma scrisse anche molti trattati sull’arte militare (fu il primo a cimentarsi nella traduzione del Sunzi bingfa 孫子兵法, la celeberrima opera “Arte della Guerra” di Sun Tzu), sulle danze rituali, i pesi e le misure cinesi, oltre a scrivere un Dictionnaire tatar-mandchou-français. Nel capitolo a lui dedicato si illustrano le principali motivazioni che lo indussero a cimentarsi nello studio musicale. Segue una sezione dedicata al frutto di tali studi, il Mémoire sur la musique des Chinois, la sua struttura ed i temi principali.
L’ultimo capitolo è dedicato all’ “Inno cinese in onore degli antenati”, al quale si accompagnavano danze e offerte rituali di cui il gesuita ci dona una vivida e dettagliata descrizione.
*Deianira Iozzi deianira.iozzi@gmail.com. Laureata con lode in Mediazione Linguistica e Culturale e diplomata in flauto traverso, ha insegnato alla Tianjin University of Technology 天津理工大学, per poi proseguire gli studi musicali e linguistici alla Nanjing Normal University 南京师范大学, grazie a una borsa di studio. Ha recentemente completato un Master in Etnomusicologia alla SOAS (School of Oriental and African Studies) University of London, specializzandosi sui sistemi musicali dell’est asiatico, sulla musica e guarigione, e sull’etnomusicologia storica.
**Questa tesi è stata discussa nel 2013 all’Università per Stranieri di Siena. Titolo originale: “Joseph-Marie Amiot. I primi studi di musica cinese dei missionari gesuiti francesi in Cina”. Relatrice: Prof.ssa Anna Di Toro, Correlatore: Prof. Daniele Fusi (dell’Istituto Superiore di Studi Musicali R.Franci).