Non sono rockstar, attori o modelli, ma tutor king e tutor queen, insegnanti privati che, lasciandosi alle spalle il paludato grigiore che da sempre accompagna le “ripetizioni” scolastiche, hanno deciso di trasformare la propria attività in un business. Un fenomeno che nasce a Hong Kong per poi diffondersi rapidamente in tutta l’Asia orientale.
Sette giorni su sette osservano la folla dall’alto di immensi cartelloni pubblicitari sparsi lungo le strade, le piazze e le facciate dei centri commerciali. Il loro sguardo è sicuro e ammiccante, il viso incorniciato da capigliature all’ultimo grido, la loro unica preoccupazione sembra essere quella di esibire un sorriso perlaceo che i fari delle auto di passaggio rendono a tratti abbagliante. Flessuosi e snelli nei loro abiti firmati, compaiono sulle riviste di gossip e in televisione nei programmi più seguiti, mentre i giornalisti fanno a gara per intervistarli e i loro profili sui social network ricevono ogni giorno centinaia di migliaia di click. Non sono rockstar, attori o modelli, ma tutor king e tutor queen, insegnanti privati che, lasciandosi alle spalle il paludato grigiore che da sempre accompagna le “ripetizioni” scolastiche, hanno deciso di trasformare la propria attività in un business che ormai non ha più niente da invidiare a quello che ruota intorno allo star system.
Il fenomeno è nato a Hong Kong e rapidamente si è diffuso nel resto della Cina, in Giappone, Corea del Sud e Thailandia, fino ad arrivare in India e in Sri Lanka. Paesi in cui il successo economico e l’affermazione sociale sono spesso collegati ai risultati raggiunti durante le scuole superiori. Ottenere un diploma in un istituto di prestigio con il massimo dei voti apre le porte delle migliori università e consente di affacciarsi sul mondo del lavoro stando un gradino sopra gli altri. Tra le famiglie più agiate è prassi consolidata quella di affidarsi a insegnanti privati capaci di trasformare i rampolli in macchine da guerra scolastiche, in grado di macinare corsi su corsi ottenendo il massimo punteggio ad ogni esame. Ma ormai anche i genitori delle classi meno abbienti fanno di tutto per garantire ai propri figli l’appoggio di un personal trainer per gli studi, almeno in prossimità delle prove più importanti. Magari accontentandosi di uno dei sempre più diffusi pacchetti speciali per gruppi di studenti, o addirittura di lezioni via facebook, telefoniche o in dvd.
Uno studio della Banca asiatica dello sviluppo citato dalla Bbc ha rivelato che il 72 per cento degli studenti di Hong Kong ricorre ai tutor scolastici, mentre in Corea del si arriva al 90 per cento del totale. E anche negli altri Paesi asiatici le cifre sono in crescita, tanto che il dossier dell’istituto parla di un «flusso costante di denaro di entità non trascurabile» collegato a quella che viene definito il sistema di «educazione ombra». In Cina ad esempio, l’istituto di tutoraggio New oriental education and technology vanta un corpo insegnanti di 17.600 unità, con scuole in 49 città e una rete di oltre 7,8 milioni di studenti. Il suo fondatore, Michael Yu, noto come Yu Minhong, era un semplice insegnate di inglese in una scuola di Pechino prima di specializzarsi nel tutor business e divenire multimilionario, riuscendo addirittura a far quotare la sua società alla Borsa di New York.
Richard Eng, tutor del Beacon College, è accreditato come il primo tutor king di Hong Kong. Nel raccontare la sua storia ai giornali e alle televisioni asiatiche, Eng ha spiegato di aver avuto l’idea che gli ha cambiato la vita accompagnando sua sorella su un set fotografico, dove si è reso conto che agli occhi di uno studente la differenza tra un insegnate e un altro non è data dal livello di conoscenze accumulate ma da qualcosa di molto più banale come il look. Solo dopo aver catturato l’attenzione dei discepoli distinguendosi dalla massa dei comuni professori, assicura il re dei tutor, è possibile trasmettere efficacemente i propri insegnamenti. Un’idea condivisa dalla ventiseienne Kelly Mok, una delle più celebri tutor queen della regione amministrativa speciale cinese, impiegata presso il famoso istituto King’s Glory. Nelle sue apparizione pubbliche Mok indossa sempre abiti confezionati da noti stilisti, sfoggia un trucco impeccabile e modi da starlet. «Se vuoi essere una top tutor», ha dichiarato in una recente intervista, «essere giovane e attraente è la chiave del successo». Successo che può portare a guadagni a sei zeri, visto che i migliori istituti si contendono i tutor più richiesti, e che un’ora di lezione individuale con una di queste star può arrivare a costare alcune centinaia di dollari. Due anni fa fece scalpore il caso del tutor king Karson Oten Fan Karno, noto con le pseudonimo di K.Oten’, accusato da due istituti, tra cui il King’s Glory, di aver violato il contratto stipulato per le sue prestazioni e citato per danni pari a 8,87 e 26 milioni di dollari. Cifre da capogiro, anche per un professionista che all’apice della sua carriera era arrivato a dispensare conoscenze a una schiera di 9mila studenti e guadagnare più di una pop star.
Non tutti comunque si sono lasciati travolgere dall’entusiasmo del tutor system. Già nel 2009 le autorità coreane provarono a limitare per legge il numero di ore trascorse dagli studenti negli hagwons, centri di tutoraggio, nel tentativo di combattere lo stress infantile e aumentare il tempo dedicato alle attività ludiche e creative. E negli anni si sono moltiplicati gli studi di psicologi e sociologici che hanno provato a dimostrare che l’imposizione di un tutoraggio continuo e insistente non porta necessariamente a migliori risultati scolastici e può anzi rivelarsi controproducente. L’ultima analisi realizzata in questo campo proviene da un’università di Singapore, i cui ricercatori hanno evidenziato come negli studenti assistiti da un tutor per un lungo lasso di tempo, il profitto scolastico migliori nel breve periodo, scendendo però nel lungo a causa dell’ansia da prestazione e della stanchezza. I giovani, hanno scritto gli studiosi, passano 4-6 ore al giorno in compagnia dei preparatori una volta usciti da scuola, e quando tornano in classe il giorno successivo sono affaticati e disattenti. Il paradosso è che per risolvere il problema spesso si aumentano le ore di tutoraggio. E come si chiedeva il grande maestro Gianni Rodari, vale la pena imparare soffrendo quello che si può apprendere divertendosi?
* Paolo Tosatti è laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” di Roma, dove ha anche conseguito un master in Diritto internazionale, ha studiato giornalismo alla Fondazione internazionale Lelio Basso. Lavora come giornalista nel quotidiano Terra.
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