Trump e Cina: perchè ora si discute di Taiwan?

In by Simone

Nuovo scontro tra Pechino e Trump: il neo presidente americano ha ribadito nel corso di una intervista a Fox di non sentirsi obbligato a sottostare al principio di “unica Cina”. A meno che la Cina non cambi alcuni suoi atteggiamenti, come ad esempio nel mondo commerciale. Il governo cinese replica gelido, scatenati, invece, i media di stato.In fondo alla querelle tra Trump e la Cina, solo apparentemente c’è la questione di Taiwan. In non pochi sospettano infatti che da parte del miliardario neo eletto alla Casa bianca possa esserci un cambio di strategie: più vicinanza alla Russia e «strappo» con la Cina. Tanto più che dalla vecchia Europa è arrivata la rassicurazione, per Pechino, da Angela Merkel che ha assicurato che la Germania manterrà la propria scelta di non riconoscere, come chiede la Cina, l’indipendenza di Taiwan. «Ora come allora ci atteniamo alla nostra politica dell’Unica Cina e non cambieremo la nostra posizione», ha detto Merkel a Berlino.

I fatti sono noti: la scorsa settimana Trump ha sentito al telefono la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, rompendo un tabù che durava dal 1979, quando gli Stati uniti trasferirono la propria ambasciata a Pechino, rompendo di fatto le relazioni ufficiali con Taipei e iniziando dunque un’epoca di riconoscimento del concetto di “unica Cina”.

Secondo Pechino questa fu la base della relazione tra i due paesi. Trump, accettando di parlare ufficialmente con la presidente di Taiwan, ha commesso uno sgarbo che Pechino si è prontamente mossa per criticare pur senza usare toni eccessivamente accesi.

Domenica l’ulteriore strappo: durante un’intervista al programma Fox News Sunday, Donald Trump è tornato a parlare della sua telefonata con la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen. E le sue parole hanno finito per scatenare una reazione molto nervosa da parte di Pechino, anche perché Trump non è intervenuto solo sulla questione legata a Taiwan, ma ha finito per ampliare la polemica a questioni commerciali e non solo.

«Non capisco perché dovremmo essere vincolati dalla politica dell’unica Cina, salvo che non si faccia un accordo con la Cina che ha a che fare con altre cose», ha detto Trump ai microfoni di Fox, specificando: «Non voglio che la Cina mi dia ordini su chi posso o non posso sentire al telefono», sostenendo inoltre che, contrariamente a quanto circolata sulla stampa americana, del colloquio con la presidente di Taiwan era stato informato una o due ore prima e che quindi non era stato pianificato con settimane di anticipo.

Pechino questa volta ha reagito in modo più duro rispetto alla volta scorsa. Il portavoce del ministro degli esteri Geng Shuang ha espresso «grande preoccupazione» sulla ridefinizione dell’alleanza tra i due paesi, tornando a sottolineare come il concetto di «Unica Cina» non sia in discussione, ma sia, anzi, il vero e proprio «caposaldo» delle relazioni tra i due paesi.

Chi ha usato toni decisamente diversi è stato il quotidiano nazionalista e filo comunista Global Times: prima ha definito Trump “ignorante” in tema di relazioni internazionali, poi ha lanciato un vero e proprio monito: «Se Trump abbandona la politica relativa al concetto di Unica Cina e continua a sostenere pubblicamente l’indipendenza di Taiwan e a vendere arbitrariamente armi a Taiwan, la Cina non avrà più alcun motivo di collaborare con Washington sugli affari internazionali, contenendo forze ostili verso gli Stati uniti. In risposta alle provocazioni di Trump, Pechino potrebbe offrire sostegno, perfino assistenza militare, ai nemici degli Stati uniti».

Non finisce sicuramente qui: in ballo infatti c’è anche lo status di «economia di mercato» che la Cina dava per scontato dopo la sua ormai lontana adesione al Wto. Ma gli analisti registrano non poche difficoltà non solo da parte Usa ma anche da parte europea. Tutti guardano infatti al disavanzo commerciale: nel 2015, l’interscambio Usa-Cina si è attestato a 599,2 miliardi di dollari, secondo il Census Bureau, con un deficit americano di 367,2 miliardi. Tra Pechino e Bruxelles, nei calcoli della Commissione Ue, gli scambi bilaterali sono stati 520,8 miliardi di euro, con un disavanzo europeo di 170,3 miliardi.

[Scritto per Eastonline]