(In collaborazione con Agichina24)
Un gruppo di trafficanti thai ha giustiziato 13 cinesi in servizio su due navi cargo commerciali nelle acque del Mekong. E’ la guerra del traffico di oppiacei del Triangolo d’Oro e il coinvolgimento della Cina non è una buona notizia per la dittatura militare birmana
Dodici morti e un disperso è il bilancio dell’assalto alle due navi cargo cinesi dello scorso 5 ottobre nelle acque del Mekong, in Thailandia. Secondo le fonti cinesi e thailandesi si è trattato di un attacco pirata da parte di trafficanti di metanfetamina thailandesi, che dopo aver sequestrato le due imbarcazioni Huaping e Yuxing No.8 avrebbero chiesto una sorta di pizzo per far continuare il tragitto in sicurezza al carico cinese.
L’equipaggio non deve aver ceduto alle intimidazioni dei trafficanti che in tutta risposta hanno letteralmente giustiziato tutto il personale delle due navi cargo, cuoche comprese: i corpi sono riemersi dalle acque del Mekong legati ed imbavagliati, con una pallottola nel cranio ciascuno.
Le autorità locali si sono subito mosse alla caccia dei trafficanti e, dopo uno scontro a fuoco, sono riuscite a bloccare le due imbarcazioni che, battendo bandiera cinese, erano pronte per essere utilizzate per smerciare speed prodotta in Myanmar destinata al mercato della Thailandia del nord. I trafficanti sono riusciti a fuggire ma la polizia thailandese è riuscita a sequestrare il nuovo carico delle due imbarcazioni: oltre novecentomila pasticche di metanfetamina, per un valore stimato intorno ai 100 milioni di bhat (intorno al milione di euro).
I cadaveri cinesi hanno comprensibilmente acceso i riflettori su quello che viene chiamato il Triangolo d’Oro, il territorio dove si incrociano i confini di Thailandia, Myanmar e Laos, celebre per la produzione e smercio di oppiacei.
Seconde solo all’Afghanistan, le piantagioni di oppio del Myanmar riforniscono tutta la zona del sud-est asiatico, un’attività tendenzialmente tollerata dal passato regime militare di Rangoon e, a quanto pare, dalla “nuova gestione” Thein Sein.
Mentre i media cinesi piangono la morte di 13 connazionali, le autorità di Pechino hanno sospeso le rotte commerciali sul Mekong, facendo pressioni sulla neo-primo ministro thailandese Yingluck Shinawatra perché ingaggi una guerra senza quartiere contro il traffico di oppiacei che coinvolge Thailandia, Laos e Myanmar, tutti confinanti con la Repubblica popolare cinese e importanti partner commerciali.
Secondo le prime indagini il gruppo responsabile della morte dell’equipaggio cinese della Huaping e della Yuxing No.8 farebbe capo a Nor Kham, quarant’anni, trafficante ricercato sia in Thailandia che in Myanmar che avrebbe ampliato il suo raggio d’azione nel Triangolo d’Oro grazie ad ingenti somme di denaro estorte proprio a navi cargo cinesi negli anni scorsi. L’esercito di Nor Kham – racconta il Bangkok Post – conterebbe intorno ai 400 affiliati, rifornendosi principalmente dalla località di Pang Sang, in Myanmar, centro nevralgico della produzione di oppio. Sarà interessante ora osservare gli sviluppi diplomatici tra Cina, Thailandia e Myanmar.
La parte cinese, come solito, ha preferito non esporsi eccessivamente a livello mediatico, sottolineando la collaborazione che le autorità locali thailandesi e cinesi hanno stretto nel gestire la situazione. A buttare benzina sul fuoco ci pensa invece la Thailandia. In un editoriale del Bangkok Post si lamenta l’insostenibilità delle attività illegali a ridosso del confine nord thailandese: secondo il quotidiano di Bangkok l’inefficienza della giunta militare birmana nel contrastare il commercio di oppiacei sul proprio territorio è la principale causa di escalation di violenza di questo tipo. Nonostante promesse di “porre fine al traffico di droga” da parte di membri influenti dell’esercito birmano già nel 2005, ad oggi il Triangolo d’Oro appare ancora un territorio al di là della giurisdizione dei tre paesi che lo compongono.
“Il nuovo governo birmano – si legge – risulterà credibile solo se si muoverà aggressivamente contro i criminali di Pang Sang e le loro fabbriche di droga”. Una bella gatta da pelare per Thein Sein, nuovo presidente del Myanmar, che pochi giorni fa era riuscito a far innervosire Pechino annunciando di punto in bianco la sospensione dei lavori per la diga di Myitsone. I 13 cadaveri cinesi non fanno altro che peggiorare la sua reputazione oltreconfine, dove sicuramente i piani alti del Partito comunista cinese staranno architettando manovre per riaffermare il loro primato economico e diplomatico sul sud-est asiatico.
In quest’ottica la visita ufficiale in India, che ha portato l’ex generale birmano lontano dalle trame intricate del Triangolo d’Oro, appare come manna dal cielo. Ottima occasione per chiudersi, chissà ancora per quanto, in un rigoroso silenzio.
[Photo credit: betweenonline.com]