Ricominciano i colloqui tra Ue e Asean, il blocco di stati del sudest asiatico da 625 milioni di consumatori. Il potenziale per entrambi è enorme e già si parla di una zona di libero scambio che coinvolgerà un Vecchio Continente – forse – fuori dalla crisi e un mercato asiatico che, se considerato come entità unitaria, sarebbe la terza economia asiatica. Il tutto con lo spettro dei diritti umani violati, specie in Myanmar.
Dopo un lungo periodo di stallo, entro la fine dell’anno l’Unione europea e l’Asean riprenderanno i negoziati per la creazione di una free trade area tra le due regioni. Ad annunciarlo sono stati la commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, e il ministro del Commercio malese, Mustapa Mohamed, al termine di un incontro a latere della riunione diplomatica annuale dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est Asiatico, ospitata a Kuala Lumpur a fine aprile.
In un comunicato congiunto le due parti hanno stabilito di riunirsi per «studiare la situazione» e «individuare un percorso comune» da seguire per arrivare alla formazione di un’area di libero scambio che, con un mercato interno da 1,1 miliardi di consumatori e un interscambio che ha già raggiunto cifre a undici zeri, promette di modificare profondamente gli equilibri economici globali.
La scelta di dicembre come termine ultimo per la ripresa di un dialogo iniziato nel 2007 e sostanzialmente abbandonato due anni dopo ha una serie di implicazioni che meritano di essere esaminate nel dettaglio, per cercare di capire quali potrebbero essere gli sviluppi delle relazioni Ue-Asean nell’immediato futuro.
Quando, otto anni fa, il Consiglio ha approvato il mandato che autorizzava la Commissione europea ad avviare i negoziati per la definizione di un accordo di libero scambio con l’Asean, l’Europa aveva ben chiaro il ruolo crescente che i 10 Paesi membri dell’associazione (Myanmar, Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) avevano iniziato a giocare nello scenario economico mondiale e la necessità di stringere i legami con un simile colosso. Nel 2009, tuttavia, le due parti hanno stabilito di prendersi una “pausa di riflessione”.
Ufficialmente il congelamento delle trattative doveva servire per ragionare a mente fredda su quella che sarebbe stata la migliore strada da seguire. Di fatto però lo stallo è stato determinato da due problemi. Il primo era rappresentato dalla complicata posizione del Myanmar, destinatario delle sanzioni dell’Unione europea a causa delle continue violazioni dei diritti umani, in particolare dopo l’indignazione internazionale suscitata dalla drammatica repressione della pacifica Rivoluzione Zafferano dei monaci buddisti contro la giunta militare al potere. Il secondo era determinato dai differenti livelli di sviluppo dei paesi dell’Asean, alcuni dei quali, come Laos e Cambogia ancora piuttosto arretrati, a cui si affiancava la mancanza di una reale possibilità per l’Associazione di imporre le sue decisioni agli Stati membri.
Prendendo atto di questi ostacoli l’Unione europea ha deciso di aggirarli intavolando negoziati bilaterali con i singoli componenti dell’Asean, come ha fatto nel 2010 con Singapore e Malesia, al momento i maggiori partner del Vecchio Continente nel Sud-Est Asiatico. La strategia dei bilateral talks ha dato i suoi frutti: oggi l’Ue rappresenta il secondo partner commerciale dell’Associazione dopo la Cina, con scambi che nel 2014 sono risultati in crescita dello 0,8 per cento sui dodici mesi, arrivando a sfiorare i 250 miliardi di dollari. Parallelamente, considerata nel suo insieme, l’Asean rappresenta il terzo partner commerciale più grande per l’Ue, dopo Washington e Pechino, con oltre 200 miliardi di dollari di commercio in beni e servizi. E sempre nel 2014 Bruxelles è stata la più grande fonte di investimenti esteri nel Sud-Est Asiatico con 29,1 miliardi di dollari (cifra cresciuta del 30,5 per cento rispetto al 2013), un ammontare pari al 21,3 per cento del totale degli afflussi stranieri nella regione.
Eppure né l’Unione europea, né l’Associazione delle nazioni del Sud-Est Asiatico sembrano disposte ad accontentarsi dei risultati finora raggiunti. A confermarlo è stato Le Luong Minh, il segretario generale dell’Asean, che, nel corso di un incontro organizzato a Roma dal ministero dello Sviluppo economico italiano, ha spiegato come sia forte per entrambe le parti «il desiderio di aumentare i legami» per arrivare «a un maggior coinvolgimento economico e politico». Di qui la decisione di riprendere i negoziati per l’area di libero scambio entro la fine dell’anno.
Un anno che dovrebbe segnare una svolta per l’Ue e ancora di più per l’Asean. Lasciatasi alle spalle un lustro di costante indebolimento iniziato nel 2008, dopo la lieve ripresa del 2014, l’economia dell’Europa nel corso dei prossimi mesi potrebbe riuscire a consolidarsi, con una crescita del Pil stimata intorno all’1,8 per cento e un tasso di disoccupazione nuovamente al di sotto del 10. Certo, resterebbero le tensioni sul fronte greco e su quello russo, a cui si aggiunge il referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, annunciato dal rieletto primo ministro Cameron. Ma il definitivo allontanamento della spettro della crisi, se effettivamente si verificherà, potrebbe dare un nuovo slancio all’Unione.
Molto più importanti, però, sono le novità che attendono l’Asean. «Il 2015 sarà un anno fondamentale nella storia della nostra Associazione e del processo di integrazione tra i Paesi del Sud-Est Asiatico, perché prenderà il via l’Aec, la Comunità economica dell’Asean», ha ricordato il segretario generale Minh. «Il completamento di una significativa tappa nell’integrazione economica e commerciale dei dieci Stati che ne fanno parte rappresenta un cambio importante nella storia dell’intero continente asiatico e nelle prospettive di raccordo con l’Unione europea», Aec significa in concreto scambi più efficienti, rapidi ed economici di beni, servizi e manodopera all’interno di un’area che nel 2014 aveva un mercato interno di 625 milioni di consumatori e un Pil da 2.800 miliardi di dollari, e che, se venisse considerata come un unico aggregato, sarebbe oggi la settima economia del mondo e la terza in Asia (dopo Cina e Giappone), per divenire entro il 2030 la quarta al mondo e la seconda in Asia.
L’avvio di questa comunità economica rappresenta una tappa fondamentale sulla strada dei negoziati tra Asean e Ue per la creazione della free trade area perché, come ha spiegato Minh, prima di stringere i legami con l’Europa i paesi del Sud-Est Asiatico vogliono consolidare quelli esistenti tra loro. Diversamente dal passato, dunque, l’Asean vuole presentarsi davanti all’Ue come un unico blocco, consapevole del proprio crescente peso sugli equilibri economici mondiali e intenzionata a farlo valere al tavolo delle trattative.
[Scritto per Linkiesta; foto credit: warwickaseanconference.com]
*Paolo Tosatti è laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” di Roma, dove ha anche conseguito un master in Diritto internazionale, ha studiato giornalismo alla Fondazione internazionale Lelio Basso. Lavora come giornalista nel quotidiano Terra.