(In collaborazione con AGIChina24) Recentemente lo Huanqiu Shibao ha pubblicato un articolo nel quale si sostiene che un minimo di corruzione sia inevitabile. Immediata la risposta delle altre testate: la corruzione è un cancro e va estirpato. Per farlo occorrono più regole e meno arbitrio. "Non è possibile in nessun modo, in nessun paese, sradicare del tutto la corruzione. Quello che conta è se mai ridurla a un livello accettabile per le persone". Fare questo in Cina, però, "è particolarmente difficile".
Perché, da una parte, "il codice etico e politico di ‘servire il popolo’ si trova nel profondo dei cuori dell’intera società". E, dall’altra "gli stipendi dei funzionari pubblici cinesi sono molto bassi e alcuni di loro seguono regole non scritte per arricchirsi".
Ecco allora che "la gente deve capire che la Cina, pur continuando a combatterla, non ha però alcun modo di cancellare del tutto la corruzione. A meno di mandare l’intero paese nel caos".
È questo il nocciolo dell’editoriale uscito il 29 maggio sullo Huanqiu Shibao, testata del gruppo del Quotidiano del popolo, che ha scatenato un putiferio mediatico nelle ore e nei giorni immediatamente successivi.
Un nocciolo che è stato riassunto dal portale Tengxun, che l’ha ripostato sulle sue pagine lo stesso giorno, con questo titolo: "La Cina deve permettere un po’ di corruzione, la gente deve capirlo".
Alla direzione dello Huanqiu Shibao non è piaciuta l’interpretazione data dal portale e ha protestato sostenendo che il nuovo titolo suonava fuorviante e addirittura "dannoso", in quanto non in linea con il reale significato dell’articolo originale.
Ma l’autodifesa della testata non è servita a molto se, tra il 30 maggio e IL primo di giugno, diversi giornali hanno dedicato almeno un editoriale al tema della corruzione, prendendo chiaramente spunto dalle argomentazioni del pezzo dello Huanqiu Shibao. E nessuno, nemmeno la Xinhua, lo ha fatto per appoggiarne il ragionamento.
Il 31 maggio, con un editoriale firmato dalla redazione, il Nanfang Zhoumo ribatte punto su punto alle argomentazioni dello Huanqiu Shibao.
Dopo aver citato tra gli altri il caso di Liu Zhijun, l’ex ministro delle Ferrovie, ora espulso dal partito per corruzione, l’articolo afferma che comunque "il fatto più preoccupante è che di recente sono emerse nel paese voci che invitano all’indifferenza nei confronti della corruzione".
Il riferimento all’editoriale dello scandalo è evidente: questo “voci” dicono infatti che "la corruzione è un male incurabile in qualsiasi paese e che quello che è cruciale è se mai ridurre il fenomeno a un livello tale da essere tollerabile per la popolazione", oppure "mettono in discussione il ruolo dei media nella denuncia della corruzione e di altri mali".
Secondo il Nanfang Zhoumo, "queste voci hanno un che di pragmatico e di realistico, ma esagerano nello scendere a compromessi con la realtà. Un atteggiamento simile rischia di condurre all’abbandono della lotta alla corruzione» e di generare la "connivenza con i corrotti".
In Cina invece, secondo il giornale, il sentire comune nei confronti della corruzione "è la tolleranza zero" e per questo essa va combattuta senza se e senza ma.
L’editoriale prova poi a ragionare su come la corruzione debba essere affrontata, sia a livello di sistema che di singoli casi. "Bisogna agire sia prima che si verifichino dei casi, effettuando controlli e imponendo regole, sia di fronte a vicende concrete, punendole severamente".
Perché "viste le tentazioni del mercato, applicare solo regole di comportamento etico non basta per fermare i dipendenti pubblici che infrangono la legge".
A livello di sistema, allora, "bisogna tracciare severamente i confini dei poteri pubblici e dei diritti privati e il governo deve passare dalla gestione della società e dell’economia all’idea del servizio pubblico, riducendo la capacità dei poteri pubblici di disporre autonomamente delle risorse economiche e sociali".
Il "terreno di coltura della corruzione" è infatti quello "spazio di decisione assegnato al potere". Limitare l’arbitrio con regole chiare sarebbe insomma il primo passo da compiere. Inoltre, "bisogna rafforzare il controllo dei poteri di ogni ufficio di partito e di governo, aumentarne la responsabilità verso l’esterno e migliorarne la trasparenza, in modo che i poteri siano sotto la supervisione del popolo e si riducano le possibilità di abusi di potere".
Dal punto di vista dei singoli casi, invece, secondo il Nanfang Zhoumo "è fondamentale aumentare il potere deterrente delle norme rendendo più gravi le pene, cioè aumentando i costi e i rischi della corruzione per i singoli".
Sul concetto di “tolleranza zero” insiste anche il Xin Jing Bao nell’editoriale del commentatore Dan Shibing, pubblicato l’1 giugno.
L’articolo esamina prima alcuni casi, tra cui quello di Li Tianfu, un funzionario della polizia di Maoming, nel Guangdong, che nel 2011, davanti alla corte, si era difeso dalle accuse di corruzione affermando che tutti sapevano che i soldi da lui usati regolarmente per invitare a cena e fare regali a leader di livello superiore non fossero suoi, ma pubblici.
Come a dire, scrive Dan Shibing, "che queste piccole corruzioni sono fenomeni di tutti i giorni, e che negli occhi di qualche funzionario possono essere tollerate. L’obiettivo di fare soldi potrebbe insomma far parte dell’inconscio dei funzionari pubblici".
La corruzione, dunque, "è tollerabile agli occhi dei funzionari corrotti, ma per la gente comune è impossibile accettarla. Perciò – ed è qui chiaro il riferimento di Dan Shibing allo Huanqiu Shibao – di fronte al fenomeno della corruzione bisogna adottare la tolleranza zero e non si può essere in nessun modo accomodanti".
L’idea di "ridurre la corruzione a un livello accettabile per la gente è pericolosa perché rischia di sostenere di fatto i funzionari corrotti e di incoraggiarli a compiere ruberie ancora più gravi".
Tollerare una moderata corruzione, inoltre, "provocherebbe gravi danni allo stato di diritto e all’equità sociale".
Dan Shibing conclude il suo articolo ricordando che "le autorità centrali hanno rimarcato più volte che ‘la lotta alla corruzione è una missione del Partito’" e riconoscendo che "in questi anni la Cina ha fatto molto sulla strada della lotta alla corruzione. Secondo dati pubblicati il mese scorso, la soddisfazione della popolazione per le misure intraprese contro la corruzione era del 51,9% nel 2003, del 72,7% nel 2011.
L’aumento della soddisfazione delle persone però – sottolinea il commentatore – dipende dall’approccio della ‘tolleranza zero’. Il grado di tolleranza della gente non è affatto aumentato".
Anche la Xinhua, l’1 giugno, prende nettamente le distanze dall’editoriale dello Huanqiu Shibao, e lo fa appellandosi alle parole della leadership: "Riportiamo una frase espressa di recente da Hu Jintao – scrive l’agenzia di stampa governativa in un editoriale non firmato – che dimostra che la teoria espressa dallo Huanqiu Shibao sul “permettere la corruzione” è una teoria che danneggia il paese e che va in direzione opposta a quella delle politiche centrali: ‘Nell’era della costruzione pacifica, se c’è qualcosa che può provocare danni letali al partito, è la corruzione’.
Perciò, di fronte alla corruzione – conclude la Xinhua – si può solo praticare la tolleranza zero, e non si possono mai fare concessioni".
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