I tibetani continuano a protestare contro il governo Pechino. E lo fanno proprio nel periodo del Losar, il capodanno tradizionale che i tibetani non festeggiano più in segno di protesta da 5 anni. Ieri la notizia della centesima autoimmolazione, ancora un giovane protagonista, in una zona turistica di Kathmandu. Siamo a quota cento. Cento monaci tibetani che dal 2009 si sono dati fuoco per protestare contro l’oppressione del governo cinese. Di questi, secondo quanto riportato dalle fonti di informazione gestite dagli esuli tibetani almeno 82 sono morti.
Proprio ieri, un monaco tibetano si è cosparso di benzina e si è dato fuoco in una zona turistica Kathmandu. Il portavoce della polizia locale Keshav Adhikari ha dichiarato al South China Morning Post, per il momento l’unico dei quotidiani cinesi a riportare la notizia, che il monaco in esilio si è dato fuoco di fronte un ristorante nei pressi dello stupa Boudhanath a Kathmandu, uno dei santuari buddisti tra i più sacri del mondo, mentre i turisti stavano facendo colazione. La ricostruzione è scarna me incisiva: “alle 8:20 un ragazzo di vent’anni è entrato in un ristorante, è andato al bagno, si è cosparso di benzina e si è dato fuoco”. Il ragazzo non sarebbe morto, ma ricoverato in ospedale in condizioni critiche.
Il suo gesto estremo, coincide con l’importante festività tibetana del Losar, il capodanno tibetano che gli stessi tibetani, in esilio e non, hanno deciso di non festeggiare più dalle rivolte del 2008.
Non è chiaro se l’uomo stesse gridando slogan di protesta contro il regime o contro il dominio cinese in Tibet, ma sicuramente l’auto-immolazione è la tappa finale del sentimento di disperazione e impotenza che serpeggia nella popolazione e – soprattutto – a tutti i livelli della chiesa buddhista tibetana. L’aveva anche espresso da Dharamasala, il primo ministro del governo tibetano in esilio: “I tibetani scelgono di autoimmolarsi perché non c’è libertà di parola né spazio per nessuna forma di protesta. La comunità internazionale deve prendere le parti dei tibetani”. Nel frattempo Pechino accusa il Dalai Lama di incoraggiare questi gesti estremi e sottolinea che la Repubblica popolare ha fatto ingenti investimenti in Tibet, portandovi la modernità. Ha poi avvisato anche il Nepal, dove vivono oltre 20mila tibetani, che non tollererà quella che definisce un’attività “anti-cinese”.
Me secondo il New York Times, il centesimo tibetano ad autoimmolarsi non lo ha fatto in Nepal. Secondo il quotidiano americano e alcune organizzazioni che lottano per la liberazione del Tibet, il numero cento è stato raggiunto il 3 febbraio scorso, nella regione cinese del Sichuan. Il monaco in questione, secondo quanto riportato dall’organizzazione Free Tibet che fa base a Londra, il monaco in questione si chiama Lobsang Namgyal, ha 37 anni e apparteneva al monastero di Kirti. Si sarebbe bruciato di fronte a una stazione di polizia di una piccola contea della regione, e sarebbe morto sul posto. Free Tibet avrebbe impiegato tanto a dare la notizia proprio perché – come si legge nel comunicato stampa “i tibetani che parlano delle proteste hanno paura delle rappresaglie cinesi”.
Un monaco in esilio che vive a Dharmasala e che ha studiato nello stesso monastero di Lobsang Namgyal, ha raccontato al New York Times che quest’ultimo era un alunno con qualità eccezionali e che per questo era stato scelto per studiare per il diploma di Geshe, una delle più alte qualifiche all’interno del buddismo tibetano. Era preso come esempio della nuova generazione di studenti del monatreri di Kirti, ma a settembre era scomparso. Si pensa sia stato imprigionato dalle autorità locali che hanno continuato a sorvegliare lui e la sua famiglia anche dopo.
È da notare che la prima autoimmolazione in territorio tibetano, quella del febbraio 2009, è stata proprio di un monaco dello stesso monastero di Kirti, dove pare che Lobsang Namgyal fosse tornato dopo la detenzione per annunciare che non avrebbe desistito in merito alle rivendicazioni religiose. Ma non è facile sondare quello che realmente sta accadendo, perché le autorità cinesi hanno chiuso le aree dove i monaci si sono dati fuoco agli stranieri.
Dall’archivio China Files:
Tibet. La ferita aperta di Pechino
La voce dei tibetani agli arresti domiciliari
Marzo tibetano: ancora autoimmolazioni
Lhasa brucia
Da Caratteri Cinesi:
Il Tibet invisibile
[Foto credits: tibetsun.com]