Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
15 aprile 2010, 10:53
Radiografia di un’incomprensione
Ancora Firenze. Siamo qui per un articolo su un quadro di Raffaello che dovrà essere restaurato e poi trasportato in Giappone.
Il giornale ha pagato e pagherà alcune indagini sull’opera e finanzierà la mostra. C’è molta tensione e aspettativa in Giappone.
Dopo averci illustrato i risultato delle indagini, il direttore dell’Opificio delle Pietre dure ci accompagna per le stanze dove opere incredibili riposano massaggiate da mani esperte: un Giotto steso in una sala, un Beato Angelico appeso in un’altra, un Tiepolo in penombra…
Ma a lui e al fotografo poco interessa. Siamo, al solito, alle prese con il problema delle foto. Per l’articolo, serve qualcosa che mostri il lavoro dei restauratori sul quadro, o l’uso dei macchinari per i test diagnostici. Allora chiedono di vedere tutte le stanze e tutte le macchine usate: il direttore, da sotto il suo baffetto mobile, ci guarda perplesso, prova a spiegare a me e all’altra collaboratrice che questa storia delle foto non ha senso.
Io rido sotto i miei, di baffetti. Il direttore davvero non si capacita quando vogliono immortalare la macchina usata per le radiografie sul quadro: “Davvero non capisco cosa c’è di speciale! Macchine così si trovano in qualunque ospedale!”.
È solo una macchina per radiografie, continua a spiegare, quello che conta è l’oggetto su cui la si usa. Serve a poco, il fotografo continua a scattare.
Il direttore insiste: "Vengono qui a far riprese e servizi da tutto il mondo, ma nessuno ha mai voluto tanti dettagli e particolari e tanto meno c’è mai stata tutta questa attenzione per le macchine, semmai per le opere…".
Io non posso smettere di sorridere. Questa storia delle foto e della fissazione con i dettagli non mi fa più impressione, mi diverte solo.
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)