Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
26 gennaio 2010, 13:01
Manuale per il licenziatore…
La crisi ha colpito duro anche in Giappone. I giornali nipponici, paragonati a molte delle striminzite aziende editoriali italiane, sono dei colossi – per dimensioni, fatturato e numero di lettori. Ma pure lì si parla di licenziamenti, prepensionamenti, chiusure di uffici. Pure le sedi di corrispondenza in Italia sono a rischio (e dunque il mio stesso posto e quello dei miei omologhi negli altri uffici). Quasi giornalmente telefonano da Tokyo per controllare le spese e incentivare nuovi tagli. A Natale un certo scandalo è stato creato dalle mie tasse, raddoppiate per via della tredicesima. Non facilissimo parlarne con il mio capo: ogni volta la riporta su di sé, non pare avere grande sensibilità nei miei confronti.
Due esempi.
1. Quando mi racconta dei controlli sulle spese, gli dico: “I’m scared about my future, if I don’t have this job, I don’t see anything goood for me in Italy right now”
“I’m scared too”, ha la faccia di rispondermi.
“You won’t be fired!”, esclamo io, ma lui mi spiega che, anche se non rischia di essere mandato via, non gli piace lavorare in questo clima.
2. Quando parliamo della possibilità per ora del tutto remota della chiusura dell’ufficio di Roma, mi dice che gli spiacerebbe molto. Immagino stia parlando anche a nome mio. Invece mi spiega così: “I don’t want to be rememberd as the one who made the office in Rome shut down”.
Che nobile motivazione.
Insomma, tempi bui, come certifica anche questa notizia di ieri.
Riporto integralmente il testo dall’Ansa, non l’ho letto altrove e mi pare meritevole:
(ANSA) – TOKYO, 25 GEN – Mai guardare dritto negli occhi e
usare parole o espressioni sentimentali, chiudere subito i conti
senza lasciare spiragli aperti: il licenziamento, in salsa
giapponese, è duro, come i tempi.
Anche i campioni della Corporate Japan si misurano con gli
esuberi in una situazione di sicuro non nuova, ma mai di così
straordinaria entità. Japan Airlines (Jal) e i 15.661 tagli
annunciati, un terzo della pianta organica, per riemergere dalle
secche della bancarotta protetta sono l’ultimo ed eclatante
esempio, dopo i casi di Toyota, Sony, Nec e Toshiba.
Per questa ragione società di consulenza, ‘cacciatori di
teste’ e lavoro interinale hanno messo a punto il ‘manuale del
perfetto licenziamento’, ovvero consigli utili per annunciare
‘cattive notizie’ che, secondo la cultura nipponica, sono prima
di tutto una sconfitta per l’azienda e il suo ruolo sociale. O
semplicemente per convincere le persone al ritiro anticipato.
Si tratta di 30-60 pagine, a seconda delle versioni, in base
a quanto riferito da operatori del settore, nelle quali si
suggerisce come far accomodare lo sventurato dipendente e cosa
dire. I tempi per ogni incontro sono stimati in 30 minuti,
durante i quali il ‘designato’ deve avere uno spazio del 70% per
poter dire di tutto tranne che del lavoro che sta per perdere.
Meglio se il capo del personale o la persona designata non è
sola. Sette è il numero ideale, in una stanza piccola intorno a
un tavolo, come una conversazione tra amici: non va bene servire
caffé o té, dire ‘troverai presto un nuovo lavoro’ o ‘solo
menzionare la parola licenziamento’ (oppure ‘messa in liberta”,
in uso in Italia già negli anni Novanta).
L’emotività non deve trovare spazio, in caso contrario, è
giusto cambiare argomento. Mai spiegare perché la società va
male, sarebbe un doppio errore. Infine, un ultimo consiglio: mai
lasciare il manuale sulla scrivania dell’ufficio o a casa, nella
disponibilità della famiglia.
Sono quasi 250mila i posti di lavoro irregolari in Giappone
andati in fumo nel periodo ottobre 2008-dicembre 2009 per la
crisi economica, mentre il tasso di disoccupazione, anche se è
sceso al 5,2% a novembre, è a livelli raramente visti.
Di fronte a un’economia sul filo della recessione, sale il
numero di prepensionamenti (almeno 11 società ne faranno uso
solo a gennaio, ben 191 lo hanno fatto nel 2009) e di regolari
che perdono il lavoro. I contratti a tempo indeterminato sono la
categoria più protetta: conquistata l’assunzione, la vita
professionale è legata all’azienda come una seconda famiglia.
Nel Giappone che cambia e che diventa sempre più un ‘Paese
normale’, i lavoratori, in altri termini, si dividono in tre
grandi categorie: quelli che restano, quelli che sono in bilico
e quelli che devono andare via. (ANSA)
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)