Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
19 marzo 2010, 11:39
Le fondamentali inchieste del venerdì
La mattina era già partita male, con torcicollo e tutto il resto. Arrivo in ufficio, lui non c’è, il telefono squilla ed è la sua voce.
“We have an assignement for today”
“Ok”, dico io, sperando in qualcosa di interessante.
“It’s about tuna”
“Ok”, ripeto, pensando: beh, poteva andare peggio. Ieri la Cites ha deciso di non mettere al bando il tonno rosso, finalmente possiamo scrivere una storia dall’Italia. Niente, non è così.
“We have to take photos of people eating tuna”
“Ah”: non ho altro da aggiungere. Mi viene da piangere. Questo è il fondamentale compito del giorno. Lui ha la voce ansiosa, io vorrei scomparire.
“They have to be Italians”
“I see”
“Can you look for some of your friends?”
“Can’t we use the customers in the restaurant?”
“I have to send the photo within 1.30 p.m. Try to find somebody”
“I’ll try”, rispondo.
Non ci provo più di tanto, faccio due chiamate, ma è tutto troppo ridicolo.
Mi richiama dopo poco, sempre più in ansia. Come stesse cercando il testimone di un delitto per una dichiarazione che sarà uno scoop. Invece no, cerchiamo una bocca italiana da immortalare mentre il boccone di sushi scivola giù.
Che inchiesta, che servizio.
Che angoscia.
Me ne voglio andare.
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)