Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
24 maggio 2010, 12:22
Indietro tutta
Eccoci. Ci siamo. Tra pochi giorni cambiano gli attori in scena. La scenografia rimane la stessa.
Una parte di me ne è lieta: qualcosa si muove. Eppure le borse sotto gli occhi denunciano qualche timore e un po’ di apprensione.
Lui nel frattempo sembra essere tornato a standard comportamentali più nipponici. Come stamattina.
Mi aveva chiesto se con M. potevamo aiutarlo a portare da casa sua – che lascia domani – in ufficio le ultime cose, tra cui il televisore. È un favore e tale credevo anche lui lo ritenesse. Mi accorgo che lo dà per scontato tanto da prendere un tono acido quando gli dico che M. potrebbe aiutarlo stasera non certo domani mattina o pomeriggio. Mi dice: “I’ll do otherwise”, ma suona come vaffanculo.
E correda di spiegazione: “Se qualcosa di grande accade stanotte (nelle news), sarei fregato”. Ancora una volta vorrei dirgli che nell’epoca delle telecomunicazioni, Internet è più che sufficiente. Ma sarebbe fiato sprecato.
Nel frattempo la mia amica che lavora qui part-time mi racconta che giovedì a pranzo hanno avuto una lunga conversazione. Io mi ero incredibilmente presa un giorno e mezzo di vacanza ed ero a far prendere aria al cervello. Pare che il topic fosse uno dei suoi soliti: le affinità tra generazioni a prescindere dall’area geografica. Ovvero come lui si sente in sintonia con i quarantenni italiani.
Mi pare di aver capito che a ogni piè sospinto citava Francesco Piccolo, paradigma per lui di queste analogie dello spirito. A ogni obiezione che la mia amica sollevava, lui non rispondeva nel merito, ma replicava: “(…) non dice così”, dove (…) sta per il mio nome.
La mia amica giustamente avrebbe voluto rispondergli: e allora? E si chiedeva che senso avessero queste frasi, come se dovessimo pensarla tutti uguale. Almeno noi che abbiamo la stessa età…
Che mi abbia preso a referenza per gli italiani della mia generazione?
24 maggio 2010, 12:25
Buone abitudini
Qualcosa che in Italia non accade mai:
scusarsi per le promesse non mantenute.
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)