Thailandia – Questo (non) è un coup

In by Gabriele Battaglia

La cronaca del colpo di stato in Thailandia. Dopo giorni di smentite ieri in diretta tv, ieri l’annuncio del generale Prayuth. Da ieri in Thailandia il governo provvisorio di Niwat­tham­rong è stato privato di ogni autorità, la costituzione è stata sospesa tranne per ciò che riguarda il re. E’ un passo ulteriore verso la guerra civile. Il gene­rale Prayuth, a capo dell’esercito tai­lan­dese, ieri ha dichia­rato il colpo di Stato. La noti­zia è arri­vata due giorni dopo l’imposizione della legge mar­ziale e non fa che por­tare il paese verso la guerra civile. Se la legge mar­ziale era già stata accolta da nume­rosi osser­va­tori come un «mezzo golpe», essendo impo­sta dall’esercito senza né il bene­stare del re, né la con­tro­firma del pre­mier – entrambi richie­sti dalla costi­tu­zione – e limi­tando con­si­de­re­vol­mente i poteri del governo, che si era visto addi­rit­tura gli uffici usur­pati dai mili­tari, il golpe ha spia­nato la strada all’arresto dei lea­der poli­tici, sia di mag­gio­ranza sia di oppo­si­zione e dei capi delle pro­te­ste di entrambe le fazioni, che da oltre otto anni carat­te­riz­zano il paese.

La società tai­lan­dese — un tempo tra le più unite del sud est asia­tico — è spac­cata in due da quando, nel 2006, l’esercito per­pe­trò un colpo di Stato con­tro il governo di Thak­sin Shi­na­wa­tra, cui seguì oltre un anno di legge marziale.

Il golpe di oggi con­ti­nua la stessa bat­ta­glia di allora: conto Thak­sin, il poli­tico ed ex magnate delle tele­co­mu­ni­ca­zioni cam­pione di voti dall’inizio del nuovo mil­len­nio, gra­zie a una serie di prov­ve­di­menti – da un pro­gramma di sanità pub­blica pra­ti­ca­mente gra­tuito a un sistema di cre­dito ad agri­col­tori e pic­coli impren­di­tori – che gli ha con­sen­tito di fare brec­cia nel cuore del popo­loso elet­to­rato di provincia.

La popo­la­rità di Thak­sin rap­pre­senta un peri­colo nei con­fronti delle elite ban­g­ko­kiane – le uni­che fami­glie che, fino all’entrata in poli­tica dell’imprenditore, ave­vano il mono­po­lio della poli­tica tai­lan­dese – spe­cial­mente alla luce di una immi­nente suc­ces­sione al trono che sem­bra vedere l’aristocrazia fram­men­tata e alleata a set­tori diversi delle forze armate, con il risul­tato di alleanze tal­volta impre­ve­di­bili. Que­sta bat­ta­glia ha spesso assunto i toni reli­giosi, con i media che in più occa­sioni hanno rap­pre­sen­tato Thak­sin come Mara, il demo­nio della mito­lo­gia bud­di­sta, in oppo­si­zione alla guida spi­ri­tuale di Re Bhu­mi­bol, l’anziano e vene­rato sovrano.

Dal golpe del 2006 in poi, ogni risul­tato elet­to­rale è stato annul­lato a favore di un governo «di parte», che sem­bra invece pun­tual­mente vicino alle elite di Ban­g­kok e anta­go­ni­sta nei con­fronti di Thaksin.

Dopo avere sug­ge­rito per mesi la col­pe­vo­lezza delle cami­cie rosse, i sup­por­ter di Thak­sin, e dopo avere par­te­ci­pato nel 2010 a un’operazione mili­tare ordi­nata dall’opposizione (allora al governo ad inte­rim) che risultò nella morte di quasi cento cami­cie rosse, le imma­gini di un lea­der delle cami­cie rosse, il dot­tor Weng, pre­le­vato con forza da una mani­fe­sta­zione paci­fica nella capi­tale e por­tato in un luogo segreto, stanno facendo il giro del web.

A que­sto si aggiun­gono le voci di altri lea­der rossi arre­stati in più parti del paese in loca­lità rurali, in con­tra­sto, dicono le voci, con il trat­ta­mento riser­vato ai lea­der dell’opposizione. Il pre­sente colpo di Stato sem­bra avere già con­sen­tito all’esercito di con­ge­lare gli assetti della fami­glia Shi­na­wa­tra, i cui mem­bri si crede siano tutti scap­pati all’estero.

Niwat­tham­rong, pre­mier da quando la legge mar­ziale ha rimosso la lea­der della mag­gio­ranza, Yin­gluck Shi­na­wa­tra, sorella di Thak­sin, è scom­parso, e potrebbe già essere fuori dal paese. Il peri­colo mag­giore viene ovvia­mente da ele­menti all’interno delle cami­cie rosse stesse, che, fru­strate dall’intervento mili­tare e senza lea­der, potreb­bero hanno già paven­tato l’eventualità di una guerra civile più volte, negli scorsi mesi. Il colpo di Stato ha ovvia­mente note­voli riper­cus­sioni sull’economia tai­lan­dese.
Inve­sti­tori stra­nieri – spe­cie ame­ri­cani e giap­po­nesi – lamen­tano da parec­chi mesi l’instabilità poli­tica del paese e altri Stati del sudest asia­tico – dal Viet­nam alla Male­sia – sono alter­na­tive valide per basso costo dei lavo­ra­tori e infra­strut­ture ido­nee alla pro­du­zione mani­fat­tu­riera. Il turi­smo, nono­stante le pre­oc­cu­pa­zioni di ren­dere il golpe il più «tou­rist friendly» pos­si­bile, dif­fi­cil­mente reg­gerà que­sto enne­simo ricaduta. 

[Scritto per il manifesto; foto credit: thetimes.co.uk]

*Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.