Il rapporto tra il popolo thailandese e il suo re è descritto in patria come una grande storia d’amore ed è difeso dalla legge sulla lesa maestà. Un gruppo di accademici ne ha proposto l’abolizione, ma politica e studenti non vogliono sentire ragioni. Per proteggere il re, per amore.
Le rose sono scelte una a una. Proprio come il colore della carta, quello del nastro, il tipo di fiocco, la forma e l’aroma di ogni cioccolatino. E poi eccoli tutti in strada: lungo le sterrate di campagna o le trafficate arterie metropolitane; a bordo dei più scalcinati bus piuttosto che su puliti e futuristici vagoni dello skytrain di Bangkok. Ognuno con il suo mazzo in mano.
L’amore in Thailandia è una cosa seria. Forse da secoli, dai tempi in cui i monaci buddisti si preoccupavano di modellare amuleti capaci di conferire agli uomini che li portavano al collo il potere di fare breccia nel cuore della propria innamorata. E rimane importante oggi.
Il giorno di San Valentino, ormai sdoganato in Oriente, non è solo una giornata di buon auspicio per gli innamorati. In questo giorno persino i politici si sentono in dovere di dare discorsi.
Ecco allora che un po’ ovunque si scorgono giovani coppie intente ad alzare il telefonino nell’aria per fotografarsi entrambi vestiti di rosa – se il rosso è il colore fortunato per il capodanno cinese, dopotutto, quello per il giorno dell’amore non può che essere il rosa – o a fare la fila davanti ai municipi, spesso fin dalla notte prima, per assicurarsi di registrare la propria unione in giornata.
C’è poi chi sceglie di pronunciare il sì in modo bizzarro, sotto le acque cristalline del mare di Trang, dove nel 2000 una coppia si è anche assicurata un posto nel Guinness dei Primati per la più lunga cerimonia nuziale sottomarina, o di urlarlo in bungee jumping lanciandosi nei precipizi del parco nazionale di Thap Lan, a Prachinburi.
Ma, in barba tanta euforia, è la storia d’amore più grandiosa e, a detta di alcuni, più tradizionale della Thailandia moderna, quella che rattrista l’intero paese, scalda gli animi e fa paura agli osservatori esterni: l’amore tra i thailandesi e il loro anziano re.
Una storia d’amore collaudata da almeno sessant’anni – più o meno tanti quanti quelli che Rama IX ha passato sul trono – e figlia di un’eccezionale macchina propagandistica che da allora descrive il sovrano come una figura paterna che agisce sempre nell’interesse del popolo unendo intraprendenza imprenditoriale, ingegno scientifico e una saggezza frutto di una profonda comprensione delle verità buddiste.
Un’amore da favola che, secondo le autorità thailandesi, oggi è messo in pericolo da un gruppo di "deviati" professori universitari conosciuti con il nome di Nitirat, “legge per il popolo”.
Gli accademici, tutti della celebre Thammasat University di Bangkok, hanno infatti buttato giù l’ultimo tabù lanciando una campagna per emendare la legge 112 del codice criminale, quella della lesa maestà, che negli ultimi anni ha registrato un numero sempre crescente di casi limite.
I più recenti sono quello di un nonno malato di cancro condannato a vent’anni di carcere per avere inviato quattro sms irrispettosi nei confronti della regina e quello di una diciannovenne adesso in attesa di sentenza per dei commenti antimonarchici postati due anni fa su Facebook.
Tutti casi che hanno suscitato grande clamore anche all’estero, portando organizzazioni umanitarie, Stati Uniti, Onu e Unione europea a esternare preoccupazione per i diritti umani in Thailandia e che hanno garantito al gruppo Nitirat il supporto di personaggi internazionali del calibro di Noam Chomsky.
Ma nonostante tutto questo, la Thailandia ha riserbato un’accoglienza di tutt’altro tipo all’appello degli accademici. Un gruppo di studenti della Thammasat – ironicamente della facoltà di giornalismo – è scesa in piazza insieme a gruppi di ultramonarchici chiedendo che gli accademici vengano presi con la forza e buttati giù da elicotteri militari; legati per il collo davanti alle loro abitazioni e bruciati vivi; o decapitati, per poi esporne le teste in cima a dei pali all’ingresso dell’università. Tutto questo per “proteggere in re”. Tutto questo per amore.
Il mondo della politica, dal canto suo, non si è dimostrato molto più aperto. La premier Yingluck Shinawatra, che deve l’ufficio al gruppo segretamente ma risaputamente antimonarchico delle camicie rosse, si è dimostrata per la prima volta d’accordo con l’opposizione ribadendo che il suo governo non cambiarà mai, neanche davanti una fenomenale raccolta di firme, la legge 112. L’esercito, alleato tradizionale della monarchia, ha definito i Nitirat come dei “malati di mente”. Ancora una volta, per “proteggere il re”, per amore.
Proprio come, per amore, fu accettato con grande entusiasmo il colpo di stato che nel 2006 ribaltò il governo di Thaksin Shinawatra, di cui si diceva che nutrisse ambizioni repubblicane; come fu accettato, con altrettanto entusiasmo, l’intervento militare contro le manifestazioni delle camicie rosse che nel maggio del 2010 macchiò il centro di Bangkok del sangue di novantuno persone.
Ma anche la censura che dal golpe a oggi ha portato alla chiusura di giornali, l’arresto di editori e il blocco di siti internet, inclusi quelli di Youtube, Wikipedia e Facebook.
Tra le righe del discorso di San Valentino di Nattawut Saikuar, ministro nel parlamento Yingluck Shinawatra nonché leader chiave delle camicie rosse, si legge un chiaro riferimento ai pericoli di un amore cieco. L’amore senza comprensione diventa infatuazione e l’infatuazione crea incomprensioni, dice Nattawut, invitando quindi i thailandesi a comprendere anche le ragioni di chi la pensa in modo diverso.
Peccato però che la premier Yingluck si sia servita della stessa occasione per ribadire che tutti i thailandesi devono amare ed essere leali nei confronti delle loro maestà, il re e la regina. Forse, una crisi di coppia è dunque da aspettarsi tra Phuea Thai, il partito dei Shinawatra, e Udd, il movimento delle camicie rosse. Forse, come si inizia a mormorare, tra i Shinawatra e l’establishment inizia a esserci un feeling che ai rossi prima o poi risulterà indigesto. D’altra parte, si sa, non tutte le storie d’amore sono coronate da un lieto fine.
[Foto credit: photoblog.msnbc.msn.com]
* Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.