Recensione de Il viaggio del Naga, scritto dalla "pecora nera" Tew Bunnag ed edito in italia da Metropoli d’Asia. L’amicizia tra tre personaggi, che apparentemente non hanno nulla in comune, muove la narrazione verso le realtà più estreme del paese. Presente che la Thailandia vuole (far) dimenticare.
Sorprendentemente piacevole, leggero eppure terribilmente viscerale, Il viaggio del Naga di Tew Bunnag (14,50 euro, 352 pagine, edito da Metropoli d’Asia. Leggine un estratto qui) è tutto e il contrario di tutto: il perfetto romanzo, insomma, per la realtà che si propone di descrivere.
La storia sembra piuttosto semplice. Tre persone – un giovane appena uscito dal monacato presso un tempio nel nordest, un’ex superstar in crisi di mezza età e un pittore in conflitto con la sua cultura d’origine – si conoscono per caso al funerale di un noto politico e uomo d’affari arricchitosi con l’industria del sesso di Bangkok.
Ma sotto questa apparente semplicità c’è tutt’altro. La nuova amicizia tra i tre risveglia infatti dolorosi fantasmi del passato di ognuno, catapultando il lettore nei cupi meandri di quella realtà difficile che una Thailandia sempre più vestita di moderno vorrebbe dimenticare.
Ci ritroviamo quindi a fare i conti con le realtà più estreme del paese – le ville dei vip accanto agli slum, le campagne accanto alla metropoli, il sacro accanto al profano, la tradizione accanto alla modernità – in un insolito viaggio letterario che rende il romanzo tanto piacevole quanto da incubo: a volte ci si rilassa e a volte si fatica a non lasciarsi disturbare dalle rivelazioni che permeano ogni pagina.
Ci sono anche parecchie cose – inutile nasconderlo – che non funzionano in questo libro. C’è la scelta, quantomeno antiquata, di un narratore onnisciente che salta nella testa di tutti i suoi personaggi permettendosi di darne con estrema disinvoltura il quadro psicologico.
C’è uno stile narrativo costituito da grandi salti in avanti seguiti da grandi salti indietro. C’è, non in ultimo, la scelta dell’autore di raccontare la Thailandia della prostituzione che, già protagonista della stragrande maggioranza della letteratura straniera sulla Thailandia, non fa che restituire all’immaginario del lettore occidentale per cui il libro è scritto (l’originale è in inglese) quella concezione un po’ esotica di un paese in cui il sesso è la moneta di scambio di ogni relazione umana.
Eppure, proprio come accade in Thailandia, tutto in questo libro – anche ciò che non funziona – funziona benissimo e ha forse persino una ragione di essere com’è.
Perché in quella Bangkok d’élite che l’autore descrive (i protagonisti, è importante sottolineare, ricchi, bene istruiti, nobili, piuttosto che laureati all’estero, sono difficilmente i thailandesi che si incontrano lungo i marciapiedi di Bangkok), aristocrazia, mondo dello spettacolo, politica, illegalità, sesso e droga vanno davvero a braccetto (lo stesso pappone defunto, che potrebbe apparire come la figura più improbabile, è invece la perfetta trasposizione letteraria di un celebre politico thailandese).
Persino lo stile narrativo – gracile, un po’ fuori moda, a volte poetico, a volte infantile, a volte crudo eppure in qualche modo sempre piacevole – sembra essere la voce con cui la Thailandia stessa si racconta.
Ma il fulcro di questo romanzo è forse proprio colui che dà voce a questa Thailandia degli estremi: Tew Bunnag, l’autore. Il suo cognome tradisce l’appartenenza a una delle famiglie più potenti della Thailandia, che vanta addirittura una discendenza dal re Rama I e rimane oggi legata alla realtà di palazzo.
Eppure Tew Bunnag, cresciuto tra Bangkok e Londra e laureato a Cambridge, in barba al pedigree è spesso descritto come la pecora nera della famiglia, che trascorre la maggior parte dell’anno in Spagna, che ha dedicato la vita alla disciplina del Tai Qi e che si occupa di bambini malati di HIV presso una fondazione situata in una delle aree più degradate di Bangkok.
Tutto questo fa dell’autore il narratore perfetto della Thailandia che racconta: funambulo, tanto per natali quanto per scelta, su quella linea finissima che passa tra gli estremi del paese, e possessore della chiave per le retrovie dove questi segretamente si incontrano.
Il viaggio del Naga è stato indicato come una sorta di libro profetico, avendo scritto nel 2007 delle inondazioni che avrebbero sommerso Bangkok quattro anni dopo. Questa affermazione è forse un po’ esagerata, visto che del rischio concreto di una Bangkok gravemente allagata si parla da anni in Thailandia, eppure allo stesso tempo neanche completamente sbagliata: le immagini descritte in questo libro corrispondono in modo davvero impressionante a quanto è accaduto l’anno scorso.
Quindi, chissà, a volte ci si ritrova a pensare che persino quel ruolo di narratore onnisciente non sia neanche poi così fuori luogo…
[Foto credit: bop.nppa.org]
* Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.