Un inglese di origini taiwanesi viene arrestato in possesso di feti umani morti, pronti ad essere rivenduti sul mercato asiatico. Il traffico di feti è alimentato dal rito thailandese del Kuman Thong, il bambino d’oro: risvegliare gli spiriti degli infanti morti per invocarne la protezione.
Chow Hok Kuen, un ventottenne inglese di origini taiwanesi è stato arrestato venerdì 18 maggio a Yaowaraj, il quartiere cinese di Bangkok, in possesso di cadaveri di feti umani.
I feti – sei in tutto, di infanti di età tra i due e i sette mesi –sono stati apparentemente rinvenuti in una valigia nella stanza di una guest-house di Khaosan Road, la notoria area-ghetto dei backpacker, registrata a nome dell’uomo, che però alloggiava separatamente.
I feti erano arrostiti e ricoperti di tatuaggi esoterici, formule in lingua khmer scritte con polvere sacra, e “foglie d’oro” – quei sottilissimi fogli dorati che sono solitamente applicati alle statue dei Buddha e agli amuleti in segno di deferenza.
Tutti questi elementi fanno pensare che i feti fossero stati sottoposti al rito del Kuman Thong: una pratica di negromanzia tramite la quale si crede di potere risvegliare lo spirito di infanti deceduti per invocarne la protezione.
Il Kuman Thong – letteralmente, “bimbo d’oro” – è un rito piuttosto comune in Thailandia, e statuette piuttosto che amuleti rappresentanti un Kuman Thong sono reperibili ovunque.
Non è raro che una donna che perde un bambino durante la gravidanza sottoponga una statuetta rappresentante il Kuman Thong a un rito presenziato da un monaco o uno sciamano per crearne una connessione con lo spirito del feto, e che la conservi quindi sugli altarini della propria abitazione.
Anche se la pratica, illegale, è oggi meno in uso, originariamente era necessario cospargere l’effige con del grasso ottenuto dal feto per consolidarne il legame. Tutt’oggi, è comunque possibile trovare i feti stessi, cotti finché sono completamente secchi, sugli altarini di alcune abitazioni di campagna.
I Kuman Thong sono noti per la loro fedeltà alla persona che li “adotta” e specialmente per garantire fortuna e protezione in cambio di offerte di giocattoli e di latte, piuttosto che di una bevanda vermiglia (simbolicamente il colore del sangue che va a sostituire), che sono solitamente lasciate ai piedi dell’effige.
Nel Khung Chang Khun Phaen, una delle più famose opere letterarie thailandesi, risalente al XIX secolo, il protagonista Khun Phaen, un guerriero, rimuove il feto di suo figlio dall’addome della moglie defunta per creare un Kuman Thong che lo protegga in battaglia.
La ricercatezza dei poteri di un Kuman Thong ha portato alla nascita di un vero e proprio giro d’affari, con persone disposte ad acquistare non solo statuette e amuleti, ma addirittura feti, pur di assicurarsi la protezione o la buona riuscita negli affari garantite dal bimbo d’oro.
Secondo il colonnello Wiwat Kamchamnan, della polizia di Bangkok, Chow Hok Kuen, che si sarebbe procurato i feti nella capitale tailandese per una somma pari a 5mila euro, prevedeva di rivenderli a Taiwan per almeno sei volte tanto tramite dei siti internet specializzati in articoli di magia nera.
La provenienza dei feti acquistati da Chow Hok Kuen è con tutta probabilità da ritrovarsi in una delle migliaia di cliniche abortive che operano segretamente a Bangkok, dove l’aborto è bandito dalla legge salvo che il parto non comporti pericolo di vita per la genitrice, che il feto presenti delle anomalie o che il concepimento sia la conseguenza di uno stupro o di un rapporto incestuoso.
Nel novembre del 2010, oltre duemila feti di varie età provenienti da cliniche abortive illegali furono rinvenuti dalla polizia nelle camere mortuarie del tempio di Wat Phai Ngern a Bangkok, pure destinati, si crede, al rito del Kuman Thong.
Chow Hok Kuen nelle fotografie apparse sulla stampa thailandese è spesso ritratto nell’atto di mostrare agli agenti un amuleto che porta al collo – probabilmente per dimostrare il proprio rispetto nei confronti del buddhismo praticato in Thailandia.
Attualmente in libertà sotto cauzione, secondo la legge thailandese rischia una pena massima di un anno di detenzione e un multa pari a 50 euro.
[Foto credit: forums.hardwarezone.com.sg]
* Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.