Il devastante attentato che il 17 agosto scorso ha scosso Bangkok e fatto almeno 20 morti non ha ancora un colpevole. La polizia thailandese punta sulla pista uigura. Un filone di indagine che si lega alla tratta di esseri umani nel Paese e che tocca nervi scoperti nei rapporti tra i poteri della Thailandia. Quando è trascorso quasi un mese, l’attentato al tempio Erawan di Bangkok del 17 agosto non è ancora stato rivendicato. La polizia thailandese si orienta sulla cosiddetta pista uigura. La bomba come una possibile vendetta contro la politica di espulsione e rimpatrio in Cina di appartenenti alla minoranza musulmana e turcofona che abita lo Xinjiang, nell’estremo occidente della Repubblica popolare. Un filone di indagini, quello al momento preponderante, che interseca terrorismo internazionale e tratta di essere umani e che troverebbe una ragione nel fatto che tra i 20 morti e i feriti, molti erano cittadini cinesi.
Oggi, le autorità malaysiane hanno annunciato l’arresto di due malaysiani e un pakistano che si ritiene siano coinvolti nell’attentato. Kuala Lumpur, ha spiegato il capo della polizia, Khalid Abu Bakar non ha però al momento intenzione di estradarli in Thailandia. “Pensiamo che possano essere d’aiuto alle indagini. Nono voglio però andare oltre, perché l’operazione è ancora in corso”, ha spiegato in conferenza stampa.
Sempre nell’ambito della pista che porta fino allo Xinjiang, la polizia thailandese ha diffuso la foto di un sospetto, presumibilmente di nazionalità cinese, Abu Abdulrahman Dustar indicato in un primo momento come appartenente alla minoranza uigura. L’uomo, chiamato anche Ishan, avrebbe lasciato la Thailandia un giorno prima dell’esplosione ed è ricercato con l’accusa di “possedere dispositivi militari illegali” e di appartenere alla rete criminale che si accusa dell’attentato, anche se non ne sarebbe la mente. E in carcere, almeno per il momento si trovano altri due sospettati: Adem Karadag, la cui nazionalità e ancora da verificare, e Yusufu Meraili, cinese originario dello Xinjiang.
Le operazioni intanto continuano. La polizia thailandese, al termine di un raid in un dormitorio femminile, ha fermato tre donne, alla ricerca di una sospettata che compare vestita con abiti scuri in un filmato di sorveglianza, mentre lascia una borsa vicino al ponte Taksin ì dove poi sarebbe avvenuta una nuova esplosione senza vittime.
Peter Lee, sull‘Asia Times, mette dal canto suo, ulteriore carne al fuoco. I legami con il traffico di esseri umani non riguarda infatti soltanto uiguri e thailandesi di religione musulmana. In pieno luglio, nel bel mezzo della campagna di espulsione degli uiguri e circa un mese prima dell’attentato, un’inchiesta contro presunti trafficanti, lanciata sulla scia della scoperta di fosse comuni di migranti a inizio anno, tirava in ballo il coinvolgimento di politici e militari. Forse, è l’ipotesi dell’esperto statunitense, i trafficanti e i loro alleati hanno dato il via a una campagna intimidatoria contro il governo, affinché non agisca con troppa aggressività. E per fare questo avrebbe scelto di colpire uno dei settori chiave dell’economia thailandese, il turismo.
“Non sarebbe sorprendente se l’attentato fosse opera di trafficanti; tuttavia, forse, dietro ci potrebbe essere qualcun altro". Questo qualcun’altro, scrive, potrebbe aver fornito aiuto nel fabbricare un dispositivo abbastanza sofisticato, indicando poi le vie di fuga ai responsabili ma mettendo allo stesso tempo le autorità sulle loro tracce, indirizzandoli verso le centrali turche del trafficanti che sostengo gli uiguri, le stesse detestate da Pechino e che il governo di Bangkok non intende più tollerare.
"Considerando l’importanza del settore turistico e l’ipotesi che settori della sicurezza thai possano essere coinvolti", aggiunge,"non è escluso che il governo stia cercando una sorta di compromesso con chi realmente è responsabile dell’attacco”. Sullo sfondo però anche altre teorie, che guardano alle divisioni interne al governo thailandese,tra l’attivismo della junta militare al potere per purgare dalla polizia i settori ostili; i giochi dietro la possibile successione al trono mentre l’anziano re Bhumibol Adulyadej continua a soffrire per un’infezione polmonare.