EFFETTO UCRAINA. L’ingresso della Corea del Sud nel programma di cybersecurity dell’a NATO complica gli equilibri della Penisola
Il piano coreano continua a inclinarsi. Un giorno dopo il nuovo test missilistico condotto da Pyongyang, il 14esimo dall’inizio dell’anno, Seul annuncia il suo ingresso nel Centro di cooperazione per la sicurezza informatica della Nato. La Corea del Sud diventa così il primo paese asiatico a entrare nella struttura dell’Alleanza Atlantica dedicata alla cybersecurity e con sede a Tallinn, in Estonia. Non si tratta di una mossa improvvisa. Il governo coreano aveva presentato la sua domanda di adesione nel 2019 e partecipa con i suoi servizi di intelligence a esercitazioni di sicurezza informatica dal 2020. Ma è inevitabile che il tempismo dell’annuncio generi polemiche e tensioni aggiuntive. Il più minaccioso, come spesso gli è accaduto, è stato Hu Xijin. «Se la Corea del Sud sceglierà una strada che la farà diventare ostile nei confronti dei suoi vicini, la fine di questa strada potrebbe essere l’Ucraina», ha scritto su Twitter l’ex direttore del Global Times. Il media nordcoreano Uriminzokkiri, come riporta Agenzia Nova, ha invece definito Yoon Suk-yeol un «lacchè americano» e una «pazzia» la sua dichiarata intenzione di rafforzare l’alleanza con gli Stati uniti.
IL PRESIDENTE eletto si insedierà tra quattro giorni e ha già detto a più riprese di voler dare una sterzata alla politica estera sudcoreana. Il democratico Moon Jae-in ha sempre cercato un complicato equilibrio tra Pechino e Washington, rimanendo piuttosto timido sui dossier riguardanti i diritti umani nella Repubblica Popolare. Anche perché l’obiettivo di Moon era quello di riavviare il dialogo con Kim Jong-un, impresa impossibile senza l’intercessione di Xi Jinping. I conservatori, però, sono fautori di una linea più dura nei confronti dell’altra metà della penisola. In campagna elettorale Yoon aveva prefigurato anche la possibilità di un attacco preventivo, avviso al quale ha fatto eco il leader di Pyongyang durante la recente parata militare per il 90esimo anniversario dell’esercito nordcoreano. Non solo. Yoon non ha escluso di richiedere nuovi esemplari del sistema di difesa missilistico americano Thaad, la cui acquisizione da parte di Seul nel 2017 aveva scatenato una profonda crisi diplomatica con Pechino. Che si era chiusa solo dopo la garanzia di Moon a Xi che non avrebbe finalizzato ulteriori ordini.
PENSARE a un’adesione di Seul al Quad non è più fantascienza. Per ora la Corea del Sud si è sempre tenuta alla giusta distanza dalla piattaforma quadrilaterale di cui fanno parte Usa, Giappone, India e Australia, vista da Pechino come un tentativo di costruzione di una Nato asiatica in funzione anti cinese. L’ingresso nel Centro di cooperazione per la cybersecurity dell’Alleanza Atlantica lascia però intendere che questa distanza potrebbe anche essere presto accorciata. Negli scorsi anni saltava nitidamente all’occhio la differenza tra la postura sudcoreana e quella giapponese, molto più assertiva nei confronti della Cina. Ora Yoon vuole normalizzare i burrascosi rapporti con Tokyo, altro fattore che non fa il gioco di Pechino che teme una “giapponesizzazione” di Seul.
IL 20 MAGGIO Joe Biden arriva in Asia. E passerà proprio da Seul a incontrare Yoon, prima di recarsi a Tokyo per il summit del Quad. C’è chi teme che nelle prossime settimane Pyongyang potrebbe effettuare nuovi lanci balistici, mentre recenti immagini satellitari hanno svelato il ripristino di Punggye-ri, sito che aveva ospitato i test nucleari che fino al 2017 avevano fatto temere un’escalation. Mentre prosegue la guerra in Ucraina e la Russia esprime solidarietà nei confronti della Corea del Nord, aumenta il rischio che il piano coreano si inclini ancora.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il manifesto]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.