Parla il politologo Kuo Yu-jen: «I test andranno avanti a intermittenza per settimane. La chiave è capire come e quanto Taiwan e Usa collaboreranno a livello militare. Più la Cina osserverà un livello alto di coordinamento e più sarà cauta nel prossimo futuro»
Kuo Yu-jen è un noto politologo taiwanese della National Sun Yat-sen University. Lorenzo Lamperti lo ha intervistato a Taipei sulle tensioni sullo Stretto dopo la visita di Nancy Pelosi.
La visita di Pelosi a Taiwan è stata appropriata?
È il risultato di una complicata situazione all’interno della politica americana. È il segnale che non solo i repubblicani ma anche tanti democratici non approvano la politica della Casa bianca sulla Cina. Penso che il punto di svolta sia stato il viaggio in Europa di Joe Biden per i summit di G7 e Nato, dove ha raccolto i timori dei partner su guerra in Ucraina e approvvigionamento energetico. Da metà giugno Biden ha cercato di avviare una serie di consultazioni con la Cina utilizzando diversi canali. Il viaggio di Pelosi ritengo sia nato proprio intorno a Taiwan e ha voluto intenzionalmente portare al centro un aspetto mancante nelle relazioni Usa-Cina: diritti umani. Da Clinton in poi tutto è ruotato intorno all’economia. Anche la tempistica del viaggio è stata pensata apposta per creare problemi a Xi Jinping prima di Beidaihe. Per questo ora Xi deve rispondere in maniera così vigorosa.
Si poteva prevedere una reazione cinese così forte? E che cosa possiamo aspettarci nei prossimi giorni e settimane?
Il governo taiwanese prevedeva una reazione forte ma non così immediata e vasta. Si pensava a esercitazioni in 4 aree, non in 6 o 7. Non credo che le esercitazioni si fermeranno: ci saranno delle pause e poi riprenderanno in diversi round per alcune settimane. Almeno fino alla fine del raduno di Beidaihe, intorno al 20 agosto. La Cina sta provando a creare un blocco navale allo scopo di causare caos e divisioni a Taiwan. Sarà complicato ricevere cargo, le riserve di materie prime ed energia inizieranno a diminuire e questo creerà ansia. Pechino crede che questo possa portare i taiwanesi a incolpare il governo per aver ricevuto Pelosi. Questo è lo scopo principale delle esercitazioni, non effettuare un’invasione.
Questa strategia può funzionare?
Il governo taiwanese è pronto a contenere i rischi per un periodo di qualche settimana. Non credo che la Cina possa raggiungere pienamente il suo obiettivo.
Tra gli analisti è in corso un dibattito sul fatto che quella attuale sia in effetti una “quarta crisi sullo Stretto” oppure no. Lei che ne pensa?
Lo è, senza dubbio. Basti guardare alla mobilitazione militare che non coinvolge solo i mezzi cinesi ma anche quelli americani e giapponesi. Penso che rispetto alla terza crisi del 1995-1996 il periodo delle esercitazioni sarà più breve ma la loro intensità, e dunque il pericolo, sarà maggiore. La Cina non è più il paese del 1996, militarmente è molto più potente e sicura di sé.
Come gestire questo momento così delicato da parte del governo taiwanese?
La chiave di questa crisi è capire come e quanto Taiwan e Usa collaboreranno a livello militare. Più la Cina osserverà un livello alto di coordinamento e più sarà cauta nel prossimo futuro. Se ciò non accadrà, Pechino potrebbe aumentare l’intensità delle azioni militari.
Pensa che la Casa bianca sia intenzionata a farlo?
Biden stava cercando il dialogo con Xi, ma dopo la visita di Pelosi sarà costretto a cambiare approccio. Le forze americane presenti in Giappone e del comando dell’Indo-Pacifico credo siano pronte a essere mobilitate in caso di un’escalation.
Pechino è già in grado di condurre un’invasione su larga scala di Taiwan?
Al momento non ha abbastanza capacità, soprattutto anfibie. Ma al massimo entro 10 anni le avrà.
Ci si può aspettare qualche annuncio su Taiwan da parte del Partito comunista?
Dopo le due sessioni di marzo è chiaro che dal prossimo Congresso emergerà una «nuova strategia per risolvere la questione di Taiwan nella nuova era». La visita di Pelosi può cambiare il contenuto di quel documento con una estensione delle misure messe in campo, comprese quelle militari, diplomatiche e di infiltrazione.
Quali effetti ci saranno sulla politica interna?
Probabilmente ci sarà una spinta in direzione del Dpp per le elezioni di novembre, ma per quanto riguarda le presidenziali del gennaio 2024 è ancora tutto da vedere quali effetti anche economici ci saranno sul medio e lungo periodo. Aspetterei a dare il Dpp già vincitore.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.