Zero Covid. Taipei-Pechino: estradizioni, commercio e test militari. Discorsi di inizio anno di Xi e Tsai. Lituania, 7Eleven e l’ex ambasciatore di Taipei in Nicaragua. Accordo difensivo Giappone-Australia. Pena di morte. La rassegna di Lorenzo Lamperti con le notizie della settimana da Taipei (e dintorni)
La strategia zero Covid di Taiwan
«Abbiamo raggiunto lo status di zero Covid». A dirlo Chen Shih-chung, ministro della Salute e del Welfare di Taiwan, lo scorso 8 dicembre. Erano appena trascorsi 33 giorni consecutivi senza un caso di trasmissione locale. A parte l’ondata di maggio-giugno, Taipei è sempre rimasta quasi immune dal Covid-19. In totale, a ieri si contavano poco più di 17 mila casi e 850 morti. Risultati ottenuti attraverso una strategia che persegue lo stesso obiettivo della Repubblica Popolare Cinese: zero contagi. I modi in cui Pechino e Taipei attuano la strategia sono diversi, ma il fine ultimo resta sempre l’eliminazione del virus. Mentre il governo cinese opera stringenti lockdown, da ultimo a Xi’an, quello taiwanese non è mai arrivato a una chiusura totale. Entrambi hanno blindato i propri confini senza differenza tra vaccinati o non vaccinati, anche se di recente Taipei ha avviato qualche allentamento sui ricongiungimenti familiari e sui visti per chi è in possesso di borse di studio del governo.
Tampone prima di partire, test salivare all’arrivo, quarantena centralizzata in hotel a proprie spese, contatti quotidiani col Comando centrale epidemiologico e ulteriori test prima di essere restituiti alla vita sociale, gestita attraverso il 1922 SMS: un sistema di scannerizzazione di QR code che traccia gli ingressi in luoghi pubblici ed esercizi commerciali. Il modello taiwanese ha consentito un’efficace prevenzione alla circolazione del virus e una stroncatura sul nascere dei pochi focolai. Ora, però, gli hotel sono pieni di taiwanesi di ritorno per il Capodanno cinese. E i casi “importati” aumentano: ieri erano 25. Tanto che c’è anche chi non avrebbe consentito il loro ritorno. Conversando con cittadini o guardando i social si scopre che si tratta di un’opinione piuttosto diffusa e tra diverse fasce d’età, compresi i giovani.
Ma rifiutare qualsiasi tipo di convivenza con la pandemia espone a dei rischi. Non solo sanitari, visto che tutti gli esperti prevedono che il Covid e le sue varianti resteranno in giro ancora per diverso tempo, ma anche economici e politici. A Pechino come a Taipei, le realtà imprenditoriali internazionali mugugnano per le restrizioni e le difficoltà create dai divieti di viaggio. “Vanno benissimo le videoconferenze, ma poi gli affari veri si fanno quasi sempre di persona”, dice il general manager di una multinazionale attiva a Taiwan. Il mondo del business, Camera di commercio europea compresa, ha chiesto più volte all’amministrazione Tsai di rivedere le norme.
Per ora senza grandi risultati, anche perché l’arrivo di Omicron rende più difficile il discostamento dal sentiero intrapreso. Chan Chang-chuan della National Taiwan University ha chiesto di iniziare a immaginare un futuro di convivenza col virus. Con l’accelerazione della campagna vaccinale (l’80% dei taiwanesi ha ricevuto almeno una dose mentre è già cominciata la somministrazione della terza per le fasce più deboli) sarebbe “tecnicamente possibile, ma l’ostacolo è la mentalità della società che da troppo è focalizzata sul zero Covid”. Zero contagi significa zero errori, sia da una parte che dall’altra dello stretto. Alzando l’asticella si abbassa la soglia di tolleranza della popolazione. Riuscire a eliminare il virus ha per ora garantito un confronto a favore con le performance altrui, dando slancio a narrativa interna ed esterna. Ma allo stesso tempo eventuali problemi futuri possono avere ripercussioni sui governi. E a Taiwan c’è anche un’opposizione politica pronta ad approfittarne in vista delle elezioni locali dell’autunno 2022, viatico alle presidenziali di gennaio 2024.
Intanto, negli scorsi giorni si sono manifestati i primi casi di contagi locali di Omicron, ma per ora non si pensa di elevare il rischio a livello 3. Asia Sentinel parla del caso dell’Academia Sinica, il principale istituto di ricerca di Taiwan multato per aver violato i regolamenti che regolano la gestione dei materiali biologici infettivi dopo che un ricercatore di laboratorio è stato infettato dal Covid-19 per il morso di un topo.
Rapporti Taipei-Pechino tra estradizioni, commercio e test militari
Segnale interessante sulle relazioni Taipei-Pechino. Taiwan ha iniziato a deportare cittadini cinesi per la prima volta in più di un anno, dopo la restituzione da parte di Pechino di un fuggitivo taiwanese. Il tutto è regolato da un accordo sulle estradizioni del 2009, ma le deportazioni sono diventate più rare da quando è diventata presidente Tsai Ing-wen. Tra i 21 cittadini in lista ci sarebbe anche un dissidente politico.
Anche sul lato commerciale il dialogo prosegue spedito, in un contesto di “frizioni tollerabili“. Ma Pechino pone delle barriere sull’importazione di pesce taiwanese.
Taipei intanto continua le esercitazioni militari, con test aerei e di “guerriglia urbana“.
Presentati nuovi mezzi aerei a Chiayi e nuovi mezzi navali a Keelung.
I discorsi di inizio anno di Xi Jinping e Tsai Ing-wen
Nel suo tradizionale discorso di inizio anno, Xi Jinping ha parlato meno di altre occasioni di Taiwan, e in modo più morbido. Questo il passaggio: “La completa riunificazione della nostra madrepatria è un’aspirazione condivisa dalle persone su entrambi i lati dello stretto di Taiwan. Spero sinceramente che tutti i figli e le figlie della nazione cinese uniscano le forze per creare un futuro più luminoso per la nostra nazione”. Cambio di tono rispetto al celebre discorso del 2019 in cui non escluse l’utilizzo della forza, elemento che insieme al caos di Hong Kong allontanarono ancora di più Taipei da Pechino e favorirono la vittoria di Tsai alle elezioni del 2020 (ne ho parlato qui nel dettaglio).
Tsai ha invece messo in guardia Taiwan e i partner da quello che chiama “avventurismo militare” di Pechino. Nel suo discorso non ha citato una sola volta la “Repubblica di Cina”, tuttora il nome ufficiale di Taiwan.
Secondo Cnbc, il dossier taiwanese resta il più rischioso nel 2022, mentre il Wall Street Journal mette in relazione le situazioni che stanno vivendo Taiwan e Ucraina.
Lituania, Nicaragua e 7Eleven
Il presidente lituano Gitanas Nauseda ha detto che “è stato un errore” aprire a Vilnius un ufficio di rappresentanza di Taipei chiamandolo “Ufficio di rappresentanza di Taiwan”. Intanto però vanno avanti i preparativi per l’ufficio di rappresentanza di Vilnius a Taipei. Anche perché nel frattempo i ministri e membri del governo lituano proseguono sulla loro strada e smentiscono il presidente. Ne ha scritto Giulia Pompili.
Pechino ha multato ed emesso un avvertimento a 7-Eleven (presente pressoché a ogni angolo di strada a Taipei e dintorni) per il suo sito web che elenca Taiwan come un paese e che mostra mappe che, a suo dire, contengono confini errati per Xinjiang e Tibet.
Esplode invece il caso di Jaime Wu, ex ambasciatore taiwanese in Nicaragua. Un mese prima della rottura dei rapporti diplomatici tra Managua e Taipei (di cui avevo scritto qui), Wu si era ritirato dal ruolo e il 10 dicembre ha ottenuto la cittadinanza dal paese del centroamerica. Mossa che gli ha consentito di restare in Nicaragua mentre tutti i suoi ex colleghi e dipendenti sono stati costretti a tornare a Taipei. In serio dubbio la sua lealtà e i suoi rapporti con la Repubblica Popolare.
L’accordo difensivo Giappone-Australia
Tokyo e Canberra hanno siglato un importante accordo militare (ne ho scritto qui). Giappone e Australia non sono mai stati così vocali sui dossier che riguardano la Cina come negli ultimi mesi. A partire da Taiwan. Abe ha garantito che, in caso di attacco a Taipei, Tokyo entrerebbe in azione. Anche Morrison non si è esentato dal parlare di un argomento che fino a qualche tempo fa era tabù. Pechino si sente, o almeno si rappresenta, accerchiata tra lo sviluppo di sottomarini nucleari garantito dall’Aukus e dalla volontà di costruire una Nato dell’Asia Pacifico di cui il Quad e questo ultimo accordo bilaterale rappresenterebbero i sintomi.
L’accordo potrebbe avere effetti più immediati e duraturi di altre piattaforme nei quali sono coinvolti gli Usa. Dopo l’era dell’imprevedibilità di Donald Trump, i paesi della regione stanno cercando di costruire un’impalcatura regionale che possa restare in piedi anche nel caso di una nuova ritirata a stelle e strisce.
La Corea del Sud resta invece in una posizione ben più defilata, soprattutto in attesa delle elezioni presidenziali del prossimo 9 marzo. Qui un’analisi di War on the Rocks.
Pena di morte a Taiwan
Gli attivisti taiwanesi chiedono all’amministrazione Tsai di abolire la pena di morte, che ufficialmente è ancora in vigore. In realtà, le esecuzioni sono calate drasticamente nel nuovo millennio. Tra il 2006 e il 2009 non ci fu per esempio nessuna esecuzione. Dopo un nuovo aumento durante i due mandati di Ma Ying-jeou, nell’era Tsai ci sono state solo tre esecuzioni. Ma gli attivisti chiedono l’abolizione totale di una pena che getta un’ombra sulle grandi conquiste di Taipei in materia di diritti civili.
Di Lorenzo Lamperti
Qui per recuperare tutte le puntate del 2021 di Taiwan Files
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.