Le parole di Biden sulla difesa di Taipei, le reazioni di Washington e Pechino, le sensazioni dei taiwanesi e il discorso di Blinken. Poi test militari, Kinmen e Matsu, Xinjiang e tanto altro. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
Un’invasione della contea di Kinmen oppure dell’arcipelago delle isole Matsu di un’altra isola periferica è “molto possibile”, qualora “il presidente cinese Xi Jinping” decidesse “di distogliere l’attenzione dai problemi interni e di adempiere al suo dovere storico, anche se è improbabile che una tale mossa provochi sanzioni internazionali se la Taiwan vera e propria rimane intatta”. Lo sostiene un funzionario familiare con le questioni intrastretto, citato dal Taipei Times. “La Cina potrebbe anche prendere spunto dal riconoscimento da parte della Russia delle aree separatiste in Ucraina come pretesto per la sua invasione, sostenendo che sta cercando di ricongiungere le aree pro-Cina con la madrepatria”, dice il funzionario. “È possibile anche un’annessione diretta, considerando che la Cina stima di poter conquistare Kinmen in un giorno”, si legge sempre sul Taipei Times.
In realtà, soprattutto la penultima osservazione sembra essere in contrasto con l’obiettivo generale di “riunificazione” di Pechino. In che senso? Motivare l’annessione di Kinmen e Matsu definendole aree pro-Cina automaticamente significherebbe prendere le distanze dal resto del territorio amministrato da Taipei. Se l’ipotesi di un’azione su uno degli arcipelaghi minori è plausibile, e su Taiwan Files ne ho parlato diverse volte, la sensazione è che sarebbe motivata più da ragioni strategiche e tattiche. Come quella di fiaccare la voglia di combattere dei taiwanesi e portarli a un tavolo negoziale mostrando l’auspicato (da parte cinese) non intervento internazionale di fronte all’unificazione di territori periferici della Repubblica di Cina.
Per approfondire su Kinmen e Matsu ci sono due reportage che ho realizzato negli scorsi mesi. Qui Kinmen per il Manifesto e qui Matsu per Internazionale.
L’ambiguità strategica e le (non) gaffe di Biden
Lo sappiamo, è stata soprattutto la settimana delle (non) gaffe di Joe Biden su Taiwan durante il suo viaggio in Asia tra Seul e Tokyo. Taiwan è stata citata nel comunicato congiunto con la Corea del Sud dopo il bilaterale con il neo presidente Yoon Suk-yeol, usando la stessa formula utilizzata nell’incontro tra Biden e il predecessore Moon Jae-in (ne ho scritto qui). Ma, chiaramente, ad attirare l’attenzione è stata la risposta in merito alla difesa di Taiwan. Ne ho scritto qui. Già a ottobre scrivevo che era difficile ritenere si trattasse di gaffe.
Se tre indizi fanno una prova, ora sappiamo che forse gli Stati uniti interverrebbero militarmente in caso di aggressione a Taiwan. O quantomeno questo è il messaggio che vuole dare Joe Biden. Ieri, durante la conferenza stampa congiunta col premier giapponese Fumio Kishida, ha risposto così a una domanda sul possibile intervento militare nell’ipotesi di un’invasione cinese: «Sì, questo è l’impegno che abbiamo preso». Aggiungendo: «Siamo d’accordo con la politica dell’unica Cina, ma l’idea che Taiwan possa essere presa con la forza non è appropriata». Avvisando inoltre Pechino che sta «flirtando con il pericolo», in riferimento alle incursioni aeree e a «tutte le manovre» che sta effettuando.
Si tratta della terza volta in pochi mesi in cui Biden parla di un impegno nella difesa militare di Taiwan. Le prime due uscite erano state bollate come «gaffe», complici gli immediati chiarimenti della Casa bianca sul fatto che la politica americana sullo Stretto non fosse cambiata. Anche stavolta è stata ribadita la stessa cosa. I rapporti tra Washington e Taipei si basano sulla celeberrima «ambiguità strategica» per la quale gli Usa si impegnano a tutelare la difesa taiwanese (per esempio attraverso la vendita di armi) senza stabilire l’obbligo di intervento diretto in caso di conflitto. Anche se da sempre l’impegno di Washington è quello di tutelare lo status quo. Quello status quo che da qualche tempo entrambe le potenze coinvolte in questo gioco a scacchi vedono minacciato dalle manovre o dalle parole del rivale.
Secondo la Cnn, gli alti funzionari sarebbero stati «colti alla sprovvista» dalla dichiarazione di Biden. Ma pare ormai limitativo bollare le sue uscite come «gaffe» (qui il Washington Post si interroga sul significato delle parole del presidente). È proprio alle smentite o precisazioni che va forse fatta la tara. L’ambiguità viene superata prima nella realtà che sulla carta. Il messaggio di Biden è arrivato sia a Pechino, con finalità di deterrenza, sia a Taipei, con finalità di rassicurazione. Così come era accaduto dopo l’Afghanistan, dopo l’Ucraina Biden comunica che l’Asia-Pacifico, la contesa con Pechino e, dunque, Taiwan sono la priorità. Anche perché questa volta il messaggio è stato lanciato dal Giappone, il paese più deciso non solo nel seguire gli Usa ma anche a costruire un’architettura asiatica alternativa a quella cinese. Nelle scorse settimane, l’ex premier Shinzo Abe aveva chiesto alla Casa bianca di archiviare l’ambiguità strategica su Taiwan. Tokyo considera l’indipendenza de facto di Taipei come elemento di sicurezza nazionale, vista la prossimità geografica delle prime isole del suo arcipelago, comprese le Senkaku/Diaoyu contese.
Taipei, tra le crescenti pressioni della Repubblica popolare e i tentativi americani di spezzare il cordone tra le due sponde dello Stretto, si sente più esposta e il governo Dpp non disdegna un’ambiguità meno ambigua. Anche se Taiwan incassa la delusione (per ragioni geopolitiche) dell’esclusione dall’Indo-Pacific Economic Framework, al quale hanno aderito in 12.
Dopo la terza (non) gaffe di Biden sull’impegno a difendere militarmente Taiwan in caso di invasione, la stessa Taipei s’interroga sui possibili scenari (ne ho scritto qui). Funzionari vicini al governo descrivono sentimenti contrapposti. Da una parte c’è chi percepisce la presa di posizione di Biden come un ulteriore segnale che forse è arrivato il momento di spingere sull’acceleratore per completare, sotto la presunta tutela statunitense, il distacco da una Repubblica Popolare distratta dall’impatto economico della strategia zero Covid e dal XX Congresso. La richiesta quasi unanime è però quella di dimostrare maggiore chiarezza anche nei fatti oltre che nelle parole (peraltro come sempre corrette dalla Casa bianca), per esempio attraverso una velocizzazione dell’invio di armi richieste da Taipei, spesso di tipo diverso rispetto a quelle che vorrebbe invece venderle il Pentagono. Secondo The Atlantic, Biden ha fatto bene a ribadire la posizione su Taipei.
Dall’altra parte c’è chi invece ritiene che aumentino confusione e rischi. La pensa così anche Bonnie Glaser: «Si rischia di provocare l’attacco che vorremmo dissuadere, perché Xi Jinping potrebbe sentirsi messo alle strette e potrebbe concludere di dover agire mentre la Cina ha ancora un vantaggio», ha detto a Politico la direttrice dell’Asia Program al German Marshall Fund degli Usa. Per Foreign Policy Biden starebbe perdendo un’occasione di engagement con Pechino, mentre Kissinger sostiene che Taiwan non dovrebbe essere al centro della discussione tra Washington e Pechino.
Non impossibile che nelle prossime settimane ci sia un colloquio telefonico tra Biden e Xi, per tornare a dirsi di essere d’accordo di essere in disaccordo sul nodo taiwanese. Fino al prossimo test incrociato delle rispettive linee rosse.
Della portata del discorso di Biden, della reazione cinese e in generale della missione asiatica del presidente americano ho parlato su Radio 24 e su Radio In Blu. E ne ho discusso anche con Guido Alberto Casanova per il suo pezzo su Rolling Stone.
Le reazioni di Pechino e Washington
Pechino risponde anche con manovre militari. Durante il viaggio di Biden sono stati avvistati in un solo giorno 14 velivoli militari cinesi nello spazio d’identificazione di difesa aerea taiwanese (non riconosciuto da Pechino). Dopo di che sono state annunciate grandi esercitazioni militari intorno allo Stretto (ne ho scritto qui). “Questo round avrà un effetto dimostrativo potenziato, che potrebbe includere il sorvolo di aerei e/o il lancio di missili nello spazio aereo di Taiwan?” si chiede Bill Bishop su Sinocism. “La logistica conta, e non credo che si stia dando abbastanza peso alla possibilità che una delle lezioni che Xi e il PLA possono trarre dall’Ucraina e dal cambiamento delle politiche statunitensi su Taiwan sia che più aspettiamo a fare qualcosa su Taiwan, più diventa difficile”.
Antony Blinken ha rilasciato l’atteso discorso sulle politiche di Washington nei confronti della Repubblica Popolare. Ecco il lungo passaggio su Taiwan.
Su Taiwan, il nostro approccio è stato coerente attraverso decenni e amministrazioni. Come ha detto il Presidente, la nostra politica non è cambiata. Gli Stati Uniti restano impegnati nella loro politica di “una sola Cina”, guidata dal Taiwan Relations Act, dai tre comunicati congiunti e dalle sei assicurazioni. Ci opponiamo a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo da entrambe le parti; non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan e ci aspettiamo che le differenze tra le due sponde dello Stretto siano risolte con mezzi pacifici.
Continuiamo ad avere un interesse costante per la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan. Continueremo a mantenere gli impegni assunti con il Taiwan Relations Act per assistere Taiwan nel mantenimento di una sufficiente capacità di autodifesa e, come indicato nel TRA, per “mantenere la nostra capacità di resistere a qualsiasi ricorso alla forza o ad altre forme di coercizione che possano mettere a rischio la sicurezza o il sistema sociale o economico di Taiwan”. Abbiamo una forte relazione non ufficiale con Taiwan, una democrazia vibrante e un’economia leader nella regione. Continueremo a espandere la nostra cooperazione con Taiwan su molti interessi e valori condivisi, a sostenere la significativa partecipazione di Taiwan alla comunità internazionale, ad approfondire i nostri legami economici, coerentemente con la nostra politica di “una sola Cina”.
Mentre la nostra politica non è cambiata, ciò che è cambiato è la crescente coercizione di Pechino, come il tentativo di tagliare le relazioni di Taiwan con i Paesi di tutto il mondo e di bloccarne la partecipazione alle organizzazioni internazionali. Inoltre, Pechino si è impegnata in una retorica e in attività sempre più provocatorie, come il volo di aerei della PLA vicino a Taiwan su base quasi quotidiana. Queste parole e queste azioni sono profondamente destabilizzanti, rischiano di far sbagliare i calcoli e minacciano la pace e la stabilità dello Stretto di Taiwan. Come abbiamo visto nelle discussioni del Presidente con gli alleati e i partner dell’Indo-Pacifico, il mantenimento della pace e della stabilità attraverso lo stretto non è solo un interesse degli Stati Uniti, ma una questione di interesse internazionale, fondamentale per la sicurezza e la prosperità regionale e globale.
Continua a non cambiare la prospettiva dei due contendenti che vedono il rivale come colui che sta cercando di cambiare lo status quo sullo Stretto. In generale, comunque il discorso di Blinken è suonato meno minaccioso da Pechino rispetto a quelli dei predecessori Pence e Pompeo. Ma la Cina fa notare la differenza tra le parole (di Blinken) e le azioni (in particolari su Taiwan), che a suo dire le disattendono. Per esempio continuando a facilitare la vendita di armi a Taipei.
Hung Hsiu-chu, ex presidente del Guomindang, difende Pechino sullo Xinjiang: “Tutti i fatti hanno dimostrato che le accuse mosse dagli Stati Uniti e da altri Paesi occidentali contro lo Xinjiang cinese sono totalmente infamanti”. Interessante lo spazio concesso su Xinhua, mentre la prossima settimana l’attuale leader del partito nazionalista, Eric Chu, sarà in viaggio negli Usa (di rapporti Gmd-Usa ne ho parlato qui).
Taipei cerca di evitare la fuga di talenti nel settore dei semiconduttori verso la Repubblica Popolare.
Difesa taiwanese, WHA e relazioni diplomatiche
L’esercito di Taiwan ha approvato un progetto per l’installazione di sistemi di difesa indigeni per veicoli aerei senza pilota (UAV) in 45 basi dislocate su tutto il territorio, per neutralizzare le incursioni di droni ostili, se necessario, secondo Focus Taiwan.
Anche la Germania si è espressa a favore dell’inclusione di Taiwan all’Assemblea Mondiale della Sanità, ma come racconta Ludovica Meacci non è bastato.
L’Unione europea intende rilanciare i piani per migliorare le relazioni con Taipei, abbandonati lo scorso novembre per timore di danneggiare i rapporti con Pechino. Ne scrive Finbarr Bermingham sul South China Morning Post.
Lo zoo di Praga ha accolto un pangolino arrivato da Taiwan frutto di un accordo bilaterale.
Gabriele Carrer ha intervistato il rappresentante di Taipei in Italia, Andrea Sing-Ying Lee.
Economia, Covid e immigrati da Hong Kong
Nokia è stata scelta da Taiwan Mobile (TWM) per migliorare la copertura 5G dell’operatore in tutto il Paese. In base all’accordo, Nokia fornirà il suo ultimo portafoglio AirScale ad alta efficienza energetica a sostegno degli impegni di TWM per RE100 e per il raggiungimento del 100% di energia rinnovabile entro il 2040. Inoltre, fornirà un percorso di evoluzione della rete senza problemi dopo il completamento della fusione proposta con Taiwan Star.
Carenza di ingredienti per la medicina tradizionale cinese a Taiwan durante la peggiore ondata di Covid dall’inizio della pandemia. Lawrence Wong e Zhuang Pinghui confrontano da Taipei e Pechino i due modelli di contenimento del virus.
Taiwan ha rinviato a tempo indeterminato un programma che avrebbe reso più facile per i professionisti di Hong Kong e Macao diventare residenti o cittadini permanenti, dopo le preoccupazioni dei politici su possibili infiltrazioni di agenti cinesi. Erin Hale su Al Jazeera.
Su Gariwo sono tornato (dopo il Taiwan Files della scorse settimana) sul tema della sparatoria di Laguna Woods e il suo significato sui rapporti intrastretto e per l’identità taiwanese.
Il produttore taiwanese di scooter KYMCO sta progettando di introdurre sul mercato europeo scooter elettrici alimentati dal suo sistema di scambio di batterie Ionex. Secondo Moto.it, KYMCO sta per lanciare in Italia le sue due ruote elettriche Ionex. A distribuirle sarà KMI, del gruppo Padana Sviluppo.
L’ICE, attraverso l’ufficio di Taipei diretto da Enrico Condemi, ha promosso la partecipazione di 11 start-up italiane a Innovex 2022 a Taipei. Si tratta di startup che operano in settori che vanno dalla sanità, all’alimentare, alla logistica, al facility management, al coding, all’istruzione, all’analisi dei big data, all’AR/VR, all’eID.
Di Lorenzo Lamperti
Taiwan Files 19.05.22 – La sparatoria in California e Taiwan/Repubblica di Cina
Taiwan Files 14.05.22 – Status quo, documenti e bersagli, Oms, semiconduttori
Taiwan Files 07.05.22 – Covid, Chu negli Usa, armi, Nato/Quad, diritti
Taiwan Files 30.04.22 – Tra Isole Matsu e la storia di Wu Rwei-ren
Taiwan Files 23.04.22 – Lezioni ucraine
Taiwan Files 16.04.22 – Negoziazioni, giustificazioni, esercitazioni
Taiwan Files 09.04.22 – Tra Lee Teng-hui e Nancy Pelosi
Taiwan Files 02.04.22 – Tsunami e cambiamento climatico
Taiwan Files 19.03.22 – Biden/Xi, manovre militari e normative
Taiwan Files 07.03.22 – Pompeo a Taipei e Taiwan nella “nuova era”
Taiwan Files 28.02.22 – Taipei non è Kiev, neanche post invasione russa
Taiwan Files 19.02.22 – La prospettiva taiwanese sull’Ucraina
Taiwan Files 12.02.22 – Pechino vista da Taipei
Taiwan Files 05.02.22 – Le Olimpiadi secondo Taiwan
Taiwan Files 29.01.22 – La Cina osserva la Russia in Ucraina, ma Taipei non è Kiev
Taiwan Files 22.01.22 – Il multiverso di Taiwan. Intervista ad Audrey Tang
Taiwan Files 15.01.22 – Commercio, sicurezza nazionale, sondaggi Chengchi, chip, diritti civili
Taiwan Files 08.01.22 – Arcobaleni, zero Covid, estradizioni, Xi/Tsai
Qui per recuperare tutte le puntate di Taiwan Files
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.