L’ipotesi di un ponte tra Fujian cinese e isole minori taiwanesi. La nuova portaerei di Pechino, sovranità sullo Stretto, manovre militari e incidenti a mezzi di Taipei. Poi dati economici e semiconduttori. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
“Se mi chiedete cosa fare, suggerisco di costruire un ponte marittimo che colleghi l’aeroporto di Xiamen a Kinmen. In questo modo si potrebbe risolvere almeno la metà dei problemi che affliggono Kinmen, tra cui la popolazione, l’approvvigionamento idrico ed elettrico e lo smaltimento dei rifiuti”. Parola di Ko Wen-je, attualmente sindaco di Taipei, leader del Taiwan’s People Party e primo candidato ufficiale alle elezioni presidenziali del 2024. Secondo Ko, Kinmen potrebbe servire come zona cuscinetto per le due sponde dello Stretto di Taiwan. I sostenitori del governo del DPP respingono l’idea, racconta Lawrence Chung, definendola un “cavallo di Troia” che aiuterebbe a realizzare le mire di invasione militare o inglobamento de facto da parte della Repubblica Popolare.
Il tema affrontato da Ko durante una visita a Kinmen nei giorni scorsi è tra i più delicati della politica taiwanese. Del progetto di ponti tra la provincia del Fujian e le isole minori amministrati da Taipei come Kinmen e Matsu se ne parla da anni. Ne avevano parlato soprattutto le autorità locali del Fujian, chiamate dal governo centrale di Xi Jinping di preparare il terreno a una “riunificazione” (che a Taiwan vedono come “unificazione) pacifica attraverso la creazione di progetti bilaterali. Eppure, anche da parte taiwanese, o meglio da parte Repubblica di Cina, l’ipotesi non è tramontata. Nonostante quanto accaduto negli ultimi anni.
Ne avevo scritto in riferimento a Matsu nel reportage che avevo realizzato per Internazionale. “Noi eravamo favorevoli a questo progetto, ci aiuterebbe a rafforzare il turismo e l’economia. Ma serve il via libera del governo centrale” mi aveva detto Chang Longde, segretario generale del governo locale, guidato dal Guomindang, l’opposizione dialogante con Pechino ma che di recente ha riallacciato i rapporti con Washington (ne ho scritto qui per ISPI). Sembra difficile, se non impossibile, che questo possa succedere con il Partito progressista democratico (Dpp) al governo. “Ma”, dice Chang, “al di là delle parole, l’amministrazione di Tsai Ing-wen non vuole rompere tutti i rapporti con Pechino”.
Di Kinmen, invece, avevo scritto in un altro reportage per il Manifesto e pubblicato in versione estesa anche su China Files.
Portaerei Fujian, sovranità sullo Stretto e manovre militari durante il summit dei BRICS
In attesa dei ponti, Pechino costruisce portaerei. La terza portaerei dell’Esercito popolare di liberazione, la Fujian, è la prima dotata di un sistema di decollo a catapulta elettromagnetica. Ciò significa lanci di velivoli più eclettici, più rapidi, più armati: in linea con gli standard degli Stati Uniti. Dislocamento di oltre 80 mila tonnellate (contro le 60 mila dei modelli precedenti), la Fujian è dotata anche di sistemi di blocco innovativi che consentono una rapida decelerazione in atterraggio. Secondo i media cinesi, ospiterà una versione migliorata del caccia J-15, una sua variante da guerra elettronica, lo stealth di nuova generazione J-35 e droni armati.
Il messaggio di Pechino è forte, in particolare a Taipei e Washington, dopo che nei giorni scorsi Xi Jinping ha rivendicato la sovranità sulle acque dello Stretto (rivendicazione respinta da Taipei e Washington) e ha firmato un’ordinanza che regola le operazioni “non belliche” dell’esercito. Ci vorrà ancora qualche tempo per l’entrata in servizio, ma il suo porto potrebbe essere con vista Taiwan. Ma, sottolinea Limes, “per via della sua struttura, una portaerei non è adatta a operare in un braccio di mare così angusto come lo Stretto di Taiwan, largo circa 150 chilometri. Qui, la Fujian o le sue sorelle sarebbero eccessivamente vulnerabili a sottomarini e missili antinavi degli Stati Uniti (che pattugliano costantemente il Mar Cinese Meridionale) e del Giappone”.
La Cina ha già la più grande marina militare del mondo per numero di navi da guerra, ma si tratta molto spesso di velivoli più piccoli. Xi ha impresso una forte accelerazione al programma sulle portaerei: vuole averne almeno 6 entro il 2035, di cui 4 a propulsione nucleare. Già oggi solo gli Usa, con 11, ne hanno di più. Nel cantiere navale di Jiangnan si lavora già da tempo alla costruzione della prima portaerei a propulsione nucleare Type 004, più grande della Type 003 a cui appartiene la Fujian: potrebbe alimentare cannoni a rotaia e armi laser. Xi sa che il futuro si gioca nel Pacifico. E si sta regalando una flotta all’altezza delle ambizioni.
Venerdì 24 giugno un aereo da ricognizione P-8A Poseidon della Marina statunitense ha sorvolato lo Stretto di Taiwan a dimostrazione dell'”impegno degli Stati Uniti per un Indo-Pacifico libero e aperto”. La mossa dopo che nei giorni scorsi si è registrato un aumento delle incursioni dei jet militari dell’Esercito di Pechino. Il 21 giugno ne sono state registrate 29, il 23 giugno altre 21. Operazioni condotte durante il summit dei BRICS, di cui ho scritto qui (Il Manifesto) e qui (La Stampa) e parlato qui (Nessun luogo è lontano – Radio 24).
Durante il vertice, Xi Jinping si è scagliato anche contro la logica dei blocchi: “Non si possono espandere le alleanze militari e cercare la propria sicurezza a spese della sicurezza di altri paesi”. Un chiaro, per quanto implicito, riferimento all’Alleanza Atlantica che ancora una volta giustifica (senza appoggiarle) le azioni russe. Narrativa funzionale a Pechino come chiave interpretativa su Pacifico e Taiwan. Non è un caso che, a pochi giorni dalla storica partecipazione dei leader di Giappone e Corea del Sud al summit della Nato, alcune navi dell’Esercito popolare di liberazione abbiano circumnavigato l’arcipelago nipponico.
Secondo degli analisti citati dal South China Morning Post, Pechino potrebbe alzare ancora di più la pressione su Taiwan, mentre Washington si avvicina a Taipei. La valutazione arriva dopo che due senatori statunitensi (di entrambi i partiti) hanno presentato un disegno di legge per aumentare il sostegno a Taiwan con miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza e modifiche alla legge che sostiene i legami non ufficiali di Washington con Taiwan.
Gli Stati Uniti e Taiwan sono peraltro nelle fasi finali della preparazione di un dialogo strategico bilaterale tra funzionari della sicurezza, sostiene Nikkei Asia, durante il quale si discuteranno le metodologie di difesa del territorio amministrato da Taipei.
Taiwan ha ingaggiato lobbisti americani per fare pressione sul governo e sul Congresso degli Stati Uniti, nell’ambito dei suoi sforzi per stabilire solidi legami bilaterali di fronte alle crescenti minacce militari di Pechino. Il Ministero degli Esteri di Taipei ha ammesso che da tempo è prassi impiegare società di pubbliche relazioni negli Stati Uniti per aiutare a consolidare i legami tra Taiwan e gli Stati Uniti. Si tratta dell’ufficialità di una tendenza nota e risaputa da tempo e che di certo non coinvolge solamente Taiwan ma la maggior parte dei governi al mondo.
Intanto, altri due incidenti a mezzi militari taiwanesi (una lista lunga). Un elicottero antisommergibile è stato costretto a un atterraggio brusco presso una base navale a Zuoying, nel sud di Taiwan, ferendo i quattro membri dell’equipaggio a bordo, nel quinto grave incidente che ha colpito le forze armate dell’isola quest’anno.
Un mezzo con sistema missilistico Thunderbolt-2000 di Taiwan, progettato per contrastare potenziali attacchi anfibi e marittimi da parte di Pechino, è esploso durante un’esercitazione di combattimento a fuoco vivo nel sud-est dell’isola principale taiwanese.
Che cosa dicono gli analisti
Nonostante l’enorme discrepanza militare tra le due parti, molti analisti ritengono che la posizione di Taiwan, il terreno inospitale e il sostegno degli Stati Uniti rendano estremamente difficile per la Cina un’invasione su larga scala – e forse troppo costosa da accettare. Channel News Asia.
Lunga e interessante analisi su Foreign Affairs. “I timori di un imminente attacco cinese sono fuori luogo. Per decenni, la politica cinese nei confronti di Taiwan è stata caratterizzata dalla pazienza strategica, così come il suo approccio ad altre rivendicazioni e dispute territoriali, dall’India al Mar Cinese Meridionale. Lungi dallo spingere la Cina a rinunciare a questo approccio in favore di un imminente assalto militare a Taiwan, la guerra in Ucraina rafforzerà l’impegno di Pechino a giocare una partita lunga. Il prezzo pagato da Mosca, sia militarmente che sotto forma di isolamento internazionale, è solo una frazione di quello che la Cina potrebbe aspettarsi se tentasse di conquistare Taiwan con la forza. Meglio aspettare pazientemente la resa finale di Taiwan, come ritiene Pechino, che colpire ora e rischiare di conquistare l’isola a un costo troppo alto o di perderla per sempre”.
Del tema e dei paralleli frettolosi tra Ucraina e Taiwan ho scritto svariate volte in questi mesi sui diversi media italiani e in tante puntate di Taiwan Files. Per esempio qui.
Troppo spesso, per esempio in questo Dataroom, si danno per scontate ipotesi che sono al momento pure speculazioni. Come per esempio il fatto che l’invasione russa abbia accelerato i piani di invasione di Xi Jinping. Nello stesso articolo, tra l’altro, si scrive che Nancy Pelosi è stata a Taipei (in realtà il viaggio è saltato come ho scritto qui) e si scrive che i taiwanesi “non vogliono tornare a far parte della Repubblica Popolare Cinese”. In realtà non ne hanno mai fatto parte. Hanno fatto, e anzi fanno ancora parte, della Repubblica di Cina. La base della vicenda taiwanese.
Economia e semiconduttori
La banca centrale taiwanese ha annunciato di aver abbassato le previsioni di crescita del prodotto interno lordo di Taiwan nel 2022 al 3,75%, citando l’impatto sui consumi privati della crescente inflazione. La banca centrale ha tagliato la previsione di crescita del PIL rispetto alla precedente stima del 4,05% fatta a marzo, affermando che oltre alle preoccupazioni per l’indebolimento dei consumi privati, si prevede che i rischi di ribasso dell’economia globale aumenteranno le pressioni sull’economia locale.
Taiwan deve fare fronte anche a un sempre più pressante problema demografico.
Un eventuale attacco militare cinese a Taiwan avrebbe un impatto sui flussi commerciali globali superiore a quello della guerra in Ucraina, ha dichiarato a Reuters il principale negoziatore commerciale di Taipei, affermando che porterebbe a una carenza di chip per semiconduttori.
Proprio l’eccessiva dipendenza nei confronti dei colossi taiwanesi in materia di semiconduttori preoccupa Washington, scrive il Wall Street Journal. Non a caso, come avevo scritto su La Stampa qualche settimana fa, Joe Biden ha incontrato il neo presidente della Corea del Sud Yoon Suk-yeol in un impianto di Samsung.
Intanto la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC), il più grande produttore di chip a contratto del mondo, inizierà la produzione in volumi di chip a 2 nanometri entro il 2025. I chip realizzati con il processo a 2 nm saranno più veloci del 10-15% a parità di potenza o risparmieranno il 25-30% di energia a parità di velocità rispetto al processo a 3 nm. I chip con processo a 2 nm saranno caratterizzati da una nuova tecnologia chiamata “architettura a transistor nanosheet” per migliorare le prestazioni e l’efficienza energetica.
Ho scritto più volte di semiconduttori e Taiwan. Per esempio qui.
Altre cose
La Lituania intende aprire un ufficio di rappresentanza a Taiwan a settembre, ha dichiarato uno dei suoi viceministri, nell’ambito di un rafforzamento dei legami con Taipei che ha fatto infuriare Pechino. Scontro che ha portato, ha aggiunto il governo lituano, a un calo delle esportazioni quasi nullo.
Taiwan ha riaperto le frontiere per i viaggi d’affari, consentendo ai passeggeri in transito di tornare sul suo territorio con un periodo di quarantena ridotto a tre giorni, seguito da quattro giorni di monitoraggio sanitario Covid-19 per tutti i viaggiatori autorizzati. L’allentamento delle regole di ingresso è stato annunciato quando il numero di casi e di decessi giornalieri a Taiwan ha iniziato a diminuire.
Il ministero degli Esteri di Taiwan ha espresso i suoi ringraziamenti dopo che gli organizzatori dei Mondiali di calcio in Qatar hanno rimosso un riferimento alla Cina per i visitatori taiwanesi che richiedono una carta d’identità che funge anche da visto d’ingresso. Con le regole precedenti, i tifosi taiwanesi sarebbero stati indicati come “cinesi”.
Lunedì 27 giugno sono a Torino, durante la mia breve trasferta italiana. Alle ore 19.30 parlo di Taiwan a Seta, Sala da Tè Culturale.
Di Lorenzo Lamperti
Taiwan Files 11.06.22 – Guomindang-Usa, Austin-Wei, caso “fact sheet”, manovre giapponesi
Taiwan Files 1.06.22 – Chen Shui-bian, manovre militari, Top Gun
Taiwan Files 27.05.22 – Tra ambiguità e chiarezza, Kinmen e Matsu
Taiwan Files 19.05.22 – La sparatoria in California e Taiwan/Repubblica di Cina
Taiwan Files 14.05.22 – Status quo, documenti e bersagli, Oms, semiconduttori
Taiwan Files 07.05.22 – Covid, Chu negli Usa, armi, Nato/Quad, diritti
Taiwan Files 30.04.22 – Tra Isole Matsu e la storia di Wu Rwei-ren
Taiwan Files 23.04.22 – Lezioni ucraine
Taiwan Files 16.04.22 – Negoziazioni, giustificazioni, esercitazioni
Taiwan Files 09.04.22 – Tra Lee Teng-hui e Nancy Pelosi
Taiwan Files 02.04.22 – Tsunami e cambiamento climatico
Taiwan Files 19.03.22 – Biden/Xi, manovre militari e normative
Taiwan Files 07.03.22 – Pompeo a Taipei e Taiwan nella “nuova era”
Taiwan Files 28.02.22 – Taipei non è Kiev, neanche post invasione russa
Taiwan Files 19.02.22 – La prospettiva taiwanese sull’Ucraina
Taiwan Files 12.02.22 – Pechino vista da Taipei
Taiwan Files 05.02.22 – Le Olimpiadi secondo Taiwan
Taiwan Files 29.01.22 – La Cina osserva la Russia in Ucraina, ma Taipei non è Kiev
Taiwan Files 22.01.22 – Il multiverso di Taiwan. Intervista ad Audrey Tang
Taiwan Files 15.01.22 – Commercio, sicurezza nazionale, sondaggi Chengchi, chip, diritti civili
Taiwan Files 08.01.22 – Arcobaleni, zero Covid, estradizioni, Xi/Tsai
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Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.