La percezione politico-culturale dei taiwanesi sulla Cina. Nuove armi, nuove intimidazioni. Metafore olimpiche e Guomindang a Washington. Relazioni con Lituania, Somaliland e Pacifico meridionale. Semiconduttori, auto elettriche, commercio. La rassegna di Lorenzo Lamperti con le ultime notizie da Taipei (e dintorni)
“Quando si tratta di cultura, alcuni interpretano l’identità taiwanese in modo etnonazionalista – un pieno rifiuto della cultura cinese in favore di una cultura esclusivamente taiwanese. Ma noi troviamo che la maggior parte dei taiwanesi ha un rapporto più complesso con la cultura cinese – anche i giovani”. Lev Nachman, postdoctoral research fellow presso l’Harvard Fairbank Center e tra i più ascoltati analisti di cose taiwanesi, introduce così i risultati dell’ultima ricerca effettuata da lui, Shelley Rigger (Davidson College), Chit Wai John Mok (University of California Irvine) e Nathan Kar Ming Chan (University of California Irvine).
Che cosa dice questa ricerca? “L’idea che i taiwanesi rifiutino l’unificazione per un senso di differenza etnoculturale dalla Cina trova poco sostegno nel nostro sondaggio”, si legge. La maggioranza degli intervistati, il 56%, ritiene la cultura taiwanese simile a quella cinese. Si tratta di un’opinione forte nella pluralità in tutti i gruppi di età, maggioritaria in tutte le fasce di intervistati tutti tranne in uno, quello delle persone tra i 30 e i 39 anni. La percentuale che ritiene le due culture dissimili è più o meno la stessa della percentuale che si è rifiutata di rispondere.
Interessante quanto scrivono i ricercatori in merito a un altro punto. “Abbiamo anche chiesto informazioni sulla somiglianza culturale tra Taiwan e Hong Kong. Ci aspettavamo che gli intervistati potessero sentire un forte legame con Hong Kong. Il loro recente sviluppo economico e sociale è simile, e oggi a Taiwan c’è una notevole simpatia per Hong Kong. Entrambi condividono anche l’esperienza di forgiare identità distinte da quella della Repubblica Popolare Cinese. La nostra aspettativa non è stata confermata; al contrario, i nostri intervistati hanno sentito più affinità culturali con la Cina che con Hong Kong”.
Si legge ancora: “La scoperta che i taiwanesi riconoscono un’affinità culturale tra Taiwan e Cina sfida l’idea che essi rifiutino l’unificazione perché si sentono culturalmente diversi dai cinesi. I nostri dati suggeriscono che l’eccessiva attenzione ai fattori etnoculturali nell’analisi delle tendenze dell’opinione pubblica di Taiwan tende a oscurare un fattore più importante della resistenza taiwanese all’unificazione: l’antipatia verso il sistema politico della RPC e verso specifiche politiche della RPC”. Nel sondaggio, il 63% degli intervistati ha un giudizio negativo del governo del Partito comunista cinese, solo l’8% dà invece un giudizio positivo. Gli intervistati ritengono anche che il governo di Pechino sia una forza negativa nella società taiwanese: il 66% ha valutato l’influenza della RPC su Taiwan come negativa. Meno del 10% vede invece un impatto positivo.
Insomma, come dimostrano altri dati di cui abbiamo parlato tante volte su Taiwan Files (per esempio qui), e come dimostrano gli ultimi sondaggi annuali su status dei rapporti intrastretto e percezione identitaria, la stragrande maggioranza dei taiwanesi non vuole l’unione con la Repubblica Popolare. Ma, dice ancora Nachman: “Che cosa sia l’identità taiwanese o cosa comprenda la cultura taiwanese sono domande molto più grandi a cui un sondaggio non può rispondere. Ma ciò che il nostro sondaggio suggerisce è che l’identità taiwanese non riguarda necessariamente il rifiuto della cultura cinese, ma il rifiuto della RPC come sistema politico”.
La questione identitaria taiwanese è cruciale. Ne avevamo parlato di recente per esempio su Wired in merito alla produzione culturale. Ci torneremo presto.
Nuove armi, nuove intimidazioni
Nei giorni scorsi, l’amministrazione Biden ha approvato un contratto di supporto missilistico da 100 milioni di dollari per Taiwan. L’accordo annunciato lunedì è volto a mantenere e migliorare i sistemi di difesa aerea dell’isola. Un contratto di manutenzione con gli Stati Uniti per i missili Harpoon è stato esteso temporalmente al 2025 e quantitativamente come investimenti.
Come ampiamente prevedibile, risposta negativa da parte di Pechino, che ha minacciato di mettere in atto “misure forti” per salvaguardare i propri interessi dopo l’approvazione della vendita del sistema di difesa missilistica Patriot per cento milioni di dollari. Le vendite di armi statunitensi a Taiwan, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, esprimendo “ferma condanna” per il via libera di Washington, “danneggiano gravemente la sovranità e gli interessi di sicurezza della Cina e minano gravemente le relazioni sino-statunitensi e la pace e la stabilità nello Stretto”.
La crisi ucraina, che sembra alla vigilia del suo passaggio decisivo, fa volgere lo sguardo anche su Taiwan. C’è chi ritiene che gli Stati Uniti vedano le mosse russe su Kiev come un possibile preambolo di quanto possa accadere tra Cina e Taiwan. Il New York Times sostiene che entrambe le parti dello Stretto osservino con attenzione quanto accade in Ucraina. Mentre il National Interest propone un’analisi sul sostegno militare americano a Taipei.
A proposito di Cina e Russia, lunedì 14 febbraio esce il mini e-book numero 10 di China Files dedicato proprio alle relazioni bilaterali tra Pechino e Mosca. L’ho presentato insieme a Camilla Gironi di Osservatorio Russia ad Asiatica su Radio Radicale, il programma settimanale condotto da Francesco Radicioni e Valeria Manieri. Ne riparleremo mercoledì 16 febbraio alle 18 in una diretta Instagram.
Per un’analisi approfondita della strategia militare su Taiwan è uscito questo report.
Ma come già scritto anche su Taiwan Files, Taipei non è Kiev. “Gli Stati Uniti non hanno alcun obbligo di difendere né l’Ucraina né Taiwan, ma i loro interessi tra i due territori non sono simmetrici. È altamente improbabile che Washington non risponda robustamente a un attacco cinese a Taiwan”, scrive per esempio The Straits Times. Anche secondo 1945 le situazioni sono diverse sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista strategico.
Dopo le esercitazioni militari congiunte tra Usa e Giappone al largo di Taiwan, l’Esercito popolare di liberazione ha risposto con dei test militari. Taipei dice di voler sostenere l’azione degli Usa nell’Indo-Pacifico.
L’Istituto Chungshan di Scienza e Tecnologia ha detto che la presunta frode nella produzione di missili indigeni Tien Kung non influenzerà la sicurezza nazionale, dopo che i media locali hanno riferito che gli appaltatori locali avevano usato materiali cinesi di scarsa qualità.
Metafore Olimpiche e Guomindang a Washington
Nel frattempo, i Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022 sono stati occasione di qualche tensione (e di Taiwan e Olimpiadi ne abbiamo parlato in dettaglio settimana scorsa). Un momento durante la cerimonia di apertura presentava centinaia di bambini che tenevano lanterne a forma di colomba della pace che si riunivano per formare un cuore al centro del palco. Uno dei bambini sembrava essere rimasto indietro ed è stato in grado di ritrovare la strada verso il gruppo solo con l’assistenza di un performer più adulto. Evenienza che qualcuno ha ricondotto a una ipotetica metafora di Taiwan che “sta perdendo la sua strada”.
La scorsa settimana avevamo raccontato la vicenda di Huang Yu-ting, la skater che si era allenata con la divisa cinese. Sui social taiwanesi sono proseguite le critiche nei suoi confronti, compresa l’accusa di voler tutelare gli interessi economici del padre in territorio Rpc. La sua sconfitta è stata salutata da soddisfazione piuttosto che delusione.
L’alto funzionario del Partito comunista Wang Yang sabato ha incontrato Hung Hsiu-chu, ex presidente del Guomintang, a Pechino dopo che Hung ha partecipato alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022. Il tutto mentre il principale partito di opposizione di Taiwan ha appena riaperto la sua rappresentanza diplomatica a Washington (qui un approfondimento in merito).
Solo un esempio, secondo il tabloid di Stato cinese Global Times, del trattamento che il governo del Partito democratico progressista riserverebbe ai cittadini favorevoli alla riunificazione.
Relazioni con Lituania, Somaliland e Pacifico meridionale
Prosegue la partita sulla Lituania. Pechino ha sospeso l’import di carne e birra dallo stato baltico, ma il ministro degli Esteri di Vilnius in viaggio in Australia continua a mantenere la linea, sostenendo che non è in contraddizione con la politica della “unica Cina”.
Ospitata una vasta delegazione governativa del Somaliland, non riconosciuto a livello internazionale ma “alleato” diplomatico di Taipei. L’unico altro paese ad avere relazioni ufficiali con Taipei nel continente è rimasto eSwatini.
Interessanti movimenti nel Pacifico meridionale. Gli Stati Uniti hanno annunciato la riapertura di un’ambasciata nelle Isole Salomone a distanza di 29 anni. Non sembra un caso, visto quanto accaduto a Honiara negli scorsi mesi (ne avevo scritto qui). Le Isole Salomone hanno rotto le relazioni con Taiwan nell’autunno 2019 pochi giorni prima di Kiribati. E attenzione anche a Tonga, scrive Gianluca Modolo: Pechino ha deciso di regalare all’isola del Pacifico di recente devastata dallo tsunami diversi macchinari. “Centodieci tra camion, bulldozer ed escavatori. Un carico che arriverà soltanto la prossima settimana, ma che è stato pubblicizzato ampiamente questa mattina”. Il tutto alla vigilia della visita di Antony Blinkenm alle Fiji dove incontrerà i rappresentanti diplomatici dei paesi della regione.
Semiconduttori, auto elettriche, commercio, classiche globali, calcio
Altre notizie in breve. GlobalWafers Co., il terzo più grande fornitore di wafer di silicio al mondo, ha annunciato piani di investimento dopo che i suoi sforzi per ottenere l’approvazione regolamentare dal governo tedesco per rilevare il produttore tedesco di wafer Siltronic AG sono sfumati la scorsa settimana.
Il gruppo energetico statale thailandese PTT inizierà a produrre veicoli elettrici nel paese nel 2024 attraverso una nuova joint venture con la Hon Hai Precision Industry di Taiwan, conosciuta nel mondo come Foxconn.
Taipei ha tagliato le tariffe sulle importazione di una lunga lista di prodotti, mentre ha rimosso il divieto di importazione di prodotti dell’area di Fukushima, introdotta dopo quanto avvenuto nel 2011 in Giappone.
Record storico del rendimento dei principali porti taiwanesi nel 2021.
Il governo ha detto di non essere stato contattato da quello statunitense in merito al tema della diversificazione delle catene di approvvigionamento di gas naturale liquefatto.
Academia Sinica sta lavorando su un vaccino mRNA che sostiene mirare alla variante Omicron di Covid-19 ed è efficace contro altre varianti dopo test di successo su topi di laboratorio.
Due classifiche lusinghiere per Taiwan. Il Nikkei Asia Covid-19 Recovery Index posiziona Taipei al primo posto, mentre l’Economist Intelligence Unit la mette al primo posto del Democracy Index tra le democrazie asiatiche e all’ottavo posto nel mondo.
Delusione per la nazionale femminile di calcio taiwanese alla Coppa d’Asia femminile. Dopo l’eliminazione ai quarti di finale ai rigori contro le Filippine e un focolaio nella squadra che ha messo fuori gioco sette giocatrici tra cui alcune delle più rappresentative, è stato perso anche lo spareggio contro il Vietnam che valeva la qualificazione al Mondiale 2023 in Australia e Nuova Zelanda. Resta lo spareggio (complicatissimo) intercontinentale. La Coppa d’Asia è invece stata vinta dalle ragazze cinesi.
In giro per Taiwan: Chiayi e Changhua
Durante il Capodanno lunare ho fatto qualche giro nel centro dell’isola principale di Taiwan, tra Chiayi e Changhua.
Durante l’epoca della colonizzazione di Taiwan (1895-1945), l’impero giapponese operò una profonda giapponesizzazione che ancora oggi si riflette a livello culturale e architettonico. Questa opera di giapponesizzazione portò alla demolizione e distruzione di molteplici templi, in particolare negli anni ’30 con il movimento Kominka. Nella sola Chiayi, città che si trova nel centro dell’isola principale di Taiwan, circa 60 templi e santuari furono demoliti o convertiti. Tra quelli sopravvissuti c’è lo splendido Chénghuáng Miào, centro spirituale della città. Costruito nel 1715, tra le sue particolarità c’è quella di contenere due tra le ultime Waka plaques esistenti. Due distici in onore del Giappone pensati per proteggere il tempio e impedirne la distruzione ammansendo il governo coloniale. Oggi Chiayi è conosciuta soprattutto per essere la base ideale per visitare l’area naturale di Alishan, ma in realtà conserva un affascinante spirito culturale.
Changhua è il capoluogo dell’omonima contea della costa occidentale dell’isola principale di Taiwan, a pochi chilometri di distanza da Taichung.
Da qui solitamente si passa per visitare il piccolo gioiello Lukang oppure si salgono le scalinate per vedere la statua di 22 metri di Buddha da dove si ha una bella vista della città (e nelle giornate buone si vede anche il mare dello stretto di Taiwan). Il luogo più suggestivo, però, è forse un garage di treni a forma di ventaglio, con un dedalo di binari che si irradia da un binario girevole. Inaugurato durante l’occupazione giapponese insieme a diversi altri esemplari, è rimasto l’ultimo in funzione a Taiwan.
Di Lorenzo Lamperti
Taiwan Files 05.02.22 – Le Olimpiadi secondo Taiwan
Taiwan Files 29.01.22 – La Cina osserva la Russia in Ucraina, ma Taipei non è Kiev
Taiwan Files 22.01.22 – Il multiverso di Taiwan. Intervista ad Audrey Tang
Taiwan Files 15.01.22 – Commercio, sicurezza nazionale, sondaggi Chengchi, chip, diritti civili
Taiwan Files 08.01.22 – Arcobaleni, zero Covid, estradizioni, Xi/Tsai
Qui per recuperare tutte le puntate di Taiwan Files
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.