La mancata visita di Antony Blinken a Pechino e le “previsioni” americane. Telefonate ceche e kaoliang. Globalizzazione dei microchip taiwanesi e il caso Pegatron. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
“L’esercito di Taiwan ha confermato le notizie riportate dai media secondo cui diversi palloni meteorologici utilizzati dall’esercito cinese hanno sorvolato il Paese poco dopo le festività del Capodanno lunare, ma ha sottolineato che non rappresentavano una minaccia per la sicurezza e che venivano utilizzati per osservazioni meteorologiche”. Era il 27 febbraio 2022 e scriveva così l’agenzia di stampa di Taipei. Episodio tornato alla mente un po’ a tutti a Taiwan, dopo che il governo cinese ha dato la stessa spiegazione dopo che un presunto pallone-spia di Pechino sui cieli statunitensi ha fatto saltare la programmata visita del segretario di Stato Antony Blinken. Una visita in cui avrebbe dovuto incontrare anche Xi Jinping. Come scritto qui, le aspettative erano già basse ma si trattava quantomeno di una ripresa ufficiale del dialogo ad alto livello. In grado di fissare magari qualche paletto anche su vari contenziosi, a partire dallo status quo sullo Stretto di Taiwan.
Ora invece la tensione tra le due potenze potrebbe aumentare, dato che a Pechino non si fanno illusioni sulla tendenza generale delle relazioni bilaterali. Nonostante il più volte citato “consenso tra leader”, si ritiene che l’argomento verrà utilizzato dai falchi americani che vogliono sabotare il dialogo. Al di là delle intenzioni della Casa Bianca, ritenuta non in grado di tenere sotto controllo chi non vuole provare a raddrizzare un piano sempre più inclinato. Un po’ come, pensa la Cina, era accaduto col viaggio di Nancy Pelosi a Taiwan. Il Partito comunista sa che ora l’amministrazione Biden sarà suo malgrado portata a mostrarsi più dura nei confronti della Cina. E diventa ancora più probabile la prossima visita dello speaker repubblicano Kevin McCarthy a Taipei. Da non trascurare le possibilità di un possibile viaggio anche del Comitato sulla Cina istituito al Congresso americano e guidato da Mike Gallagher.
Della crisi dei palloni e dei suoi effetti su Taiwan ho parlato più volte nei giorni scorsi, in particolare su RSI e a “Nessun luogo è lontano” su Radio 24.
Il tutto accade peraltro in un contesto nel quale i fronti della contesa si erano inaspriti sia sul capitolo tecnologico sia su quello strategico. Qui una panoramica. Tra le manovre americane nel Pacifico, quella che riguarda più da vicino Taiwan è quella sulle Filippine, dove gli Usa hanno sottoscritto un accordo per garantirsi il libero accesso a 4 nuove basi militari sul territorio dell’ex colonia, in aggiunta alle precedenti 5. Mossa dal valore strategico, vista la prossimità ai due principali teatri di potenziali crisi nell’area: Taiwan e mar Cinese meridionale. Ma il valore è anche politico. Se Pechino dava già parzialmente per “persi” Giappone e Corea del Sud. Rodrigo Duterte aveva riorientato la postura filippina verso la Cina. E meno di un mese fa il successore Ferdinand Marcos Jr. era stato ricevuto da Xi. Ma di Taiwan ha parlato anche esplicitamente il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg durante il suo tour tra Corea del Sud e Giappone.
Le previsioni americane
“Spero di sbagliarmi ma il mio istinto mi dice che combatteremo nel 2025”. Nei giorni scorsi, ha fatto molto parlare l’ennesima previsione della data di una guerra tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese. Ovviamente su Taiwan. Il suo autore è il generale dell’aeronautica Mike Minihan, a capo del comando di mobilità aerea. L’opinione, espressa in una nota a uso interno, è circolata sui social media generando una serie di articoli e analisi, nonché la presa di distanze ufficiale da parte del Pentagono. Il Dipartimento di Difesa ha infatti chiarito che si tratta di commenti “non rappresentativi del punto di vista” generale sulla Cina. Negli anni e mesi scorsi, altri militari o esponenti politici statunitensi hanno fatto previsioni diverse sulla data di una possibile azione militare di Pechino sullo Stretto: 2027, 2032, persino 2024. Tutte con basi più o meno logiche. Va però ricordato innanzitutto che si tratta di opinioni. E che c’è chi, sempre dalle parti di Washington, ritiene che né un’azione militare su Taiwan e né tantomeno una guerra tra le due superpotenze sia prossima o inevitabile. Continua su Eastwest, in un’analisi più ampia sulla tenuta dello status quo e alcune tendenze che possono emergere nel corso del 2023, in attesa delle elezioni presidenziali taiwanesi del gennaio 2024.
Il direttore della Cia, William Burns, ha dichiarato invece che le ambizioni di Xi Jinping nei confronti di Taiwan non devono essere sottovalutate. Burns ha affermato che gli Stati Uniti sapevano che prima della guerra in Ucraina “come una questione di intelligence” che Xi aveva ordinato ai suoi militari di essere pronti a condurre un’azione militare entro il 2027.
L’ammiraglio statunitense in pensione Philip Davidson, in visita a Taiwan dal 30 gennaio al 4 febbraio, ha incontrato Tsai Ing-wen. Davidson, che aveva avvertito di un potenziale attacco entro il 2027 mentre era a capo del Comando indo-pacifico degli Stati Uniti dal 2018 al 2021, faceva parte di una delegazione del National Bureau of Asian Research (NBR), un think tank con sede a Washington.
Nei giorni scorsi aumento delle manovre militari dell’Esercito popolare di liberazione sullo Stretto, in concomitanza dei viaggi di Stoltenberg e Austin in Asia-Pacifico. Per la prima volta, intanto, lo stesso esercito ha rivelato ufficialmente le prestazioni del suo avanzato missile ipersonico antinave. L’YJ-21 cinese, o Eagle Strike-21, ha una velocità terminale di Mach 10, non sarebbe intercettabile da nessun sistema antimissile al mondo e può lanciare attacchi letali verso le navi nemiche, secondo un articolo pubblicato dall’account ufficiale Weibo della Forza di Supporto Strategico dell’Esercito popolare di liberazione.
Telefonate ceche e aerei svizzeri
La presidente di Taiwan Tsai Ing-wen ha avuto una telefonata con il presidente eletto della Repubblica Ceca Petr Pavel, una mossa molto insolita data la mancanza di legami formali a livello bilaterale. Pechino si è lamentata, ma la speaker della Camera bassa ceca Marketa Pekarova Adamova ha assicurato a Taiwan il sostegno del suo paese, in vista di una visita a Taipei prevista per marzo.
Arriva invece domenica 5 febbraio una delegazione svizzera per una visita di 6 giorni. Si tratta di una vicenda interessante, visto che la Svizzera è stato il primo paese europeo ad aprire un’ambasciata a Pechino dopo la fondazione della Repubblica popolare.
A Pechino non è piaciuto neanche che alla ministeriale 2+2 Francia-Australia si sia parlato di Taiwan.
Lo speaker del parlamento taiwanese è stato negli Stati Uniti, dove è intervenuto durante un forum per la libertà religiosa internazionale tenutosi a Washington.
Il kaoliang torna a scorrere sullo Stretto
Il pregiato liquore kaoliang, bevuto anche da Xi Jinping e Ma Ying-jeou nel primo e unico incontro tra leader delle due sponde dello Stretto nel 2015, è stato incluso in un elenco di prodotti realizzati da 63 aziende taiwanesi che possono nuovamente essere importati nella Cina continentale a seguito di un incontro tra le due parti. Ma Xiaoguang, portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan della Cina continentale, ha confermato che le aziende hanno soddisfatto i nuovi requisiti di importazione. I funzionari doganali cinesi hanno introdotto una normativa aggiornata sulle importazioni di prodotti alimentari nel 2021. Il via libera arriva dopo un incontro con il governo locale di Kinmen, targato Guomindang. Da qui una polemica interna a Taiwan, col Dpp che non ha apprezzato il viaggio degli esponenti locali dell’opposizione.
La Cina continentale ha invece esortato Taiwan a riprendere ulteriormente i voli diretti attraverso lo Stretto.
La globalizzazione dei microchip taiwanesi e il caso Pegatron
“Ma non è che alla fine facciamo volontariamente con altri quello che vogliamo impedire accada con Pechino?” Se si entra sull’argomento, non è poi così raro sentire questo tipo di dubbio. L’argomento sono i microchip. Il luogo, ovviamente, è Taiwan. Anche se quell’ovviamente c’è chi teme sia un avverbio destinato a scomparire prima o poi, pure se in riferimento al comparto di fabbricazione e assemblaggio, di cui le aziende taiwanesi detengono circa il 65% dello share globale e oltre il 90% per quanto riguarda le tecnologie più avanzate. Ergo, i semiconduttori sotto i 10 nanometri. Su quel dubbio, sorto vedendo le sempre più frenetiche manovre dei colossi del settore in terre straniere, si sta costruendo anche una contesa politica in vista delle cruciali elezioni presidenziali del gennaio 2024. L’opposizione del Kuomintang, fautrice di una postura più dialogante con la Repubblica popolare cinese, soffia sui timori di chi non vorrebbe vedersi scippate le competenze in un settore così strategico. Continua su Wired.
Nel frattempo, un think tank gestito dal Dpp ha nominato il presidente dell’assemblatore di iPhone Pegatron Corp. nel suo consiglio di amministrazione, una mossa che potrebbe attirare l’attenzione di Pechino. La New Frontier Foundation ha annunciato la nomina di T. H. Tung a vicepresidente, in un momento in cui Pegatron sta cercando attivamente di diversificare la propria produzione dalla Cina continentale, anche attraverso la creazione di un impianto per iPhone in India. Tuttavia, il piccolo rivale di Foxconn Technology Group continua a mantenere la maggior parte della produzione di iPhone al di là dello Stretto.
Politica taiwanese e altre notizie
Lunedì scorso è stato svelato l’intero schieramento del nuovo gabinetto del premier designato Chen Chien-jen, con accademici ed esponenti del Partito Democratico Progressista (DPP) al governo tra i nominati alle cariche ministeriali. Dal mondo accademico, Roy Lee, professore di politica di liberalizzazione del commercio, ricoprirà il ruolo di vice ministro degli Esteri. Qui tutta la squadra.
Taiwan si ritira dall’energia nucleare. A quale costo? Se lo chiede l’Huffington Post. Argomento di cui avevo scritto qui.
Paul Huang racconta su Twitter di un libro che indaga le debolezze strutturali del sistema di difesa taiwanese.
La fiera internazionale del libro di Taipei
Si chiude domenica 5 febbraio l’edizione 2023 della Taipei International Book Exhibition, alla quale la Polonia era ospite d’onore. Presente ovviamente anche l’Italia. Il padiglione italiano (nella foto sopra) ha ospitato una serie di conferenze e ha presentato 15 edizioni in lingua cinese di opere di Italo Calvino in occasione del centenario della nascita dell’autore. L’Ufficio Italiano di Promozione Economica, Commerciale e Culturale ha dichiarato di aver organizzato per la prima volta la presenza del paese alla fiera annuale del libro in collaborazione con la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, che spesso ospita illustratori di Taiwan.
Di Lorenzo Lamperti
Taiwan Files – La puntata precedente
Taiwan Files – L’identikit di William Lai, nuovo leader del DPP
Taiwan Files – Le elezioni locali e l’impatto sulle presidenziali 2024
Qui per recuperare tutte le puntate di Taiwan Files
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.