Taiwan Files – La prospettiva taiwanese sull’Ucraina

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

Il rapporto tra la crisi su Kiev e la situazione di Taipei. Visione taiwanese, retorica americana e retorica cinese. Poi: movimenti intorno alle Matsu, legge anti spionaggio, messaggi da Pechino al Guomindang, semiconduttori e passi verso la riapertura dei confini. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con le ultime notizie da Taipei (e dintorni)

Lo si sente spesso, un po’ ovunque, anche da personaggi pubblici statunitensi. Taiwan può diventare il secondo fronte dopo il primo, quello dell’Ucraina. Come se il destino ucraino e quello taiwanese siano irrimediabilmente legati. Una prospettiva pericolosa e sulla quale in molti osservatori di vicende asiatiche, cinesi e taiwanesi non convergono. Ne abbiamo d’altronde già parlato qualche settimana fa su Taiwan Files: Taipei non è Kiev. Le rispettive retoriche, quella di Washington e quella di Pechino, si sono messe in moto su Taipei per escludere conseguenze provenienti dal dossier ucraino da una parte e avvertire sul fato di chi si fida degli Usa dall’altra.

Partiamo però da quanto sta facendo Taiwan sull’argomento ucraino. L‘ufficio presidenziale ha fatto sapere che sta monitorando “con attenzione” quanto accade in Ucraina, citando le contestuali pressioni militari dell’Esercito popolare di liberazione. E’ stato tra l’altro istituita una task force per osservare l’evoluzione della vicenda ucraina.

“Taiwan sta osservando gli eventi in Ucraina con molta preoccupazione e ansia, ma prevede di rendere qualsiasi possibile attacco militare cinese su Taiwan troppo doloroso da considerare”, ha dichiarato il rappresentante di Taipei a Washington, Bi-khim Hsiao.

Il ministero degli Affari Esteri di Taiwan ha consigliato ai cittadini taiwanesi di lasciare l’Ucraina il più presto possibile. In un comunicato stampa rilasciato sabato scorso, il MOFA ha invitato i 25 cittadini taiwanesi che attualmente vivono in Ucraina per studio o lavoro a lasciare il paese il più presto possibile. Ma i taiwanesi in Ucraina non sono convinti a lasciare Kiev.

 

La retorica americana

Gli Stati Uniti tranquillizzano privatamente Taiwan sul fatto che quanto accade in Ucraina non ha conseguenze per Taipei. Così come avevano già fatto sull’Afghanistan, sottolineano anzi che la mancata volontà di impegnarsi sul campo altrove possa magnificare un focus maggiore sulla loro presenza in Asia Pacifico e sulla eventuale difesa di Taiwan. Tema sul quale Mike Gallagher propone un piano d’azione.

Ma c’è chi collega direttamente le due vicende a microfoni aperti. Il generale Kenneth S. Wilsbach, comandante delle forze aeree del Pacifico degli Stati Uniti, ha detto che la Cina sembra essersi allineata con la Russia, sostenendo per esempio l’obiezione di Mosca all’adesione dell’Ucraina all’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico o Nato. E arriva a parlare di un tacito via libera di Pechino all’invasione russa dell’Ucraina. Lanciando l’ultimo di tanti avvertimenti futuribili sul destino di Taiwan: “Nessuna sorpresa se la Cina tenterà qualcosa di provocatorio nel Pacifico in modo che rispecchi la situazione in Europa”.

Il Giappone sembra sposare la stessa linea e sostiene che i paesi democratici dovrebbero adottare una linea dura se la Russia invade l’Ucraina, perché “un fallimento nel farlo incoraggerebbe altri, come la Cina, che vogliono esercitare il controllo sui loro vicini”. E ancora: “Se succede qualcosa al confine con l’Ucraina, questo risultato potrebbe influenzare i calcoli di altre persone in Asia”, ha detto il ministro degli Esteri Yoshimasa Hayashi in un’intervista.

 

La retorica cinese e le manovre sulle Matsu

Gli osservatori cinesi non sono d’accordo sulla visione secondo la quale un’invasione dell’Ucraina sarebbe un’opportunità per Pechino. Anzi, secondo quelli citati dal South China Morning Post “gli osservatori cinesi dicono che non c’è alcun legame tra le due questioni, anche se Pechino sta osservando da vicino il coinvolgimento degli Stati Uniti nella crisi ucraina”. Più con preoccupazione che con la sensazione di poterne trarre vantaggi immediati: “Un’invasione dell’Ucraina si aggiungerà alla pressione economica e diplomatica sulla Cina da parte degli Stati Uniti e dell’Europa”, dicono gli esperti consultati dal Scmp.

Anche per il Wsj la Cina sta pesando quanto si possa spingere nel sostegno alla Russia sul dossier senza compromettere del tutto i rapporti con Stati Uniti ed Europa. Secondo il The Diplomat la Cina non si farà coinvolgere in alcun modo sull’eventuale invasione.

I media di stato cinesi, invece, come già accaduto sull’Afghanistan, mandano un messaggio ai taiwanesi: “Se vi fidate degli americani sarete abbandonati come tutti gli altri“. Come sempre, in prima fila il Global Times: “Taiwan dovrebbe imparare una lezione dall’attuale crisi ucraina. Se l’isola di Taiwan, sotto la costante istigazione degli Stati Uniti, provoca una guerra con la Cina continentale, la vittima più grande sarà solo l’isola. Taiwan è sempre stata usata come una pedina dagli Stati Uniti per perseguire i propri interessi”.

Intanto, sul campo, oltre alle “solite” incursioni nello spazio di identificazione di difesa aerea, Taipei ha segnalato un’incursione vicina all’isola di Dongyin. Siamo nell’arcipelago delle Matsu, che insieme a Kinmen costituisce davvero il primo fronte di territori amministrati dal governo taiwanese e teatro delle tensioni militari del passato tra Partito comunista e Guomindang.

Pechino, parlando della vicenda, ne approfitta per segnalare le “deboli difese aeree di Taiwan“.

 

Che cosa si scrive sulla relazione tra Ucraina e Taiwan

Passiamo in rassegna (per forza di cose parziale) alcune opinioni dei media internazionali sui legami, se esistono, tra Ucraina e Taiwan. Elbridge Colby e Oriana Skylar Mastro scrivono sul Wall Street Journal che una guerra in Ucraina sarebbe una “distrazione” da Taiwan e potrebbe compromettere l’abilità degli Stati Uniti di competere con la Cina nell’Asia-Pacifico.

Secondo Foreign Policy la Repubblica Popolare Cinese sta comunque prendendo appunti su quanto accade in Ucraina: “Mentre la Russia si avvicina a un’invasione su larga scala, il pensiero degli Stati Uniti è comprensibilmente concentrato sull’Ucraina. Ma pensate a come il presidente cinese Xi Jinping potrebbe emulare la strategia della sua controparte russa. Mentre a Washington si discute molto di un’invasione cinese di Taiwan dal nulla, Pechino potrebbe invece generare una crisi politico-militare minacciando di usare la forza. Se gli Stati Uniti vogliono evitare di essere colti alla sprovvista, devono iniziare a prepararsi oggi”.

Anche secondo il Sydney Morning Herald, se Putin dovesse trionfare sull’Ucraina Xi Jinping potrebbe applicare la stessa strategia su Taiwan.

The Hill sostiene che il problema della credibilità americana non sia tanto legata ad Aghanistan o a Ucraina ma semmai alla situazione domestica: “Le spinte e le pressioni sugli Stati Uniti come fornitore di sicurezza globale e i limiti del potere degli Stati Uniti solleveranno sempre problemi di credibilità. Ma al momento, probabilmente la più grande fonte di dubbio sulla credibilità degli Stati Uniti è il nostro malessere interno. Da lontano, l’insurrezione del 6 gennaio, la disfunzione politica e la profonda polarizzazione tribale, le costanti sparatorie nelle scuole e i bassi tassi di vaccinazione COVID-19 tra le nazioni occidentali sono tutti elementi che seminano dubbi sull’affidabilità degli Stati Uniti. Riparare il tessuto sociale e politico degli Stati Uniti farebbe meraviglie per la credibilità degli Stati Uniti”.

Il The Diplomat non crede all’effetto domino, anzi definisce questa teoria come “screditata”, sottolineando le differenze tra Kiev e Taipei. “Le differenze, quindi, tra l’Ucraina e Taiwan sono nette e importanti. Per dirla senza mezzi termini: l’indipendenza dell’Ucraina non è un interesse vitale per la sicurezza degli Stati Uniti, mentre l’indipendenza di Taiwan lo è. La Russia, con un’economia grande come quella italiana, dominando l’Ucraina non pone alcuna minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti (a parte le sue armi nucleari). Ma la Cina, con un’economia che rivaleggia con quella degli Stati Uniti e la cui Belt and Road Initiative e la crescente potenza militare (anche nucleare e navale) minacciano il predominio sulla massa eurasiatica, col controllo di Taiwan – una barriera geopolitica chiave della “prima catena di isole” nel Pacifico occidentale – minaccerebbe di rovesciare l’equilibrio di potere in Asia orientale e oltre”.

 

Altro sui rapporti intrastretto: il New Party a Pechino, messaggi di Pechino al Guomindang, legge antispionaggio

Il presidente del New Party di Taiwan, Wu Cherng-dean, è arrivato a Pechino giovedì (17 febbraio) per partecipare alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi invernali di domenica 20 febbraio.

Sempre giovedì un funzionario dei giochi di Pechino ha parlato di Taiwan e Xinjiang, dichiarando che c’è solo “una Cina”, le prime dichiarazioni del genere da parte dell’host dall’inizio della competizione.

Interessante messaggio per il Guomindang in arrivo da Pechino: “Attualmente, coloro che distruggono e dividono la madrepatria si presentano come due forze sull’isola”. Oltre al Partito democratico progressista, vengono citati “dall’altro lato, ci sono alcuni irriducibili del Kuomintang che, apparentemente sotto la bandiera di aderire a una sola Cina, in realtà colludono con le forze internazionali anti-Cina come gli Stati Uniti e il Giappone, e agiscono contro la Cina nel nome dell’anticomunismo. Spesso colludono con i reazionari del Partito Democratico Progressista, minacciando la pace tra le due sponde dello Stretto e minando gli scambi tra le due sponde. Questa forza è chiamata indipendenza occulta”. Si tratta di una probabile risposta al tentativo del Guomindang di riavviare i rapporti con gli Stati Uniti dopo l’apertura di una sede del partito a Washington, di cui avevamo parlato nelle scorse settimane.

Taiwan, intanto, inasprirà le sue leggi contro lo spionaggio industriale per punire, in particolare, la sottrazione di segreti nel settore delle tecnologie. Si tratta di un passo con il quale si punta a proteggere i suoi gioielli nel settore dei semiconduttori dalla “campagna acquisti” di ingegneri e di informazioni portata avanti dalla Cina. Previste condanne fino a 12 anni di carcere per i colpevoli di spionaggio industriale.

Nel mirino delle autorità taiwanesi anche i droni di produzione cinese utilizzati da aziende taiwanesi.

 

Semiconduttori e spazio

I salari medi reali percepiti dai dipendenti di Taiwan a livello mensile hanno subito il primo calo in cinque anni nel 2021. Un aspetto che può avere ripercussioni anche sul fronte dell’industria dei semiconduttori, che secondo il Nikkei Asia si trova di fronte a una critica carenza di talenti, proprio mentre sta cercando di implementare la sua produzione da un punto di vista quantitativo.

Che esista un legame tra semiconduttori e geopolitica è evidente (ne abbiamo parlato nel dettaglio per esempio qui). Cosa resa ancora più evidente dalla decisione della Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC), che sta reclutando analisti con dottorati in economia politica e relazioni internazionali. Il più grande produttore di chip a contratto del mondo, con sede nella città di Hsinchu, ha recentemente messo un annuncio di lavoro sul sito di networking professionale LinkedIn per le posizioni in azienda come analisti di business intelligence con un forte background economico politico.

Sempre TSMC, ritornando al discorso di salari e mancanza di talenti, è pronta a distribuire bonus per una media di 1,249 milioni di dollari taiwanesi (44.767 dollari) ai suoi 57.000 dipendenti dopo aver registrato profitti netti record nel 2021.

Foxconn costruirà uno stabilimento di chip in India, paese dove sta estendendo la sua presenza. Ma sempre il colosso di Terry Gou sta puntando forte anche sul Sud-Est asiatico, in particolare sul Vietnam.

Uno dei settori nei quali Taiwan sta insistendo di più in prospettiva futura è quello spaziale. Nei giorni scorsi il satellite INSPIREsat-1 (IS-1), sviluppato congiuntamente da Taiwan, India, Singapore e Stati Uniti, è entrato in orbita dopo il lancio dal Satish Dhawan Space Center dell’India alle 5:59 (8:29 ora di Taiwan).

 

Altre cose: CPTPP, riapertura dei confini, vaccino taiwanese, Vaticano, Taiwan Plus

Nei prossimi giorni si discuterà della possibile adesione di Pechino e Taipei al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP).

Sul Foglio lungo reportage di Giulia Pompili dalla Lituania per raccontare (tra le altre cose) i rapporti tra Vilnius e Taipei.

Il consigliere comunale di Verona Vito Comencini della Lega, seguendo una linea anticinese che sembrava essersi parzialmente interrotta con la visita di Matteo Salvini all’ambasciata cinese la scorsa estate, ha presentato una mozione pro Taiwan.

Davide Giglio, a capo dell’Ufficio italiano di promozione economica, commerciale e culturale a Taipei, ha partecipato così come altri diplomatici europei alla serie “Taste of Europe”, nella quale ha cucinato una pasta alla norma.

Taiwan sembra finalmente guardare al futuro post Covid e si muove per riaprire almeno parzialmente i confini rilassando le regole di ingresso. Si prevede di ridurre il periodo di quarantena obbligatoria da 14 a 10 giorni entro metà marzo, dal momento che l’epidemia locale di Covid-19 è “stabile e sotto controllo”, per arrivare magari poi a sette giorni ad aprile. Aperture previste per i viaggiatori per motivi di lavoro e affari, per il turismo bisognerà aspettare almeno il terzo trimestre del 2022, ma più probabilmente la fine dell’anno dopo le elezioni locali di novembre: nuove ondate potrebbero costare voti al Pdd.

Il vaccino taiwanese prodotto da Medigen ha ricevuto il via libera per la distribuzione dalle autorità sanitarie del Paraguay, unico paese del Sudamerica a mantenere relazioni diplomatiche ufficiali con Taipei.

Voice of America sottolinea i recenti spostamenti di vescovi da Taiwan e Hong Kong verso altre sedi. Papa Francesco ha nominato Vescovo della Diocesi di Chiayi il reverendo Norbert Pu, del clero di Chiayi, finora Parroco di Cristo Re a Putzu. S.E. Mons. Norbert Pu, nato il 26 agosto 1958 ad Alishan, Chiayi, Taiwan. Ha conseguito il baccalaureato in Filosofia nel 1980 e in Teologia nel 1985 presso la Faculty of Theology St. Robert Bellarmine dell’Università Cattolica Fu Jen. Ha studiato all’Università di Sant’Agostino, in Germania dal 1994 al 2000, per il Master in Teologia. È stato ordinato sacerdote il 1° gennaio 1987.

Interessante thread sui risultati di Taiwan Plus, una piattaforma in lingua inglese lanciata la scorsa estate con sostegno governativo per raccontare la storia di Taiwan nel mondo. Spolier: non sono straordinari.

 

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files 12.02.22 – Pechino vista da Taipei

Taiwan Files 05.02.22 – Le Olimpiadi secondo Taiwan

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Taiwan Files 15.01.22 – Commercio, sicurezza nazionale, sondaggi Chengchi, chip, diritti civili

Taiwan Files 08.01.22 – Arcobaleni, zero Covid, estradizioni, Xi/Tsai

Taiwan Files: speciale 2021

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