Taiwan Files – Il passaggio di Lai negli Usa e la reazione di Pechino

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

Vademecum sul doppio transito negli Stati Uniti del vicepresidente taiwanese (candidato più ostile al Partito comunista alle presidenziali 2024). Pechino prepara la risposta. Politica taiwanese e relazioni intrastretto. Biden tra armi e commercio. TSMC tra Germania, Arizona e i 2 nanometri. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

Il vicepresidente taiwanese Lai Ching-te è partito sabato 12 agosto per gli Stati Uniti. Lo ha annunciato lui stesso su Twitter poco prima di imbarcarsi su un volo commerciale (dettaglio rilevante) diretto a New York per un transito, sulla strada di andata per il Paraguay dove assisterà alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Santiago Pena in uno dei 13 paesi rimasti a intrattenere rapporti diplomatici ufficiali con la Repubblica di Cina, nome con cui Taiwan è indipendente de facto. A New York arriverà nella serata locale e si fermerà per poco meno di 24 ore. Sulla strada del ritorno, il 16 agosto si fermerà solo per poche ore a San Francisco, proprio la città in cui dovrebbe recarsi a novembre Xi Jinping per il summit dell’Apec, evento a margine del quale si lavora a un bilaterale con Joe Biden. A poco più di un anno dalla visita di Nancy Pelosi (qui lo speciale dedicato e qui un’analisi del Japan Times) e a 4 mesi dall’incontro tra la presidente Tsai Ing-wen con Kevin McCarthy in California, un nuovo episodio che rischia di portare a turbolenze sullo Stretto di Taiwan. A 5 mesi dalle cruciali elezioni presidenziali del gennaio 2024.

Il transito negli Usa di Lai, di cui su Taiwan Files è stata data notizia già il 10 giugno scorso, secondo l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti, Xiè Fēng è come “rinoceronte grigio che ci carica”. Non sono stati forniti dettagli sull’itinerario e sugli incontri, anche se Laura Rosenberger, capo dell’American Institute in Taiwan, ha già annunciato che darà il benvenuto a Lai. Si tratta senz’altro di un itinerario meno ambizioso di quello di Tsai, che trascorse ben più tempo negli Usa ad aprile. Perché è così delicato il suo transito? Per due motivi. Il primo: nell’attuale contingenza di rapporti Usa-Cina il dossier taiwanese è in cima ai motivi di discordia. Secondo: Lai non è solo vicepresidente, ma anche candidato più ostile a Pechino alle presidenziali del 2024.

Non è inusuale che i candidati alle presidenziali passino dagli Usa. Anzi, è quasi una regola. L’ha già fatto Ko Wen-je, l’ex sindaco di Taipei a capo del Taiwan People’s Party. Lo farà a settembre anche Hou Yu-ih, candidato del Guomindang, il partito più dialogante con Pechino che ha comunque da tempo provato a riannodare i fili con quella Washington che fino al 2012 lo sosteneva con la speranza di avere stabilità sullo Stretto. I tempi sono molto cambiati. E Lai è percepito a Pechino come più radicale dell’attuale presidente Tsai. Una sua recente uscita sulla speranza che il presidente taiwanese possa in futuro entrare alla Casa Bianca sarebbe stato accolto con qualche perplessità dall’amministrazione Biden, che secondo il Financial Times ha chiesto chiarimenti, temendo forse una nuova era Chen Shui-bian, il primo presidente del Dpp tra il 2000 e il 2008 considerato imprevedibile. Lai ha smussato le sue posizioni sulle relazioni intrastretto portandole apparentemente in linea a quelle della presidente uscente Tsai Ing-wen (che recentemente ha contratto il Covid), ma ogni tanto pare essere più forte di lui fare qualche dichiarazione a effetto.

Prima di partire Lai ha rilasciato un’intervista in cui ha chiarito ulteriormente la sua posizione: Taiwan non fa parte della Repubblica Popolare Cinese, ma questo non significa sostenerne l’indipendenza. Sì, perché come già Tsai e prima ancora Lee Teng-hui, Lai si adegua alla linea secondo cui non serve una dichiarazione di indipendenza in quanto Taiwan è già indipendente come Repubblica di Cina. Una posizione centrista sulla scena politica taiwanese, ai cui lati ci sono i veri indipendentisti radicali che vorrebbero un abbandono formale delle vestigia della Repubblica di Cina e chi invece dall’altra parte continua a sostenere che Taiwan sia parte della Cina, Repubblica fondata dai nazionalisti soprattutto. Con qualcuno, in numeri residuali, che invece auspica anche l’unione con la Repubblica Popolare. Riassume bene Stas Butler tutta la complessità di un argomento su cui improvvisarsi è impossibile: “Fare informazione su Taiwan significa capire come un candidato alla presidenza possa dichiarare che “Taiwan è un paese sovrano” e “Mi oppongo all’indipendenza di Taiwan” nella stessa intervista… e intendere esattamente ciò che dice”.

Per approfondire si può leggere qui un ritratto di Lai, e qui un’analisi all’alba della campagna elettorale.

I tentativi di dialogo tra Pechino e Washington sono appesi anche ai più piccoli dettagli del viaggio di Lai, che i media cinesi collegano alla freddezza con cui il neo ministro degli Esteri Wang Yi ha accolto l’invito di Antony Blinken negli Usa. “Gli Stati Uniti devono gestire parole e azioni di Lai se non vogliono aggravare le tensioni”, si avverte. L’intenzione pare quella di mantenere un profilo più basso del recente transito di Tsai. Il vicepresidente ha peraltro cancellato alcuni incontri pubblici e privati in agenda prima della partenza.

Ma a Taipei ci sono pochi dubbi: l’esercito di Pechino lancerà a breve nuove esercitazioni militari. Esattamente un anno dopo quelle più vaste di sempre, risposta al viaggio a Taiwan di Nancy Pelosi.  Già negli scorsi giorni si sono registrati vari movimenti oltre la linea mediana o nello spazio di identificazione di difesa aerea, entrambi non riconosciuti da Pechino. E sabato 12 partono esercitazioni nel mar Cinese orientale, al largo della provincia dello Zhejiang. Siamo a oltre 500 chilometri a nord di Taiwan: la risposta non è (o quantomeno non solo) questa.

I funzionari taiwanesi si aspettano possibili manovre aeree e/o navali nei pressi delle 24 miglia nautiche dalle coste, che segnano l’ingresso nelle acque contigue. Quello delle 24 miglia è il limite che è stato lambito dai mezzi di Pechino già ad agosto 2022 e nei mesi scorsi, ma oltre cui non si è mai andati. Attenzione anche alla possibile estensione delle ispezioni a bordo delle navi in passaggio sullo Stretto annunciata in alcune zone dal Fujian lo scorso aprile, e poi non messe in atto in modo stringente. La sensazione è però che la reazione militare possa essere in qualche modo contenuta. Soprattutto se, come pare, Lai terrà un basso profilo durante il doppio passaggio negli Usa. In vista delle elezioni di gennaio 2024, manovre troppo forti potrebbero rivelarsi un boomerang per il Partito comunista, che senz’altro utilizzerà comunque la vicenda e il suo malcontento che non mancherà di dimostrare più volte anche a parole come leva negoziale (in senso ampio sui rapporti e non su Taiwan dove un negoziato è impossibile) nei dialoghi in corso con Washington.

Attenzione intanto a quello che succede sul mar Cinese meridionale, in particolare tra Cina e Filippine, che indirettamente può riflettersi anche sullo Stretto. Anche a Taipei c’è chi ritiene che i pericoli maggiori di un incidente non voluto tra le due superpotenze si corrano proprio nel mar Cinese meridionale. Dove, se possibile, le regole del gioco sono ancora meno chiare rispetto a quelle dello Stretto.

Le mosse di Biden su aiuti militari e commercio

Dopo il primo pacchetto di aiuti militari approvato con autorità presidenziale di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata di Taiwan, il Financial Times ha scritto che la Casa Bianca chiederà al Congresso di finanziare la fornitura di armi per Taiwan come parte della richiesta di bilancio supplementare per l’assistenza all’Ucraina, nel tentativo di accelerare le forniture militari. Se la richiesta verrà approvata dal Congresso, Taiwan otterrebbe per la prima volta armi attraverso un sistema finanziato dai contribuenti statunitensi noto come “finanziamento militare estero”. La Casa Bianca dovrebbe presentare la richiesta questo mese. Pechino nel frattempo si lamenta sulla questione armi, sostenendo che gli aiuti americani aumentano il rischio di instabilità e conflitto sullo Stretto. Anche la Corea del Nord è d’accordo e parla di “provocazioni pericolose”.

Biden ha anche firmato il primo accordo all’interno della cosiddetta 21st Century USA-Taiwan Initiative, che pur non essendo un accordo di libero scambio, è stato descritto da Taipei come il patto commerciale più completo tra le due parti dai tempi in cui Washington ha stabilito relazioni diplomatiche con Pechino nel 1979, in base al principio del riconoscimento di “una Cina”. Questo accordo è comunque limitato, poiché copre questioni come moduli doganali, pratiche normative e misure anticorruzione, ma non affronta le tariffe su determinati beni o i reclami taiwanesi sulla doppia imposizione negli Stati Uniti.

Politica taiwanese

Sempre negli Usa si trova in questi giorni anche Terry Gou, patron della Foxconn (principale fornitore di iPhone per Apple e con immensi interessi in Cina continentale), che potrebbe a breve annunciare la sua discesa in campo. Forse il 23 agosto da Kinmen, durante la commemorazione della crisi dello Stretto dei tempi di Mao, quando l’ex avamposto militare nei pressi di Xiamen (qui un mio reportage del 2021) era stato bombardato. C’è chi scommette che alla fine Gou riesca a riunire il campo dell’opposizione. Appare difficile.

Ko Wen-je, al momento secondo nei sondaggi, ha negato la possibilità di un suo ritiro dalla corsa. In effetti, la sua strategia potrebbe essere quella di diventare il vero ago della bilancia dei prossimi 4 anni allo yuan legislativo, dove potrà scegliere volta per volta da che parte stare, con Dpp e Guomindang come sempre ai due opposti. Anche perché come scrive Asia Sentinel, è pressoché certo che nessuno avrà la maggioranza parlamentare.

Il sindaco di Nuova Taipei Hou Yu-ih, candidato del Guomindang alle elezioni presidenziali del 2024, ha dichiarato che, se eletto, non eliminerà gradualmente l’energia nucleare e riaprirà gli impianti dismessi.

Tornando per un momento a Kinmen, il Guardian parla del progetto di un ponte che unisca il piccolo arcipelago amministrato da Taipei e il Fujian cinese. Una vecchia idea non tramontata nemmeno su Matsu, come avevo raccontato nel mio reportage per Internazionale dell’aprile 2022.

Il movimento #MeToo di Taiwan ha coinvolto molti politici e celebrità, “ma la cultura del silenzio persiste”, scrive Helen Davidson sul Guardian. Del tema ho scritto qui in relazione alla serie Netflix Wave Makers.

Nel sud di Taiwan è stato inaugurato un nuovo memoriale per ricordare i 1.000 giovani taiwanesi che si offrirono volontari per aiutare lo sforzo bellico giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Una vicenda che sta suscitando polemiche a Taiwan e che lascia intravedere la complessità della relazione tra taiwanesi e l’ex colonizzatore giapponese. Vicenda che si intreccia con l’altrettanto complessa questione identitaria taiwanese.
Taipei-Pechino

Altre notizie intrastretto. A Taipei è stato arrestato un tenente colonnello dell’esercito taiwanese. Il sospetto è che abbia costruito una rete di spie pro Pechino. Non è il primo caso. Promessa una stretta sull’antispionaggio.

La marina cinese ha completato il trasferimento della maggior parte delle sue unità di aviazione all’aeronautica militare, una mossa che, secondo gli esperti dell’US Air Force, consentirà alla marina di concentrarsi maggiormente sulle sue portaerei. Finora, almeno tre brigate di caccia, due reggimenti di bombardieri, tre brigate di radar, tre brigate di difesa aerea e stazioni aeree che operavano sotto la Marina fanno ora parte della forza aerea. Nikkei Asia analizza i dati delle manovre aeree di Pechino e sostiene che il loro grande aumento prefiguri un futuro tentativo di blocco navale di Taiwan dalla costa orientale, l’unica da cui potrebbero arrivare aiuti dall’esterno.

Pechino sta cercando di inviare segnali forti sulla sua preparazione a un eventuale attacco a Taiwan, con soldati dell’Esercito Popolare di Liberazione che si impegnano a sacrificarsi. Le promesse fanno parte della serie di documentari in otto episodi Zhu Meng, o “inseguire i sogni”, trasmessi dall’emittente statale CCTV per celebrare il 96° anniversario dell’Esercito popolare di liberazione e mostrano la prontezza del personale militare a combattere “in qualsiasi momento”. In un caso, un pilota di uno dei più avanzati caccia stealth giura di lanciare un attacco suicida se necessario. Segnale da registrare, considerando che non si tratta di una novità in occasione di questi anniversari dove ovviamente la retorica si alza decisamente di livello.

Questo mese le forze armate di Taiwan svolgeranno una serie di esercitazioni missilistiche nelle acque al largo della costa orientale per testare la preparazione al combattimento, in seguito alle crescenti preoccupazioni che Pechino possa inviare forze per attaccare l’isola dalla parte orientale, meno fortificata. Le esercitazioni coinvolgeranno forze aeree e navali che spareranno missili lanciati da aerei e navi contro obiettivi in tre zone ristrette nelle acque al largo della costa orientale e sud-orientale dell’isola autogovernata, secondo un avviso pubblicato dall’Agenzia per la pesca di Taiwan. Le esercitazioni di fuoco vivo si terranno in cinque sessioni separate fino al 31 agosto.

Il sindaco di Taipei Chiang Wan-an, pronipote di Chiang Kai-shek (qui un suo ritratto a cavallo delle elezioni locali del novembre scorso), andrà in visita a Shanghai a fine agosto.

Il premier taiwanese Chen Chien-jen ha dichiarato che Taiwan riaprirà presto le frontiere ai turisti cinesi continentali provenienti da un terzo luogo, mentre il governo è sotto pressione per rompere l’impasse tra Taipei e Pechino che ha paralizzato il turismo tra le due sponde dello Stretto. L’idea di consentire ai turisti cinesi di viaggiare da un terzo luogo al di fuori della Cina continentale è in discussione da tempo all’interno del governo e i dettagli sulle modalità di attuazione della nuova politica saranno annunciati presto, ha dichiarato Chen, dopo che la Repubblica Popolare ha riaperto i viaggi di gruppo verso diversi paesi, Stati Uniti compresi.

Pechino se l’è presa con Taro Aso per la sua partecipazione al Ketagalan Forum di Taipei, dove ha rilasciato dichiarazioni molto decise sulla necessità del Giappone di dare chiari segnali che interverrebbe in difesa di Taiwan in caso di conflitto.

TSMC: stabilimento in Germania, petizione anti taiwanesi in Arizona, 2 nanometri a Kaohsiung

Come avevo anticipato lo scorso gennaio, il consiglio di amministrazione di TSMC ha approvato ufficialmente l’investimento fino a 3,499 miliardi di euro nell’ambito di una joint venture per la costruzione di una fabbrica di semiconduttori a Dresda, in Germania. Il progetto, denominato European Semiconductor Manufacturing Co. sarà detenuto al 70% da TSMC, mentre i partner di investimento Bosch, Infineon Technologies e NXP Semiconductors avranno ciascuno una quota del 10%, ha dichiarato TSMC. Prima della riunione del consiglio di amministrazione di martedì, i media tedeschi avevano riferito che TSMC avrebbe ricevuto 5 miliardi di euro dal governo tedesco per costruire l’impianto, che si concentrerà sulla produzione di chip industriali e automobilistici.

Nel frattempo, nuovi ostacoli in Arizona dove già l’apertura annunciata dello stabilimento TSMC è passata dal 2024 al 2025. Un sindacato statunitense ha avviato una petizione per chiedere di vietare ai lavoratori taiwanesi di lavorare alla costruzione dell’impianto. L’Arizona Pipe Trades 469 Union ha avviato la petizione per impedire il rilascio di visti a lavoratori stranieri dopo che la TSMC ha dichiarato che avrebbe inviato personale taiwanese per contribuire ai ritardi del progetto. La petizione è stata inviata ai legislatori statunitensi e chiede il blocco di “oltre 500 visti EB-2 richiesti dall’azienda per i lavoratori edili”.

Pensando all’interno, dove il tema del trattamento statunitense e della proiezione globale dei chip è destinato a diventare un argomento elettorale, è stato confermato che TSMC produrrà chip di nuova generazione a 2 nanometri in un impianto in costruzione nella città meridionale di Kaohsiung. La data di inizio della produzione di massa non è ancora stata decisa, ha dichiarato il portavoce, rispondendo a quanto riportato dai media taiwanesi in merito al piano.

Tentativi di rassicurazioni anche da un‘intervista al New York Times del presidente di TSMC Mark Liu.

Altre notizie

Negli ultimi dieci anni, ristoratori, scrittori e studiosi hanno iniziato a promuovere il concetto di cucina taiwanese, facendo rivivere la cucina tradizionale e incorporando prodotti e ingredienti locali, soprattutto indigeni, nella cucina. Obiettivo: rafforzare il sentimento identitario e l’alterità dalla Cina. Ne scrive il New York Times.

Elaine Liao, giocatrice di pallavolo taiwanese, è recentemente diventata famosa in Cina come portabandiera di “Taipei cinese” durante le cerimonie di apertura dei FISU World University Games. Più di 600.000 netizen cinesi hanno commentato un suo post su Sina Weibo, definendola “una simpatica portabandiera di Taipei cinese”. Tuttavia, l’ammirazione per Liao si è rapidamente trasformata in rabbia dopo che i netizen cinesi hanno scoperto un post di Liao su Instagram in cui si riferiva ai suoi viaggi in Cina come a un “viaggio all’estero”. Ciò ha provocato l’indignazione dei netizen cinesi che l’hanno inquadrata come sostenitrice dell’indipendenza di Taiwan.

Un volume a cura di Rosa Lombardi per Orientalia Editrice che racconta le tante sfaccettature dell’identità taiwanese attraverso la produzione culturale. Dalla corrente modernista a quella nativista, dalla letteratura dei villaggi di guarnigione al grande cinema realista. Recensione qui.

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files – La puntata precedente

Il punto verso il voto del 2024

Taiwan Files – L’identikit di Hou Yu-ih, candidato presidente del GMD

Taiwan Files – L’identikit di William Lai, candidato presidente del DPP

Taiwan Files – Le elezioni locali e l’impatto sulle presidenziali 2024

Intervista a Ma Ying-jeou