La posizione cinese sull’Ucraina e la questione taiwanese. Manovre militari e diplomatiche (tra Germania, Paraguay e panda). Pompeo di nuovo a Taiwan. Difesa, energia e demografia: tre ombre per Taipei. Verso le elezioni locali taiwanesi. Le elezioni italiane viste da Pechino e Taipei. Il funerale di Abe. Semiconduttori. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
Sabato 1° ottobre è il 73esimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese. Lunedì 10 ottobre è invece la festa della Repubblica di Cina. La prima decade di ottobre è solitamente densa di manovre militari e retoriche. Come era accaduto lo scorso anno, raccontato su Taiwan Files. Quest’anno il volume potrebbe invece salire, soprattutto sulla sponda di Pechino, in occasione del XX Congresso (sugli sviluppi per Taiwan in ambito Congresso ne ho accennato qui). Venerdì 30 settembre, intanto, Xi Jinping ha partecipato alla cerimonia in Piazza Tienanmen dedicata al Giorno dei martiri della causa del Partito comunista. Xi ne ha parlato solo in maniera implicita quando ha dichiarato che la Repubblica Popolare deve “salvaguardare più consapevolmente la sovranità, la sicurezza e gli interessi di sviluppo del paese e opporsi risolutamente a tutti gli atti che dividono la madrepatria, danneggiano l’unità nazionale e l’armonia e la stabilità sociale”.
La posizione cinese sull’Ucraina e la questione taiwanese
Rispetto di sovranità e integrità territoriale. La Cina ha ribadito più volte in questi giorni il suo mantra sulla guerra in Ucraina, significativamente dopo lo svolgimento dei referendum nei territori occupati dalle forze russe. Nel giorno dei risultati dei referendum di annessione lo ha fatto in versione doppia, con l’ambasciatore all’Onu Zhang Jun e il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin. «La Cina ha sempre sostenuto che la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i paesi debbano essere rispettate», così come «gli scopi e i principi della Carta Onu», ripetono Zhang e Wang tra New York e Pechino. Il riferimento alle Nazioni unite, così come il mancato appoggio ai referendum, è funzionale a non creare cortocircuiti sulla questione Taiwan (che non ha una poltrona in sede Onu). Non a caso, Pechino non ha mai riconosciuto nemmeno la secessione della Crimea. «Chiunque cerchi di paragonare o insinuare una rilevanza della questione ucraina su quella di Taiwan è mosso da calcoli politici», dice Wang. Allo stesso tempo, Zhang e Wang sottolineano che vanno «prese sul serio anche le legittime preoccupazioni sulla sicurezza di tutti i paesi», riferendosi alla prospettiva secondo cui la Russia, sentendosi minacciata dall’espansionismo Nato, sarebbe stata “costretta” a invadere. Anche l’invito a sostenere gli sforzi per una soluzione pacifica è rivolto soprattutto a Washington, che nella visione cinese non ha favorito la via negoziale ma ha anzi gettato «benzina sul fuoco» stimolando «il confronto tra blocchi».
Pechino cerca insomma di mantenere il consueto, complicato, equilibrio tra la necessità di mostrare sostegno all’amico «senza limiti» senza compromettersi su una guerra nella quale non vuole essere coinvolta militarmente e di cui non vuole pagare effetti collaterali, come dimostra il rispetto delle sanzioni. Più la Russia alza il tiro e più la Cina deve mostrare di non essere allineata. Ma, a meno che la situazione precipiti, Pechino non scaricherà Mosca, la cui accresciuta dipendenza nei confronti del nuovo senior partner della relazione bilaterale fornisce numerosi vantaggi a Xi Jinping. A livello commerciale, la Cina può importare energia a prezzi scontati e spingere l’utilizzo internazionale dello yuan. A livello strategico, può proiettarsi da padrone di casa e garante della stabilità in Asia centrale e in futuro sull’Artico. A livello politico e retorico, può riproporre la visione di Nato e Usa come agenti disturbatori su Asia e Pacifico.
Manovre militari e manovre diplomatiche
La terza nave da sbarco per elicotteri (LHD) Type 075 dell’Esercito Popolare di Liberazione dovrebbe entrare in servizio a breve, mentre l’esercito cinese intensifica l’addestramento in vista di una possibile azione militare nello Stretto di Taiwan. Stando alle immagini satellitari condivise su Twitter dall’esperto di difesa statunitense Tom Shugart, del Centro per una nuova sicurezza americana (Cnas), traghetti commerciali operati dal Bohai Ferry Group hanno deviato dalla loro regolare rotta nel Mar Giallo verso le province orientali del Fujian e del Guangdong. I traghetti sono stati avvistati nelle acque al largo di Gulei, nella parte sud-occidentale del Fujian, e nelle Baie di Dacheng e Honghai, al largo della provincia del Guangdong.
Il ministro degli Esteri di Taipei, Joseph Wu, dice in un’intervista a Nikkei Asia che c’è il timore che Xi Jinping possa deviare l’attenzione dalle problematiche interne agendo su Taiwan. L’ammiraglio Lee Hsi-ming, ex capo della difesa di Taiwan, ha dichiarato a DW che Taipei dovrebbe elaborare nuove regole di ingaggio data la situazione attuale. “L’obiettivo è non perdere la propria posizione e la propria dignità”, ha detto. “Dal momento che la Cina ha stabilito una nuova normalità, è improbabile che torni alla pratica di attraversare occasionalmente la linea mediana dello Stretto di Taiwan. Di conseguenza, Taiwan dovrebbe rispondere con cautela”.
Gli Stati Uniti non hanno modificato la loro posizione su Taiwan e restano impegnati nella politica di una sola Cina, ma la “reazione eccessiva” di Pechino alla visita del presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi mette a rischio una risoluzione pacifica, ha dichiarato l’ambasciatore di Washington in Cina. Le aziende americane sono preoccupate per i rischi su Taiwan, scrive il Financial Times.
Qui un’analisi di 9DashLine sulle mosse da fare per interrompere la pericolosa spirale di escalation sullo Stretto.
Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha dichiarato lunedì scorso che gli Stati Uniti non prendono posizione sulla questione della sovranità tra Cina e Taiwan, una posizione che non viene spesso dichiarata esplicitamente dai funzionari statunitensi. Gli Stati Uniti hanno intanto chiesto l’inclusione di Taiwan nell’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO) nel giorno di apertura dell’assemblea triennale dell’agenzia delle Nazioni Unite.
Linea molto aggressiva alla Cina appare quella del primo ministro del Regno Unito Liz Truss, che nei giorni scorsi ha dichiarato che il suo paese è determinato a lavorare con i suoi alleati per assicurarsi che Taiwan possa difendersi da sola, un impegno che ha suscitato espressioni di gratitudine da parte del governo di Taiwan.
Una delegazione del parlamento tedesco visiterà Taiwan per la prima volta in tre anni dal 2 al 6 ottobre prossimi. Lo ha annunciato la portavoce del ministero degli Affari esteri di Taipei, Joanne Ou, precisando che la missione sarà guidata dal presidente del gruppo di amicizia parlamentare Germania-Taiwan, Klaus-Peter Willsch.
Pompeo di nuovo a Taiwan
I movimenti americani nell’area proseguono peraltro senza sosta. Nei giorni scorsi Mike Pompeo è tornato a Taiwan. L’ex segretario di Stato ha incontrato Tsai Ing-wen a una riunione delle camere di commercio estere a Kaohsiung e ha definito il Partito comunista cinese «l’unica minaccia! della regione, per poi criticare Joe Biden per aver escluso Taipei dall’Indo Pacific Economic Framework. È la sua seconda visita in sei mesi, stavolta con agenda soprattutto commerciale: alla base della passione taiwanese di Pompeo ci sarebbero anche interessi personali. Ma, nel pre Congresso, Pechino ha già mostrato di voler abbassare il livello delle tensioni sullo Stretto. La visita è stata minimizzata, col ministero degli Esteri che l’ha bollata come una «mossa inutile di un ex politico di ridotta credibilità».
Più attenzione sulle manovre di Harris, che da Tokyo ha detto che gli Usa intendono «approfondire i legami non ufficiali con Taiwan», criticando «il comportamento aggressivo di Pechino che tenta di minare lo status quo» e che «intimidisce i suoi vicini» con «comportamenti inquietanti». Wang ha replicato chiedendo «il rispetto degli impegni presi» su Taipei.
Ne ho scritto qui.
Difesa, energia e demografia: tre ombre sul futuro di Taipei
“L’unica cosa che è cambiata è l’uniforme“. Paul Huang è un ricercatore presso la Taiwanese Public Opinion Foundation ed esperto di aspetti militari. Con un articolo pubblicato nel 2020 su Foreign Policy aveva tracciato un quadro poco edificante delle capacità difensive dell’esercito di Taiwan. Intervistato da Wired, sostiene che a due anni di distanza non è cambiato sostanzialmente nulla. Nonostante l’innalzamento delle tensioni sullo Stretto e le recenti esercitazioni militari senza precedenti svolte da Pechino intorno a Taiwan in risposta alla visita di Nancy Pelosi. “Molti dei mezzi in dotazione all’esercito sono usurati o non sono nemmeno funzionanti – sostiene Huang -. Secondo testimonianze che ho raccolto all’interno dell’esercito, solo il 30% dei carri armati può dirsi al livello degli standard degli Stati Uniti“. Su Wired ho scritto delle tre principali ombre sul futuro di Taiwan: le capacità difensive dell’esercito (di cui parla qui anche Vice), i dubbi sulle riserve di energie e il calo della popolazione.
A proposito di energia: tra il 1° luglio e il 29 agosto, l’isola principale di Taiwan è stata colpita da 22 episodi rilevanti di blackout dopo quello gigantesco dello scorso marzo che ha colpito 5 milioni di persone, quasi un quarto della popolazione. Tsai ha promesso che Taiwan raggiungerà la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050, ma il modello tech della sua economia fa sì che il comparto produttivo taiwanese abbia un grande bisogno di elettricità, con una domanda che si prevede crescerà di almeno il 2,3% all’anno fino al 2028, soprattutto a causa all’industria dei semiconduttori.
Senza contare la fatwa politica lanciata dal partito di maggioranza Dpp nei confronti dell’energia nucleare (riscoperto invece in diversi paesi asiatici compreso il Giappone), che secondo diversi esperti potrebbe in realtà essere d’aiuto insieme al rafforzamento del solare (da lungo tempo caldeggiato dagli analisti) per limitare la dipendenza dalle forniture dall’estero. Un elemento fondamentale anche a livello strategico, visto che un ipotetico blocco navale cinese prolungato per circa due settimane potrebbe mettere in crisi le riserve energetiche taiwanesi.
Sugli aspetti demografici: secondo gli ultimi dati, Taiwan diventerà una “società super-anziana” entro il 2050, col 20% della sua popolazione di età superiore a 65 anni. La popolazione in età da lavoro, cioè nella fascia compresa tra 15 e 64 anni, diminuirà da 16,3 a 15,07 milioni entro il 2030, e per poi crollare a 7,76 milioni nel 2070. Vale a dire meno della metà della forza lavoro attuale. Un dato inquietante con risvolti economici e sociali. Il governo sta provando ad approntare misure a sostegno della natalità ma invertire il trend, come anche per tante altre società asiatiche, appare complicato. Il crollo demografico potrebbe avere un impatto anche sul fronte della sicurezza. Diverse risorse economiche rischiano di dover essere spostate dalla difesa ad altri servizi, così come banalmente si perderanno risorse umane.
Verso le elezioni locali taiwanesi
La visita di Nancy Pelosi e le esercitazioni militari senza precedenti della Repubblica Popolare Cinese intorno a Taiwan stanno cambiando le “regole del gioco”. Sul fronte strategico con la cancellazione della cosiddetta “linea mediana” (…) Ma le ripercussioni di questa estate di tensioni, ora parzialmente ridotte causa l’avvicinarsi del XX Congresso del Partito comunista cinese, potrebbero farsi sentire anche sulla politica interna taiwanese. Il prossimo 26 novembre si svolgeranno le elezioni locali, che per i taiwanesi sono una sorta di “midterm” e viatico per le presidenziali che si terranno meno di 14 mesi più tardi, nel gennaio 2024.
Ad agosto, il Guomindang ha organizzato una contestata visita nella Repubblica Popolare. La delegazione è stata guidata dal vicepresidente del partito, Andrew Hsia. (…) Il popolare sindaco della città di New Taipei, Hou You-yi, ha invece definito “discutibile” l’opportunità della visita in Repubblica Popolare. Hou, molto popolare, viene considerato uno dei possibili candidati del GMD nel 2024. Il partito vede in lui una delle poche figure in grado di attrarre consenso e uno dei pochi che è riuscito a mantenere una posizione neutrale circa le relazioni intra-stretto. Ciononostante, Hou sembra non essere ancora convinto di voler compiere il passo verso la candidatura nazionale.
Il DPP sembra avere problemi in alcune delle città principali. A Taipei schiera l’ex ministro della Sanità Chen Shih-chung contro Chiang Wan-an, pronipote di Chiang Kai-shek.
Sulle reazioni politiche alle tensioni, le delegazioni tra Usa e Repubblica Popolare, gli scenari tra elezioni locali del 26 novembre e presidenziali del 2024 ho scritto un lungo commentary per ISPI. Qui.
Le elezioni italiane viste da Pechino e Taipei
La vittoria di Fratelli d’Italia alle elezioni del 25 settembre potrebbe portare a qualche parziale novità sul rapporto tra Italia e Pechino ma anche tra Italia e Taipei. Dal contropiede sulla Via della Seta del governo gialloverde alla parziale retromarcia del Conte bis col niet al 5G di Huawei. Dalla fuga atlantista a colpi di golden power di Mario Draghi alla possibile linea anti cinese dal sapore trumpiano. L’Italia si appresta a completare la giravolta sui rapporti con la Cina. In poco più di tre anni si è passati dal considerare l’adesione alla Belt and Road una grande opportunità fino a «un grosso errore», come detto qualche giorno fa da Giorgia Meloni.
Pechino è conscia che la linea sinoscettica è il minimo comune denominatore di quasi tutte le forze politiche italiane. Soprattutto di (centro)destra. Sì, perché con alcuni scheletri su Russia e Vladimir Putin che ingombrano gli armadi di Forza Italia e Lega, Meloni non può che cementare la coalizione sulle posizioni anti cinesi. Rispondendo all’esigenza di mostrarsi affidabili agli Stati uniti, per i quali la Cina è da tempo la priorità. Da qui il no alla Via della Seta e le critiche alla «condotta inaccettabile» su Taiwan. Posizioni espresse più volte in campagna elettorale e ribadite in un’intervista alla Central News Agency, agenzia di stampa taiwanese.
La Cina prova fastidio sul flirt con Taiwan, preannunciato dalla foto di fine luglio pubblicata da Meloni con Andrea Sing-Ying Lee, rappresentante di Taipei in Italia. La sensazione di Pechino è che il futuro governo possa utilizzare la “carta Taiwan” in una linea di opposizione non solo strategica ma anche ideologica alla Cina, seguendo l’esempio dei repubblicani Usa replicato in parte anche dai Dem. Il South China Morning Post ricorda che nel 2008 Meloni aveva chiesto il boicottaggio dei Giochi Olimpici di Pechino sulla questione tibetana.
I media cinesi definiscono il prossimo governo di «estrema destra». Guancha pone l’accento sulla linea euroscettica di Meloni, fornendo una chiave di lettura ricorrente per raccontare l’ascesa di populismi e sovranismi come sintomo di un continente che ha rinunciato all’indipendenza per diventare terreno di conquista dell’«imperialismo Usa». A vincere sarebbe dunque Washington, che attraverso il divide et impera lega a sé l’Europa per utilizzarla nella sua crociata anticinese.
Tutto da vedere, al di là delle dichiarazioni, quanto con Meloni possano cambiare nel concreto i contorni dei rapporti tra Italia e Pechino. Non vanno dimenticate le passate giravolte della Lega che passò dal firmare la Belt and Road a protestare per Hong Kong con Matteo Salvini davanti all’ambasciata cinese. Lo stesso Salvini qualche tempo dopo andò a visitare l’ambasciatore Li Junhua.
Meloni, nella sua intervista a Cna, è stata meno categorica che in altre occasioni sulla Via della Seta: «Se mi trovassi a dover firmare il rinnovo domani mattina, difficilmente vedrei le condizioni politiche». Ma «spero che il tempo serva a Pechino per ammorbidire i suoi toni». Un’aggiunta su cui le rispettive diplomazie potrebbero lavorare. Dipenderà anche dalla scelta per la Farnesina, che sembra sbarrata per gli esponenti di Lega e Fi a causa delle sbandate russe. Ne ho scritto qui, mentre qui si possono recuperare le puntate della rassegna su Italia-Cina, “Go East“, per un quadro di quanto accaduto tra il 2020 e il 2021.
Sabrina Moles ha invece analizzato le reazioni della stampa asiatica. Per quanto riguarda Taiwan, si parla soprattutto di Giorgia Meloni, che il 23 settembre ha rilasciato un’intervista all’agenzia di stampa nazionale. La leader di FdI ha dato il suo appoggio a Taipei contro le pressioni di Pechino, e domenica 25 settembre il Taipei Times le concedeva un titolo che non evidenzia le posizioni di estrema destra, bensì la possibilità di “un cambio di direzione favorevole a Taiwan”. Taipei Times conclude il suo articolo affermando che Ue e mercati non sono ottimisti, mentre evidenzia le posizioni anti-LGBTQ+ del partito vincente – le stesse che sembrano emergere tra le righe dell’intervista a Meloni quando parla di “idee politiche diverse” dalla presidente Tsai Ing-wen.
Il funerale di Abe
Martedì 27 settembre si è svolto il funerale di Stato di Shinzo Abe (ne ho scritto qui). La “diplomazia funeraria” del Giappone funziona comunque sul fronte Usa, con la presenza della vicepresidente Kamala Harris e la promessa di Kishida di «rafforzare ulteriormente l’alleanza» su cui Abe «ha investito gran parte della sua vita».
Gelo con la Cina, che ha mandato solo l’ex ministro Wan Gang, peraltro nemmeno membro del Partito comunista. Pechino protesta per la presenza di tre invitati di Taiwan tra cui due ex speaker dello Yuan legislativo e il rappresentante a Tokyo Frank Hsieh, dopo che ai funerali privati si era presentato il vicepresidente William Lai, probabile candidato (radicale) del DPP alle presidenziali del 2024.
Qui per recuperare quanto scritto a luglio sull’omicidio Abe visto da Pechino e qui sull’omicidio Abe visto da Taipei.
Diritti Lgbtq+
Su Gariwo ho fatto una panoramica della situazione dei diritti per la comunità Lgbtq+ in Asia. A proposito di Taiwan, unico luogo in Asia dove i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono consentiti dopo la legalizzazione del 2019: nelle scorse settimane Taipei ha avuto problemi con l’InterPride, organizzazione internazionale che sostiene eventi a favore della comunità lgbtq+ in giro per il mondo.
Kaohsiung, seconda principale città di Taiwan dopo Taipei, avrebbe dovuto ospitare il WorldPride 2025, dopo aver ottenuto il diritto da InterPride. Sarebbe stato il primo a tenersi in Asia orientale. L’anno scorso il gruppo ha eliminato il riferimento all’isola come “regione”, inserito in modo da non smentire le rivendicazioni di Pechino che considera Taiwan parte del suo territorio. Ma gli organizzatori di Kaohsiung hanno detto che l’InterPride ha chiesto loro “improvvisamente” di cambiare il nome dell’evento in “Kaohsiung”, eliminando la parola “Taiwan”. “Dopo un’attenta valutazione, si ritiene che se l’evento dovesse continuare, potrebbe danneggiare gli interessi di Taiwan e della comunità gay taiwanese. Pertanto, si è deciso di interrompere il progetto prima della firma del contratto”, hanno dichiarato gli organizzatori di Kaohsiung. L’InterPride ha dichiarato in un comunicato di essere stato “sorpreso di apprendere” la notizia: “Eravamo fiduciosi che si sarebbe potuto raggiungere un compromesso nel rispetto della lunga tradizione del WorldPride di utilizzare il nome della città ospitante. Avevamo suggerito di utilizzare il nome WorldPride Kaohsiung, Taiwan”, ha aggiunto l’organizzazione.
Versione smentita dagli organizzatori di Kaohsiung, i quali sostengono di non aver avuto possibilità di scelta sul nome dell’evento e suggeriscono che InterPride non abbia voluto rischiare di entrare in rotta di collisione con Pechino, visto che l’organizzazione starebbe centrando l’affiliazione alle Nazioni Unite dove siede appunto la Repubblica Popolare come “unica Cina”.
Semiconduttori
Alcune aziende taiwanesi produttrici di chip sono in trattativa con i paesi europei per investire nel continente, ha dichiarato nei giorni scorsi il vice ministro dell’Economia Chen Chern-chyi , aggiungendo che l’amministrazione è “lieta” di vedere gli sforzi delle aziende locali per lavorare con gli alleati democratici. L’Unione Europea ha corteggiato Taiwan, un importante produttore di semiconduttori, come uno dei partner “affini” con cui vorrebbe lavorare nell’ambito della legge sui chip europei presentata a febbraio.
ASE Technology Holding Co Ltd, una delle più grandi aziende di test e confezionamento di semiconduttori al mondo, ha dichiarato mercoledì che costruirà una fabbrica intelligente più avanzata, mentre il settore continua a lottare con la carenza di manodopera. La nuova fabbrica di Kaohsiung, alimentata dal sistema Snapdragon del progettista di chip statunitense Qualcomm Inc, sarà la prima al mondo a implementare una rete “5G mmWave new radio-dual connectivity standalone” per migliorare la velocità, la stabilità e l’efficienza delle apparecchiature, ha dichiarato l’azienda, segnando l’ultimo progresso nella spinta all’automazione di ASE.
Segnalazioni
Ora c’è la conferma: Taiwan porrà fine alla quarantena Covid-19 obbligatoria per gli arrivi a partire dal 13 ottobre e riaccoglierà i turisti.
Esce il 7 ottobre “L’isola sospesa” di Stefano Pelaggi, che racconta aspetti storici e contemporanei che hanno portato Taiwan a giocare un “ruolo praticamente unico al mondo”. Qui un estratto.
Qui invece per recuperare l‘ebook di China Files di settembre, interamente dedicato a Taiwan.
Qui per recuperare tutte le puntate di Taiwan Files
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.