Prodromi di trade war tra Pechino e Taipei, la mappa delle basi militari cinesi, manovre e pensieri militari, semiconduttori e moneta digitale, continua l’ascesa di Hou You-yi in vista delle presidenziali del 2024 e tanto altro. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
Quanto spesso i taiwanesi pensano alla Repubblica Popolare? Considerate le crescenti tensioni sullo Stretto e le parole della presidente Tsai Ing-wen che afferma che la minaccia cresce “ogni giorno”, ci si potrebbe aspettare la seguente risposta: “Molto spesso”. Invece, i dati del sondaggio della Jamestown Foundation indicano che la stragrande maggioranza dei cittadini taiwanesi pensa raramente alla Repubblica Popolare, con solo l’11,56% che dichiara di pensarci ogni due giorni o più spesso. I bassi livelli di attenzione potrebbero essere il risultato di una desensibilizzazione alla frequente copertura mediatica del tema, oppure potrebbero essere dovuti alla maggiore preoccupazione del pubblico per le pressanti questioni interne. Qui la ricerca. Qui invece una puntata di Taiwan Files dell’autunno 2021 dedicata alla posizione dei taiwanesi sui rapporti intrastretto.
Tensioni commerciali
Navi e jet. Ma anche ananas e cernie. Alle manovre militari sullo Stretto di Taiwan si aggiungono anche quelle commerciali. Prodromi di trade war, dichiarata implicitamente dalla Repubblica popolare proprio mentre la scorsa settimane il negoziatore commerciale di Taipei, John Deng, ha incontrato a Washington la vice rappresentante del Commercio statunitense, Sarah Bianchi. I due hanno parlato della cosiddetta «iniziativa sul commercio del XXI secolo». Etichetta creata dall’amministrazione Biden dopo che la Casa bianca ha escluso Taiwan dalla sua Indo-Pacific Economic Framework e la cui agenda comprende agricoltura, climatico, sviluppo delle imprese statali.
La camera di commercio statunitense a Taiwan ha chiesto di procedere verso un accordo di libero scambio, ma l’attuale iniziativa sembra semmai (almeno per ora) un tentativo di rassicurazione del partner tenuto fuori dalla piattaforma regionale di più ampio respiro. Tanto basta a Pechino per opporsi a qualsiasi rapporto «ufficiale» tra Washington e Taipei. Il governo cinese ha bloccato le importazioni di cernia, pesce di cui le acque taiwanesi sono particolarmente ricche. La motivazione ufficiale è la scoperta di sostanze chimiche vietate e di livelli eccessivi di ossitetraciclina. La presidente taiwanese Tsai Ing-wen sostiene che il divieto sia una mossa puramente politica per aumentare la pressione, stavolta economica, su Taipei.
Già lo scorso anno le autorità della Repubblica popolare avevano bloccato le importazioni di ananas e di altri tipi di frutta. In quell’occasione i taiwanesi si erano mobilitati per sostenere i coltivatori di ananas e alcuni paesi partner come il Giappone hanno incrementato le importazioni. Ma lo stop alla cernia potrebbe rappresentare un colpo serio all’industria di settore. Nel 2021, Taiwan ha raccolto circa 17mila tonnellate di cernia e ne ha esportate 6.681 per un valore di 56,6 milioni di dollari. Ben il 91% delle esportazioni sono state dirette in Cina. Il pesce è considerato a Taiwan come un frutto di mare di fascia relativamente alta, tipicamente consumato in occasioni speciali, a differenza dell’ananas. Dopo il divieto cinese, il prezzo della cernia è già sceso da 4 a 3,30 dollari al chilo. Inoltre, la maggior parte della cernia allevata a Taiwan è venduta viva nella Repubblica popolare, dove i clienti preferiscono mangiare pesce fresco, cucinato poco dopo essere stato ucciso. Difficile, se non impossibile, fare lo stesso altrove senza cambiare completamente il sistema logistico. Ne ho scritto qui.
Nonostante le tensioni politiche e militari, nel 2021 le esportazioni di Taipei verso Pechino sono cresciute del 24,8%, raggiungendo il loro massimo storico. Oltre il 42% delle merci esportate da Taiwan sono state dirette nella Repubblica popolare. Ruolo fondamentale lo ricoprono i prodotti elettronici e i semiconduttori, una leva non solo commerciale ma anche diplomatica a disposizione di Taipei. E infatti, nonostante le pressioni Usa, il cordone tecnologico non è mai stato reciso. Se Xi Jinping decidesse di militarizzare i rapporti commerciali bilaterali, l’economia taiwanese subirebbe un duro contraccolpo. Allo stesso modo ne subirebbe uno Pechino. Taiwan ha bisogno della Repubblica Popolare dal punto di vista quantitativo, Pechino ha bisogno di Taipei da quello qualitativo.
La mappa delle basi militari dell’Esercito popolare di liberazione
Joseph Wen, un giovane taiwanese laureato in musica con la passione per la difesa, ha creato negli ultimi due anni una mappa online che dettaglia più di 1.500 basi gestite dall’esercito cinese. La mappa, spiega il South China Morning Post, ha attirato quasi un milione di visualizzazioni. Finora ha identificato 1.545 strutture militari della Cina continentale, tra cui basi missilistiche, radar, militari, navali e aeree dell’esercito popolare di liberazione. Il sito riporta anche i dettagli dei comandi di teatro, delle caserme, delle basi di supporto strategico e dei centri di addestramento e di prova.
Sono indicate le sedi delle accademie militari, delle principali istituzioni governative e di importanti strutture militari-industriali, come i cantieri navali di Dalian, Jiangnan e Huangpu. La mappa mostra anche le strutture dell’esercito nello Xinjiang e in Tibet e quelle al di fuori della Cina continentale, tra cui alcune a Hong Kong e la base di supporto permanente nello Stato dell’Africa orientale di Gibuti. Una struttura di particolare interesse per Taiwan è una base eliportuale a Zhangzhou, nella provincia del Fujian, a soli 250 km da Taipei. La base è stata costruita per la brigata aerea dell’esercito popolare di liberazione e, come spiega il South China Morning post, lo scorso anno e ha sollevato il timore che Pechino possa usarla per lanciare un’operazione di decapitazione contro i leader taiwanesi.
Per individuare le strutture, Wen ha detto di aver raccolto informazioni sui siti da fonti pubbliche, tra cui Wikipedia, Google Maps, documenti accademici e di ricerca, gruppi di fan militari e chat room su Internet. In un caso ha verificato il sito di una base dell’esercito dopo che un utente di Baidu (il Google cinese) aveva postato la notizia di un bacino idrico vicino a un campo militare. La base, che come spiega il South China Morning Post è dotata di missili balistici a raggio intermedio DF-26 in grado di colpire Taiwan e Guam, è stata rintracciata a Xinyang, nella provincia centrale dello Henan. Wen ha detto che identificare i siti dell’esercito è più difficile che individuare le strutture di altre branche dell’esercito, perché queste tendono a usare varie strutture per nascondere le loro strutture. Tuttavia, la mappa è accurata almeno all’80%, secondo Su Tzu-yun, ricercatore senior dell’Istituto per la ricerca sulla difesa e la sicurezza nazionale di Taiwan, finanziato dal governo.
Manovre e pensieri militari
Si è svolta a Taiwan l’esercitazione Mighty Eagle, un’esercitazione a fuoco vivo nella base militare di Jiupeng, nel sud dell’isola principale. Sono state dispiegate tutte le tipologie di elicotteri in dotazione alle forze armate, inclusi elicotteri d’attacco AH-64E Apache e l’AH-1W Super Cobra. Lanciati missili Hellfire e Stinger su bersagli aerei e marittimi, mentre durante le ore notturne si sono mossi Apache e missili Hellfire.
In precedenza, si sono registrate tensioni tra Taiwan e Filippine per un’ulteriore esercitazione a fuoco vivo effettuata dall’esercito taiwanese nell’area intorno all’isola di Taiping. Si tratta della più grande isola dell’arcipelago conteso delle Spratly, nel mar Cinese meridionale. L’isola è amministrata da Taipei. Manila, dove si è appena insediato il nuovo presidente Ferdinand Marcos Jr., ha dichiarato i test “illegali”.
Katsuji Nakazawa scrive su Nikkei Asia che il nome dato da Pechino alla sua terza portaerei, Fujian (la provincia meridionale esattamente di fronte ai territori amministrati da Taipei), “rispecchia l’ossessione di Xi Jinping per Taiwan”. Il presidente cinese è stato tra l’altro governatore del Fujian tra il 1999 e il 2002.
“Devo dire che sono molto preoccupato per la questione di Taiwan, ma non ho sentito nessun alto funzionario del governo cinese parlare di riunificazione con la forza, né ho sentito parlare di un calendario per l’uso delle forze armate per risolvere la questione di Taiwan”, ha detto Wang Jisi, noto e influente professore di relazioni internazionali all’Università di Pechino, davanti a una platea di accademici e diplomatici del World Peace Forum ospitato dall’Università Tsinghua.
L’amministrazione Biden sta spingendo Taiwan ad acquistare armi difensive dagli Stati Uniti e a scoraggiare ulteriori vendite di carri armati ed elicotteri anti-sommergibile, che secondo i funzionari statunitensi non sarebbero sufficienti a contrastare un attacco su larga scala.
Gli esponenti del Partito repubblicano alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti hanno avanzato una proposta di legge che, se approvata, imporrebbe all’amministrazione del presidente Biden di presentare al Congresso un rapporto dettagliato in merito alla vendita di armi a Taiwan. L’obiettivo annunciato è quello di capire il motivo dei “rallentamenti” nelle consegne. Trump e i trumpiani insistono da mesi che dopo l’invasione russa dell’Ucraina la “debolezza” di Biden porterà la Cina a invadere Taiwan. E qualche tempo fa ho raccontato (qui) lo scontro politico andato in scena a Taipei tra delegazione Biden e delegazione Pompeo.
Secondo un funzionario sudcoreano citato da Axios, la Corea del Sud si aspetta che gli Stati Uniti rispondano militarmente a un’ipotetica invasione cinese di Taiwan.
Durante il summit Nato di Madrid, il ministro degli Esteri del Regno Unito Liz Truss ha definito un “errore catastrofico” la possibilità che la Repubblica Popolare invada Taiwan.
Gli australiani sono nettamente divisi sull’opportunità di unirsi a qualsiasi azione militare per difendere Taiwan da un’invasione cinese, nonostante i livelli record di sostegno all’alleanza con gli Stati Uniti. Un nuovo sondaggio pubblicato dal Lowy Institute ha rilevato che il 51% degli intervistati si è detto favorevole all’utilizzo delle forze militari australiane per difendere Taiwan, mentre il 47% si è detto contrario.
Ho scritto di come a Taiwan si stiano vivendo i mesi successivi all’invasione russa dell’Ucraina in un lungo contributo per Missioni Consolata di luglio.
Semiconduttori e moneta digitale
Secondo le stime di Yahoo Finance, nel secondo trimestre i ricavi della fonderia di chip TSMC, con sede a Taiwan, dovrebbero superare quelli del gigante dei semiconduttori Intel. Un tale sviluppo renderebbe TSMC la seconda azienda del settore dei semiconduttori, subito dopo Samsung. TSMC è già ampiamente leader globale nel fondamentale comparto di fabbricazione e assemblaggio.
La taiwanese GlobalWafers Co. ha invece in programma la costruzione di un impianto per la produzione di wafer di silicio per semiconduttori del valore di 5 miliardi di dollari, che sarà il più grande del suo genere sul territorio americano. La costruzione della fabbrica che produrrà wafer di silicio da 300 millimetri a Sherman, in Texas, dovrebbe iniziare entro la fine dell’anno. L’azienda di Hsinchu, Taiwan, ha dichiarato in un comunicato che la produzione della prima fabbrica è prevista per il 2025. La decisione arriva dopo lo stop all’acquisizione della tedesca Siltronic, che ha aumentato le perplessità dei colossi taiwanesi sull’opportunità di investire in Europa.
Ho scritto varie volte di semiconduttori e Taiwan. Per esempio, qui sull’importanza del settore per l’economia e la diplomazia taiwanesi, qui su una storia tra Taiwan e Italia.
La banca centrale di Taiwan sta lavorando alla sua moneta digitale e, anche se non è chiaro quando lo schema potrebbe essere lanciato al pubblico, il progetto sta andando avanti. Negli ultimi due anni la banca centrale di Taiwan ha lavorato a un progetto pilota per una moneta digitale gestita dal governo, per consentire ai cittadini di utilizzare un portafoglio digitale ed effettuare pagamenti senza utilizzare carte di credito o di debito.
“Il cielo ora sembra limpido”
Il Global Taiwan Institute ha pubblicato un primo report sul gradimento dei taiwanesi verso i partiti e leader politici in vista delle presidenziali del 2024. Per il Guomindang il nome di gran lunga preferito è quello fatto più volte qui su Taiwan Files, il sindaco di Nuova Taipei Hou You-yi. L’attuale leader del Guomindang Eric Chu (di recente a Washington come ho raccontato per ISPI) è solo 13esimo.
Alcuni detentori taiwanesi di eurobond russi non hanno ricevuto gli interessi in scadenza il 27 maggio dopo un periodo di grazia scaduto qualche giorno fa, il che potrebbe mettere Mosca sulla strada del primo grande default sovrano esterno in oltre un secolo.
Il ministro degli Esteri di Tuvalu si è ritirato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano in Portogallo dopo che Pechino ha bloccato la partecipazione di tre taiwanesi inclusi nella lista delle delegazioni della piccola nazione insulare del Pacifico.
L’azienda olandese Heineken ha dichiarato di aver raggiunto un accordo per l’acquisizione di un birrificio sussidiario del gruppo taiwanese Sanyo Whisbih.
Taiwan ha ricevuto il primo lotto di vaccino Novavax.
Eric Chung si chiede sulla Cnn se, dopo aver legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso nel 2019, Taiwan non sia pronta per dare via libera anche alle adozioni.
Il cantante taiwanese Zheng Zhihua ha dichiarato di essere “scioccato, arrabbiato e rammaricato!” dopo che un canale televisivo della Repubblica Popolare ha modificato un testo della sua canzone per renderlo più positivo. La canzone del 1992, Star Lighting, contiene un verso che dice: “Il cielo è ormai sporco e le stelle non si vedono più“, che Zheng scrisse come critica sociale all’epoca. La nuova versione è stata scritta per uno spettacolo di varietà, Sisters Who Make Waves, trasmesso dalla Hunan Satellite TV nella Cina centrale, e il testo è stato cambiato in: “Il cielo ora sembra limpido e le stelle si vedono sempre“.
Infine, una buona notizia tra Italia e Taiwan. Il volo diretto Eva Air tra Milano e Taipei sarà inaugurato il prossimo 25 ottobre. Doveva essere originariamente essere inaugurato a febbraio 2020, ma la pandemia e il blocco dei collegamenti aerei con Repubblica Popolare, Taiwan e Hong Kong deciso dall’allora governo Conte II fermarono il progetto. Ora, come reso noto dalla rappresentanza taiwanese in Italia, c’è finalmente una nuova data.
Di Lorenzo Lamperti
Taiwan Files 25.06.22 – Ponti e portaerei
Taiwan Files 11.06.22 – Guomindang-Usa, Austin-Wei, caso “fact sheet”, manovre giapponesi
Taiwan Files 1.06.22 – Chen Shui-bian, manovre militari, Top Gun
Taiwan Files 27.05.22 – Tra ambiguità e chiarezza, Kinmen e Matsu
Taiwan Files 19.05.22 – La sparatoria in California e Taiwan/Repubblica di Cina
Taiwan Files 14.05.22 – Status quo, documenti e bersagli, Oms, semiconduttori
Taiwan Files 07.05.22 – Covid, Chu negli Usa, armi, Nato/Quad, diritti
Taiwan Files 30.04.22 – Tra Isole Matsu e la storia di Wu Rwei-ren
Taiwan Files 23.04.22 – Lezioni ucraine
Taiwan Files 16.04.22 – Negoziazioni, giustificazioni, esercitazioni
Taiwan Files 09.04.22 – Tra Lee Teng-hui e Nancy Pelosi
Taiwan Files 02.04.22 – Tsunami e cambiamento climatico
Taiwan Files 19.03.22 – Biden/Xi, manovre militari e normative
Taiwan Files 07.03.22 – Pompeo a Taipei e Taiwan nella “nuova era”
Taiwan Files 28.02.22 – Taipei non è Kiev, neanche post invasione russa
Taiwan Files 19.02.22 – La prospettiva taiwanese sull’Ucraina
Taiwan Files 12.02.22 – Pechino vista da Taipei
Taiwan Files 05.02.22 – Le Olimpiadi secondo Taiwan
Taiwan Files 29.01.22 – La Cina osserva la Russia in Ucraina, ma Taipei non è Kiev
Taiwan Files 22.01.22 – Il multiverso di Taiwan. Intervista ad Audrey Tang
Taiwan Files 15.01.22 – Commercio, sicurezza nazionale, sondaggi Chengchi, chip, diritti civili
Taiwan Files 08.01.22 – Arcobaleni, zero Covid, estradizioni, Xi/Tsai
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Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.