L’emendamento che assolve retroattivamente l’ex presidente del DPP, la visita della senatrice Usa e le incursioni dei jet di Pechino, l’annuncio di Tsai sulla Guardia Nazionale Usa. Poi la bandiera di Taiwan sul giubbotto di Maverick e i semiconduttori. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
Il 18 marzo del 2000 entrò nella storia per essere il primo presidente della Repubblica di Cina, Taiwan, non esponente del Guomindang. Nove anni dopo entrò invece in carcere dopo una condanna all’ergastolo per corruzione e appropriazione indebita. Condanna poi ridotta a 19 anni in appello. Chen Shui-bian, primo presidente eletto col DPP (il partito dell’attuale presidente Tsai Ing-wen) non è un personaggio come gli altri a Taiwan. Lui ha sempre sostenuto che si trattasse di una sentenza motivata politicamente, ma la sua storia ha mortificato un elettorato taiwanese che aveva creduto in un leader portatore di nuove idee nella politica locale e che aveva ufficialmente spezzato il dominio del partito nazionalista che fu di Chiang Kai-shek. Una figura “calda” e spesso imprevedibile: identikit che non piaceva molto a Washington, molto più soddisfatti della calma decisione di Tsai.
In questi giorni si è tornati a parlare di lui, perché il parlamento taiwanese ha approvato un emendamento a un disegno di legge che cancella retroattivamente tutte le accuse nei confronti di Chen. L’approvazione dell’emendamento significa che l’ex presidente può essere retroattivamente assolto dalla responsabilità civile e penale per il presunto uso improprio dei fondi dell’ufficio presidenziale tra il 2000 e il 2008. L’emendamento è stato approvato dallo yuan legislativo dopo tafferugli e scontri fisici tra parlamentari del DPP e parlamentari del Guomindang. Gli scontri e le imboscate parlamentari a Taiwan hanno una lunga tradizione: spesso folkloristici, talvolta davvero violenti.
La polemica sulla vicenda, ovviamente, prosegue e proseguirà ancora. “Invece di concentrarsi su come aiutare la popolazione locale a superare il nuovo picco di casi di coronavirus, il partito di maggioranza si concentra sul salvare Chen” dice il Guomindang che ha definito l’emendamento una “vergogna”. Il deputato del DPP Tsai Yi-yu, promotore dello stesso emendamento, sostiene che tutti gli alti funzionari governativi che hanno diritto a indennità speciali sono stati esentati dalla punizione per l’uso improprio delle loro indennità in un emendamento dell’allora governo GMD nel 2011. E per questo era giusto garantire parità di trattamento anche a Chen.
Per saperne di più sulla vicenda, Lawrence Chung sul South China Morning Post.
Visite, manovre militari e annunci
Dopo i rispettivi test sullo status quo di cui abbiamo parlato settimana scorsa, proseguono le manovre intorno a Taipei di Washington e Pechino. Contestualmente all’arrivo a Taipei della senatrice statunitense Tammy Duckworth, si è registrata una maxi incursione di 30 jet militari dell’Esercito popolare di liberazione nello spazio di identificazione di difesa aerea taiwanese. La più grande dallo scorso gennaio. Duckworth aveva visitato Taipei anche nel 2021: veterana della guerra in Iraq, Duckworth è stata promotrice di una serie di progetti di legge a sostegno di Taipei e lo scorso anno ha annunciato una donazione di 750 mila dosi di vaccino per assisterla nel contenimento del coronavirus. Ora invece arriva quattro giorni dopo la presentazione della proposta di legge sulla sicurezza di Taiwan (Strengthen Taiwan’s Security Act), che secondo la senatrice “rafforzerebbe il nostro sostegno a Taiwan e le fornirebbe gli strumenti necessari per proteggersi da qualsiasi attacco ingiustificato”.
Intanto, nei giorni scorsi è arrivato un messaggio inedito. Non solo e non tanto nel contenuto, ma anche in chi l’ha pronunciato, vale a dire la presidente taiwanese Tsai Ing-wen. Tsai ha infatti dichiarato che la Guardia nazionale degli Stati Uniti sta pianificando una “cooperazione” con l’esercito taiwanese. “Non vediamo l’ora che ci sia una cooperazione più stretta e approfondita tra Taiwan e Stati Uniti in materia di sicurezza regionale”, ha dichiarato.
Un aiuto di cui Taipei ha bisogno viste le perplessità su mezzi e addestramento, rinfocolate da un incidente avvenuto proprio nelle scorse ore con un velivolo da addestramento AT-3 dell’Aeronautica di Taiwan che si è schiantato nei pressi di Kaohsiung, provocando la morte del pilota. Il segnale del velivolo è scomparso dai radar cinque minuti dopo il decollo, mentre sorvolava lo spazio aereo del distretto di Gangshan per una sessione d’addestramento. Non si tratta di una novità assoluta, nel corso degli ultimi anni gli incidenti che hanno visti coinvolti mezzi militari taiwanesi sono stati diversi.
I taiwanesi non si sentono del tutto pronti a difendersi in caso di aggressione cinese. Negli scorsi giorni, il 49,5 per cento dei taiwanesi intervistati dalla Taiwan Public Opinion Foundation (Tpof) ritiene che le competenze dell’amministrazione guidata da Tsai Ing-wen siano “inadeguate” ad affrontare un’eventuale invasione da parte della Cina. La politica estera di Tsai è ritenuta adeguata dal 56,7 per cento dei partecipanti al sondaggio, con una quota del 49,5 che ha espresso particolare soddisfazione per la gestione dei rapporti con la Repubblica popolare cinese. Ma è evidente che, mentre Pechino si prepara a lanciare la sua terza portaerei venerdì in occasione del Dragon Boat Festival, le forze in campo sono sempre più squilibrate.
Nei prossimi giorni, intanto, dovrebbe andare in scena un incontro tra il ministro della Difesa cinese, Wei Fenghe, e il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, a una conferenza in programma a Singapore. Si parlerà ovviamente di Taiwan, altrettanto ovviamente non si proverà nemmeno a negoziare qualcosa sul tema. Al massimo ci si metterà d’accordo di essere in disaccordo, con la speranza di ridurre i rischi di incidenti non calcolati.
Su Quartz un’analisi della posizione di Joe Biden su Taiwan.
Liam Gibson su Nikkei Asia propone di tagliare il cordone tecnologico sui semiconduttori tra Taipei e Pechino. Tema sul quale ho scritto molto, spiegando la valenza (non solo commerciale, non solo tecnologica) di quel cordone non solo per Pechino ma anche per Taipei. Per esempio qui.
Top Gun e la bandiera di Taiwan sul giubbotto di Tom Cruise
“Take that flag away”. Top Gun: Maverick sta diventando l’imprevedibile ultimo capitolo della contesa tra Stati Uniti e Cina. La ragione? Una bandiera della Repubblica di Cina (cioè Taiwan) sul giubbotto di Tom Cruise.
Durante una proiezione in anteprima a Taiwan, il pubblico ha esultato vedendo la bandiera che invece nei trailer precedenti sembrava essere stata rimossa rispetto alla prima pellicola del 1986 in cui era presente al fianco di quella del Giappone. La Repubblica Popolare Cinese, quella guidata dal Partito comunista, considera Taiwan una sua “provincia ribelle” e da tempo cerca di eroderne la presenza internazionale. Non solo in ambito diplomatico, ma anche in ambito culturale. Ogni prodotto o evento che contiene un riferimento all’indipendenza de facto taiwanese come Repubblica di Cina, retaggio della guerra civile cinese terminata nel 1949 con la vittoria di Mao Zedong e il ripiegamento dei nazionalisti di Chiang Kai-shek, finisce nel mirino di Pechino.
Inevitabile, dunque, che ci sia finito anche l’atteso sequel di Top Gun. Come detto, Tom Cruise esibiva la bandiera di colore rosso con sole bianco in un riquadro blu già nel 1986, all’epoca del film originale diretto da Tony Scott, librandosi in volo sulle note di Take My Breath Away dei Berlin. All’epoca, però, la Repubblica Popolare era appena all’inizio del miracolo economico avviato dalla stagione delle aperture e delle riforme di Deng Xiaoping. E non era un avversario di Washington, anzi una sponda utile per sbilanciare la guerra fredda a favore degli States, che di lì a poco avrebbero visto crollare l’Unione Sovietica.
Continua qui, nell’articolo che ho scritto a proposito per La Stampa.
Altre cose
In Germania stanno sorgendo centri taiwanesi per l’apprendimento del mandarino, che prendono il posto delle strutture cinesi, mentre le università sono sempre più attente all’influenza di Pechino sulla loro libertà accademica. Una tendenza non solo tedesca.
Il gruppo taiwanese Walsin Lihwa Corporation entrerà nel capitale della Cogne Acciai Speciali con una quota di maggioranza del 70%. “Con l’ingresso nel capitale di Walsin Lihwa Corporation – si legge in una nota – Cogne Acciai Speciali si assicurerà importanti sinergie e l’accesso a tutti i vantaggi derivanti da un grande gruppo quotato, in particolare per quanto riguarda la presenza sui mercati asiatici”. La famiglia Marzorati, proprietaria fino ad oggi del gruppo, “rimarrà impegnata nel lungo periodo nella società al fine di supportare il percorso di crescita pianificato, in Europa nonché in Nord e Sud America”.
Radii racconta la band taiwanese Accusefive, che ha appena rilasciato un nuovo singolo.
Di Lorenzo Lamperti
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Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.