Taijiquan: appunti di un praticante laowai

In by Gabriele Battaglia

È un’arte di combattimento basata sul concetto filosofico del taiji, ovvero il principio sottostante l’ordine universale. Taijiquan: appunti di un praticante laowai racconta il percorso personale di studio di uno straniero in terra cinese. China Files ve ne regala uno stralcio (per gentile concessione dell’autore).
«Consentitemi piuttosto di tentare di dir questo: come posso sapere che ciò che chiamo "conoscenza" non è ignoranza? E come posso sapere che ciò che chiamo "ignoranza" non è conoscenza? »
Zhuangzi

Il titolo scelto per questo libro, "Taijiquan: Appunti di un praticante laowai", cerca di chiarire subito quale sia la mia posizione nei confronti del taijiquan. Esso fa, infatti, esplicitamente riferimento ad un percorso di studio ancora in essere, rivelando inoltre le mie coordinate culturali, quale straniero in terra cinese (questo il significato del termine laowai).

Credo sia opportuno quindi spiegare quali siano i motivi che mi hanno spinto a scrivere un libro su di un argomento tanto complesso e vasto come il taijiquan, pur non ritenendomi un maestro di quest’arte.

Lo stimolo più importante è stato sicuramente la curiosità unita alla concreta necessità di fare ordine tra le idee. Questo testo nasce quindi soprattutto come strumento utile a verificare le intuizioni avute nel corso della pratica, favorendo in primo luogo un personale percorso di apprendimento.

Il materiale raccolto durante la fase di ricerca e la serie di appunti scritti, col tempo, hanno assunto proporzioni tali da richiedere un lavoro di riorganizzazione. Ed è proprio da questa fase di rielaborazione del materiale che ha preso lentamente forma l’idea di riscrivere i miei appunti in maniera più sistematica con l’intento di pubblicarli.

Questo progetto è motivato dal desiderio di realizzare un’intima ambizione: favorire, almeno in parte, una maggiore comprensione della cultura e delle arti marziali cinesi da parte dei lettori occidentali. Ritengo infatti che la visione diffusa in Occidente della cultura cinese sia eccessivamente viziata da stereotipi che ne alterano la complessa realtà storico-culturale.

Le arti marziali non sono immuni da queste distorsioni, in particolare quando si entra nel delicato campo degli aspetti filosofici, che spesso risultano essere svuotati dei loro reali contenuti.

Tali considerazioni rappresentano il punto di partenza di questo lavoro, nella speranza che esso possa chiarire alcuni malintesi riguardanti la teoria del taijiquan, fornendo una visione più realistica delle arti marziali in generale e del loro legame con la filosofia cinese.

È doveroso sottolineare che il libro non vuole essere un manuale didattico, bensì uno strumento utile a stimolare lo spirito critico del lettore.
Mi piace pensare, infine, che questo testo rappresenti un tributo nei confronti del mio maestro e del paese che da circa sei anni mi ospita.
Introduzione

Il taijiquan è un’arte del combattimento basata sul concetto filosofico del taiji, che nella speculazione cinese rappresenta il principio sottostante l’ordine universale. L’ allenamento di questa disciplina, caratterizzato dall’esecuzione di movimenti lenti ed ininterrotti, si articola in diverse fasi: gli esercizi preparatori, lo studio di una o più forme (a mani nude e con armi) e l’applicazione a coppia di tecniche per sviluppare la sensibilità nel combattimento corpo a corpo (tuishou).

Questo stile, conosciuto ormai in tutto il mondo, pur nascendo come un’arte marziale, ha assunto negli anni la connotazione sempre più marcata di pratica psico-corporea finalizzata al benessere fisico. In Cina, esso è infatti molto diffuso a livello popolare tra gli anziani che lo praticano, solitamente nei parchi pubblici o nelle piazze, come ginnastica.

A questa duplice natura, si aggiunge inoltre una dimensione sportiva, all’interno della quale il taijiquan ha subìto un inevitabile processo di standardizzazione che ne ha in parte modificato gli aspetti peculiari, rendendolo più simile agli altri stili del wushu moderno.

Se "l’universo" taijiquan presenta oggi un aspetto multiforme, non meno articolata è la questione riguardante la sua nascita e la sua evoluzione. Gli storici cinesi, infatti, non sono ancora riusciti a definirne con certezza le origini, tanto che sono ancora accese le dispute riguardanti la figura del suo presunto fondatore e la determinazione dell’ambito culturale nel quale si è sviluppato.

Ma in cosa consiste il sistema taijiquan? Quali sono le caratteristiche che lo contraddistiguono da altre pratiche marziali?

Il taijiquan può essere interpretato come una sintesi di diverse discipline, ognuna di esse a suo modo rappresentativa del pensiero cinese. Al suo interno è possibile infatti ritrovare elementi appartenenti alla medicina tradizionale (teoria dei meridiani), concezioni riprese dalla tradizione delle pratiche psico-corporee (riguardanti la sublimazione dell’energia interiore), aspetti e concetti filosofici che si rifanno alla tradizione neoconfuciana e che a loro volta sono stati assorbiti dal fondo comune della speculazione filosofica antica (taiji, cinque agenti, otto trigrammi, yinyang, ecc …).

Il complesso sistema teorico risultante da questa sintesi non è tuttavia prerogativa unica del taijiquan, ma al contrario esso rappresenta un patrimonio teorico comune anche ad altri stili tradizionali; tuttavia, nel taijiquan esso ha assunto caratteristiche peculiari ed è stato utilizzato per spiegare in maniera funzionale i contenuti tecnici propri della disciplina, lo specifico approccio strategico al combattimento ed il distintivo metodo di allenamento. Sono questi tre aspetti fondamentali a contraddistinguere in maniera determinante il taijiquan da altri sistemi di combattimento.

Data la complessa struttura teorica, una comprensione completa del taijiquan richiede un’analisi su differenti piani: teorico-filosofico, tecnico, fisico, energetico e mentale. Alcuni di questi aspetti sono più difficili da assimilare, poiché si riferiscono ad elementi della cultura e del pensiero cinese che, per loro natura, risultano meno accessibili ad un laowai.

Oltre alle difficoltà strettamente linguistiche, da non sottovalutare, è soprattutto la differente struttura mentale a costituire il maggiore ostacolo all’apprendimento.

Il modo di pensare occidentale crea infatti delle barriere che accentuano i limiti imposti dalla distanza culturale. In Occidente, la "scienza corporea" cinese è infatti il più delle volte travisata, e spesso sottovalutata, non per suoi limiti oggettivi, ma poiché il linguaggio utilizzato e i fondamenti teorici non si rifanno alla logica del pensiero cartesiano, bensì a schemi concettuali ereditati dal pensiero correlativo.

Da ciò ne consegue il paradosso che le pratiche corporee cinesi, incluso il taijiquan, siano contemporaneamente ritenute miracolose dai praticanti più fanatici, ma ufficialmente considerate alla stregua di pratiche pseudoscientifiche. Questi due giudizi sono a mio parere fuorvianti, poiché entrambi si basano su di una erronea interpretazione dei principi teorici di queste discipline.

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