Pechino taglia i tassi d’interesse per la seconda volta in trenta giorni. È un indizio delle difficoltà che la Cina sta affrontando a causa della scarsa domanda globale. Si teme il sesto semestre consecutivo di riduzione della crescita. Esperti divisi sull’utilità della manovra. Taglia anche la Bce. Pechino ha deciso di tagliare i tassi di interesse per la seconda volta nel giro di trenta giorni. Non succedeva dal 2008, ed è un chiaro segnale che ci sono dei timori per il prossimo futuro dell’economia cinese, colpita da una riduzione delle esportazioni verso Europa e Stati Uniti.
Il taglio dei tassi d’interesse è una classica risposta ad una fase di rallentamento dell’economia. L’abbassamento dei tassi rende meno costoso reperire il denaro e più vantaggioso investire nell’economia reale, dando così una spinta alla produzione.
La Cina ha sperimentato finora una marcata riduzione della propria crescita ed è possibile che la tendenza continui per il resto dell’anno.
A causare il rallentamento è stata la debolezza della domanda mondiale legata alla crisi in Europa e alle precarie performance dell’economia americana. Meno esportazioni e meno crescita.
La decisione è effettiva da oggi venerdì 6 luglio. Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, la Banca centrale “ha tagliato di 31 punti base il tasso sui prestiti di dodici mesi riducendolo al 6 per cento. Il tasso sui depositi bancari annuali scenderà invece al 3 per cento”.
Il China Daily ha riportato che la banca avrebbe anche rilasciato una dichiarazione nella quale si dice pronta a “permettere alle banche di offrire sconti del 30 per cento a chi chiede un prestito”.
Le autorità avevano già tagliato i tassi di 25 punti base il sette giugno. Si tratta quindi del secondo taglio nel giro di un mese, e la Bbc fa notare come questi due casi siano gli unici avvenuti dal 2008, quando iniziò la crisi finanziaria.
Per Raymond Yeung, economista presso la Banca ANZ, “la Cina è entrata in un ciclo di tagli ai tassi d’interesse” e “potrebbe avere spazio per abbassare ulteriormente i tassi se riuscirà a mantenere sotto controllo l’inflazione”.
La mossa è arrivata in un momento di crisi, e lascia pensare che i prossimi mesi potrebbero essere duri. Il Global Times lo ha detto a chiare lettere: “I tagli a sorpresa sono arrivato proprio quando molti analisti temono che la seconda economia del pianeta rallenterà ancora nel secondo trimestre”.
Secondo David Morrison, analista di mercato presso il GFT Global interpellato dal quotidiano The Telegraph, “la prossima settimana la Cina renderà pubblica una gran quantità di informazioni sull’economia, quindi il punto è capire se siamo di fronte ad un indizio che i dati non saranno positivi come sperato”.
La situazione non è delle migliori. Secondo un’indagine della Reuters, nel secondo trimestre di quest’anno la crescita dell’economia del Dragone potrebbe aver rallentato fino al 7,6 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segnando così il sesto trimestre in continuo calo.
Il South China Morning Post ha osservato come i tagli stiano avvenendo da entrambe le parti del continente euroasiatico, poiché anche la Banca centrale europea “ha tagliato per la prima volta i tassi dell’uno per cento, riducendoli allo 0,75 per cento.
Nel frattempo, la Banca d’Inghilterra ha iniettato nel sistema finanziario 50 milioni di sterline per tirare fuori la Gran Bretagna dalla recessione”.
Secondo quanto è stato pubblicato dalla Bbc, Rupert Armitage, direttore della Shore Capital, avrebbe dichiarato che “tutti sono preoccupati per l’economia, ma ora stanno cercando di fare qualcosa per risolvere il problema”.
Resta da vedere se sarà utile. Alcuni analisti si sono detti ottimisti, mentre altri hanno sottolineato come la misura potrebbe non portare i risultati sperati.
I media di Hong Kong, riportando l’opinione di Lu Ting, un economista presso la Bank of America – Merrill Linch, hanno scritto che “i maggiori beneficiari delle ultime misure prese dalle Banca Centrale cinese saranno le grandi imprese di Stato e le amministrazioni locali, fortemente indebitate”.
Per Stanley Li, un analista presso la Mirae Asset Securities, il taglio “ridurrà i margini di profitto delle banche cinesi, ma non è detto che aumenti la domanda di prestiti”.
* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.
[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: flickr.com]